Le parole di Trump non fermano le bombe russe

Bombe sull’Ucraina. Ancora bombe, altre bombe. Così tante non se n’erano mai viste. È questa, d’altronde, la strada segnata da Vladimir Putin ormai tre anni e mezzo fa. Notizia di oggi: la Russia, nel corso della notte precedente, lanciato il più grande attacco di droni e missili dall’inizio della guerra. Per la precisione, l’aeronautica militare ucraina ha contato 728 droni e 13 missili. Tutti targati Mosca. Non si può certo parlare di una risposta, vera e propria, alle parole di martedì di Donald Trump, ma di certo la veemenza di quest’ultimo attacco sulla parte occidentale del Paese conferma la sostanza del messaggio del presidente americano. Il quale, poche ore prima, aveva espresso la propria frustrazione nei confronti dell’omologo russo. «Non sono contento di Putin», ha detto. Per poi aggiungere: «È sempre molto gentile con noi, ma poi si rivela inutile. Se volete la verità, Putin ci butta addosso un sacco di stronzate». Insomma, lo stile è quello di Trump - e persino il contenuto si presta a chissà quante rivisitazioni future -, ma la sostanza sembra chiara. Il tycoon si aspettava maggiori progressi sul fronte ucraino. In questo senso, lo stesso Putin, pochi giorni fa, dalla Bielorussia ricordava a Trump che «la vita reale è sempre più complicata dell’idea che se ne ha».
Gli incontri in Italia
Nessuno lo sa meglio di Volodymyr Zelensky. Il presidente ucraino - che oggi a Roma ha incontrato sia il Papa, sia Sergio Mattarella - sa pure che di Trump ci si può fidare soltanto fino a un certo punto. Ma mai fino in fondo. Pochi giorni fa, l’americano aveva imposto uno stop alle forniture militari verso Kiev, per poi tornare sui suoi passi sempre martedì, promettendo di aiutare nuovamente l’Ucraina. «Deve pur difendersi», il succo del discorso. «Sono deluso, francamente, che Putin non si sia fermato». Resta l’incertezza sulla quantità di armi che verranno subito inviate a Zelensky. Forse anche per questo motivo, la Russia ha reagito con freddezza, ma pure con serenità, alle parole e alle decisioni di Trump. Il Cremlino, attraverso il proprio portavoce Dmitry Peskov, si è detto «tranquillo». Perché? Proprio perché «Trump ha uno stile piuttosto duro nelle frasi che usa». E quindi, per il futuro, «ci aspettiamo di proseguire il dialogo con Washington, e lo facciamo sulla nostra linea, per riparare le relazioni bilaterali gravemente danneggiate». Intanto, Zelensky ha provato a mantenere questa posizione - in questo momento - favorevole rispetto agli Stati Uniti, incontrando sempre a Roma l’inviato speciale Keith Kellogg, uomo di Trump.
Il sostegno di Leone XIV
Tra il sacro e il profano. Si potrebbe riassumere così, la visita del presidente ucraino nella capitale italiana. Oggi si è affacciato dal balcone delle ville pontificie con papa Leone XIV. Il pontefice ha ribadito la disponibilità del Vaticano ad accogliere futuri negoziati di pace. Zelensky non ha mai rifiutato questa ipotesi. Putin sì. «Mosca sta respingendo questa proposta», ha infatti ripetuto l’ucraino su Telegram. «Continueremo a costruire una solidarietà globale affinché la diplomazia possa continuare a funzionare». Da Castel Gandolfo al Quirinale, la sostanza però è rimasta la stessa. Il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha infatti sottolineato: «Auspico che si aprano presto i negoziati». Poi centra il punto, pienamente, perché dopo aver sottolineato come l’Italia sia «ferma nel sostegno al popolo ucraino», aggiunge: «L’intensificarsi dei crudeli bombardamenti russi contro la popolazione e le infrastrutture civili rafforzano la nostra determinazione di stare a fianco dell’Ucraina». I bombardamenti si sono intensificati, sì. I numeri parlano chiaramente. L’atteggiamento di Putin è quello di un presidente convinto della superiorità delle proprie forze sul campo di battaglia. Della serie: perché dovrei fermarmi proprio ora, che il mio nemico è alle corde? L’idea è di presentarsi a eventuali futuri negoziati con una posizione di netto e inequivocabile - o irrevocabile - vantaggio sul terreno. E le sanzioni minacciate martedì da Trump e appoggiate dai leader repubblicani del Congresso? Difficilmente sorprenderebbero Putin, e ciò nonostante le difficoltà in cui versa l’economia russa.
La sentenza della CEDU
Sorprendere Putin non è facile. Non lo avrà fatto neppure la CEDU. La Corte europea dei diritti dell’uomo ha giudicato la Russia responsabile di gravi violazioni dei diritti umani in Ucraina dal maggio 2014. «Nel complesso, la vasta mole di prove presentate alla Corte ha presentato un quadro di pratiche interconnesse di condotta palesemente illegale da parte di agenti dello Stato russo su una scala massiccia in tutta l’Ucraina». Nella sentenza, la Corte ha affermato che sussistono prove di un uso diffuso e sistematico della violenza sessuale, accompagnato da atti di tortura, come percosse, strangolamenti o scosse elettriche. Civili e prigionieri di guerra sono stati sottoposti a finte esecuzioni, all’amputazione di parti del corpo e a scosse elettriche, anche alle parti intime. Tuttavia, la Russia ha già comunicato al tribunale la sua intenzione di non eseguire le sentenze né di risarcire i danni.
«I bambini hanno diritto a una pace giusta»
«Che ne sarà dei sogni dei bambini se scoppia una guerra mondiale? Che ne sarà dei sogni dei bambini se le bombe distruggeranno le loro case?». Sono alcune delle domande che Zaira, una madre italiana di tre bambini, ha posto a papa Leone XIV attraverso la rivista «Piazza San Pietro», il magazine edito dalla Basilica vaticana. E il pontefice le risponde direttamente nel numero di luglio, dedicato al Giubileo dei giovani. Nella sua risposta, il Papa subito sottolinea: «Cara Zaira, il suo è un grido che arriva al cuore di Dio. E Dio ci raggiunge sempre nei luoghi anche più difficili e tragici dove noi stiamo. Questa è la nostra fede e la nostra speranza che non viene meno nemmeno nelle realtà più drammatiche». Poi entra nel merito della domanda, delle domande, e ricorda che «la pace nella prospettiva cristiana è anzitutto un dono, il primo dono di Cristo: “Vi do la mia pace”». Ribadisce: «La pace è un dono attivo, coinvolgente, che interessa e impegna ciascuno di noi, indipendentemente dalla provenienza culturale e dall’appartenenza religiosa. La pace si costruisce nel cuore e a partire dal cuore, sradicando l’orgoglio e le rivendicazioni, e misurando il linguaggio». Da lì l’importanza rinnovata delle religioni, secondo la riflessione di Leone XIV, per favorire contesti di pace attraverso il dialogo. «Certo, la situazione appare talora priva di vie d’uscita con i rischi conseguenti di aggravamento, ma è per questo che siamo chiamati tutti con urgenza a compiere quella purificazione del cuore per costruire relazioni di pace (...). Contemporaneamente, insistiamo per il dialogo ad ogni livello, per promuovere una vera cultura dell’incontro e non dello scontro, e anche della limitazione del potere, come chiedeva sempre il mio amato predecessore papa Francesco». Così, per il pontefice, «la guerra non avrà il sopravvento. I bambini hanno il diritto a una pace autentica, giusta e durevole».