La tendenza

Le minestre riscaldate alla Zdenek Zeman

Mai come negli ultimi anni nello sport, nelle arti e nelle professioni si cerca di fermare il tempo, con operazioni nostalgia che qualche decennio fa sarebbero state impensabili
© CdT/Archivio
Stefano Olivari
28.02.2023 12:00

Zdenek Zeman che torna al Pescara e torna ad allenare a quasi 76 anni è fin troppo facile da definire minestra riscaldata. Di sicuro, rappresenta benissimo una tendenza in atto in tutte le arti e in molte professioni, quella dei vecchi che vengono sempre rimpianti e considerati migliori dei giovani, anche da parte dei giovani stessi. Un fenomeno tutto occidentale, tipico di una società convinta che il meglio sia già passato.

La coscienza di Zeman

Che l’allenatore boemo sia per la terza volta alla guida del Pescara, al posto del dimissionario Alberto Colombo, non ha stupito nessuno, visto che il pubblico lo invocava e non certo perché Zeman sia garanzia di essere promossi dalla Serie C alla B, anzi. L’ex allenatore del Lugano, guidato in Super League nella stagione 2015-16 prima del suo primo ritorno al Pescara (al giro precedente una storica promozione in A lanciando Immobile, Insigne e Verratti), in mezzo secolo di carriera ha lasciato quasi ovunque grandi emozioni al di là dei risultati (in Svizzera buoni: salvezza in campionato e finale di Coppa) ed è diventato una sorta di usato sicuro per chi voglia far credere al proprio pubblico che esista un progetto. Invece il progetto di solito coincide con Zeman stesso, che non a caso ha quasi sempre preferito contratti soltanto annuali, diversamente dal 99% dei suoi colleghi. Ma al di là degli aspetti calcistici, perché nel calcio italiano l’unico allenatore omaggiato dappertutto, un po’ come avviene con Baggio per i calciatori, è un personaggio che il meglio l’ha dato negli anni Novanta?

Retromania

Il fenomeno è stato spiegato dal critico musicale Simon Reynolds nel suo Retromania – Musica, cultura pop e la nostra ossessione per il passato, in cui analizza i motivi per cui persone e prodotti magari ai loro tempi marginali hanno nel corso del tempo assunto l’aura del mito. Facili gli esempi musicali, ma lo schema può essere applicato in quasi ogni campo, anche ai lavori cosiddetti normali: stando a quanto si sente nei bar non ci sono più i giornalisti di una volta, gli idraulici di una volta, gli impiegati di una volta. Discorsi che si facevano anche in passato, ma la differenza è che la tecnologia di oggi dà a tutti la sensazione di vivere in un eterno presente, per non parlare della medicina che rende il settantenne del 2023 competitivo con il cinquantenne del secolo scorso. E così il risultato non è soltanto il rimpianto per i bei tempi andati, ma il fatto che i protagonisti dei bei tempi non se ne vogliono andare: il giornalista continua a scrivere cose sempre uguali, l’idraulico tiene duro per finanziare il figlio influencer, l’impiegato surclassato dall’intelligenza artificiale si trascina grazie ad un sindacalismo anche questo di altri tempi.

Reunion e revival

Gli esempi pop ovviamente sono quelli di maggiore impatto. E nella musica questa situazione dell’eterno ritorno dei vecchi è stata paradossalmente spinta dalla tecnologia: prima il download e poi lo streaming hanno reso sempre più difficile, ed anche inutile, produrre canzoni nuove di successo, dando così un vantaggio enorme ai cantanti del passato, che possono limitarsi ad eseguire il loro repertorio in concerti che assomigliano sempre più a messe cantate. Se fino agli anni Novanta l’attività live serviva a promuovere i dischi nuovi, adesso funziona esattamente all’opposto: anche per gli artisti ‘nuovi’, come possono essere i Måneskin, quelle poche canzoni di vero successo, integrate da cover, servono a guadagnare soldi con i concerti. Questo ha innescato il fenomeno delle reunion: gruppi che non avevano più niente da dire, composti da persione che in certi casi si detestavano, ciclicamente tornano insieme: dai Take That ai Blur, dai Duran Duran ai Pink Floyd, dagli Eagles ai Led Zeppelin, dai Deep Purple ai Police, potremmo non finirla mai con gli esempi di chi è stato richiamato in servizio, o più spesso si è auto-richiamato, almeno una volta in carriera. Nella musica italiana impossibile contare i concerti di addio dei Pooh, sempre annunciati con larghissimo anticipo al punto che l’ultimo trentennio dei Pooh è sembrato un addio unico. Il prossimo addio il 6 luglio a San Siro… Altro campionato quello del revival: lì nessuno si è mai ritirato o separato, semplicemente i meccanismi di oggi favoriscono i grandi artisti del passato e quasi nessuno di loro molla: se il pubblico vuole Sabrina Salerno e non una diciottenne di oggi, perché l’icona di Sexy Girl dovrebbe stare a casa a fare la calza? Un quindicenne che ascolta De Gregori non sorprende, ma è come se un quindicenne del 1973 avesse avuto come idoli cantanti del 1923, percependoli come contemporanei. Un meccanismo malsano, al di là della nostalgia canaglia.

Minestre riscaldate ovunque

La storia dello sport è piena di grandi ritorni, da Michael Jordan (due volte, nel 1995 e nel 2001) a Borg (nel 1991), da Lauda a Phelps, con esiti diversi ma comunque con un limite ben chiaro in zona quarant’anni. Senza limiti gli allenatori ed anche con qualche caso di successo nella stessa squadra, come Ancelotti al Real Madrid. La minestra riscaldata in senso stretto per i calciatori funziona meno: per citare casi recenti si pensi a Pogba alla Juventus, Lukaku all’Inter, Shevchenko al Milan. Nella politica invece il limite è dato dalla cessazione del battito cardiaco e nessuno mai davvero si rassegna a vivere senza la luce dei riflettori: forse soltanto negli Stati Uniti, parlando di paesi democratici, gli ex presidenti si rassegnano alla trasformazione in conferenzieri milionari, ma Donald Trump vorrebbe smentire anche questa tradizione. Churchill perse incredibilmente le elezioni del 1945, ma sarebbe tornato primo ministro britannico 6 anni dopo. De Gaulle, per citare un altro leader vincitore della Seconda Guerra Mondiale, lasciò la vita politica nel 1953 per essere richiamato a furor di popolo 5 anni più tardi per gestire la crisi algerina ed il passaggio alla Quinta Repubblica. Innumerevoli gli esempi italiani: Amintore Fanfani è stato presidente del Consiglio 6 volte, la prima dal 1954 al 1987 , Giulio Andreotti 7, dal 1972 al 1992, nel suo piccolo Silvio Berlusconi con 4 fra il 1994 e il 2011, senza dimenticare la doppietta del suo grande rivale Romano Prodi (1996-1998 e 2006-2008). Le minestre riscaldate sono la base di gran parte del cinema di oggi, fra reboot e sequel: senza sottilizzar sui titoli si contano 25 James Bond, 13 Star Trek, 11 Star Wars, 10 Batman, 10 Harry Potter, 10 Fast & Furious, 8 Rocky (contando i 2 Creed), 8 Alien, 8 Uomo Ragno, 6 Terminator, 6 Mission: Impossible, 5 Die Hard, 4 Indiana Jones. Infiniti i casi di remake, anche a distanza di decenni, con esiti quasi sempre imbarazzanti. Come diceva Catone il Censore, mai tornare dove si è stati felici. Però l’alternativa è quasi sempre peggiore: Zeman non è tornato al Pescara per fame.

 

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