Il caso

Le preoccupazioni di Harvard raggiungono l'Università di Basilea

Il professor John L. Comaroff, l'anno scorso era stato congedato per aver violato le politiche dell'Università in materia di molestie sessuali e cattiva condotta – Il Dottore in filosofia Ernest Sewordor, nell'ateneo svizzero, solleva la questione: utilizzare (ancora) i suoi testi?
Le proteste ad Harvard, in gennaio. © Twitter (@LiliaKilburn)
Sara Fantoni
29.03.2023 13:00

Gli studenti non dimenticano. «Basta Comaroff, basta complicità». Il 25 gennaio, il giornale studentesco dell’università di Harvard pubblica un articolo che testimonia la sonora risposta dei giovani universitari rispetto all’insegnamento del professor John L. Comaroff. Alla prima lezione del corso – «Il colonialismo e i suoi postumi postcoloniali/decoloniali: Letture critiche» –, infatti, sono più di cento gli studenti che abbandonano l’auditorio cantando e recitando slogan di protesta. Dopo che l'anno scorso era stato congedato per aver violato le politiche dell'Università in materia di molestie sessuali e cattiva condotta professionale, il docente di Antropologia e di Studi africani e afroamericani ritorna nelle aule scolastiche. Ma la reazione degli alunni è immediata e si esprime con il dissenso.

Ma perché parlarne ora? La ragione è che questo avvenimento non ha colpito unicamente la prestigiosa università statunitense, ma le sue conseguenze e l’impatto delle reazioni dei giovani universitari hanno raggiunto anche un corso dell’università di Basilea. Con il Dottore in filosofia Ernest Sewordor che ha esposto il dubbio ai suoi studenti del seminario «Crimine e legge nella storia dell'Africa». Un dubbio che riguarda l’utilizzo delle ricerche co-scritte da Comaroff per sostenere e sviluppare la tematica del corso: è giusto usufruirne nonostante la possibilità di dare visibilità al docente incriminato e alle sue azioni?

Cosa succede ad Harvard

Il ritorno del professore nelle aule di Harvard è avvenuta già durante il semestre d’autunno 2022. La reazione da parte degli studenti è stata simile. Ma, in questo caso, non si trattava di un riflesso spontaneo, piuttosto di un’operazione organizzata, messa in atto dai membri di Our Harvard Can Do Better – un gruppo che si occupa di combattere la cultura dello stupro nei campus – e del gruppo di lavoro femminista Harvard Graduate Students Union-United Auto Workers. Oltre a loro, a quest’espressione di dissenso hanno partecipato anche studenti associati a Fossil Fuel Divest Harvard, gruppo impegnato alla lotta per un futuro giusto e sostenibile, e allo Student Labor Action Movement, comitato a sostegno della giustizia sociale ed economica per i lavoratori e per una comunità di Harvard più equa. «Quest'uomo non è affidabile per poter interagire con gli studenti universitari», ha dichiarato l'organizzatrice Rebecca S. Araten.

Da qui l’azione di abbandonare in massa la sala del corso, con l’obiettivo di fare pressione sull’università affinché al docente venga definitivamente impedito di praticare. La critica che s’intravvede in quest’affermazione e negli slogan cantati nei corridoi di Harvard, dunque, non è solo rivolta al professore, ma è anche e soprattutto formulata contro l’istituzione stessa, la quale avrebbe «ignorato e gestito male le accuse di molestie sessuali contro Comaroff». È così che si spiegano le speranze, anche se deboli, rispetto ad una nuova gestione delle politiche di accuse di molestie e di cattiva condotta espresse da Tenzin R. Gund-Morrow, editore della redazione universitaria The Harvard Crimson: «Spero solo che con il cambio di amministrazione ci sia una modifica nella politica. Ma ovviamente, come hanno detto gli organizzatori, le possibilità sono purtroppo poche».

A queste affermazioni si oppone la risposta degli avvocati del professore che, in una dichiarazione inviata via e-mail, scrivono che Comaroff «nega categoricamente di doversi dimettere» e che «non sta facendo nulla per creare condizioni di pericolo per gli studenti di Harvard». Aggiungono inoltre che alla luce dei fatti reali il docente «è pienamente autorizzato a insegnare agli studenti di Harvard che si iscrivono ai suoi corsi», mettendo in evidenza come allo stato attuale, «giudicare Comaroff un pericolo sia ridicolo».

«Vi scrivo per sollecitare la vostra opinione»

Alla luce delle polemiche e delle reazioni espresse dagli studenti oltreoceano, i timori del Dr. Ernest Sewordor dell’Università di Basilea risultano quindi fondati. Ha mandato una mail ai propri allievi con l’obiettivo di comprendere le loro opinioni riguardo all’utilizzo di dossier co-redatti dal professor John Comaroff. «Vi sottopongo questo argomento – si legge nella mail – per segnalare la mia consapevolezza sulla questione e sulle proteste in corso da parte degli studenti di Harvard contro il suddetto professore e, ai fini del nostro seminario, per sollecitare la vostra opinione». L’attitudine scelta è quella del dialogo, al fine di proporre un corso che rispetti le sensibilità e le opinioni di tutti.

A questo proposito il docente ha aggiunto: «A titolo personale, ritengo che sia più pratico separare lo studioso dalle sue pubblicazioni, il che, per essere chiari, non significa condonare la cattiva condotta del Prof. John Comaroff. Sono aperto, però, alla vostra valutazione informata della questione». Il suggerimento rivolto agli studenti, quindi, è quello di informarsi sull’argomento per una discussione critica, valida e argomentata.

Ma che cosa spinge un insegnante universitario a volersi confrontare con i suoi studenti a proposito dei testi inseriti nel programma? «Sono stato spinto da una conversazione avuta con una collega che studia in un'università degli Stati Uniti. Durante la nostra conversazione – spiega –, mi ha detto di aver visto un video online che mostrava le proteste degli studenti contro l'insegnamento del professor John Comaroff all'inizio del semestre autunnale all'Università di Harvard. Così, quando sono venuto a conoscenza della questione, mi sono sentito in dovere di aprire un dialogo con gli studenti del seminario». Questo perché, dichiara, «il mio principio guida per l'insegnamento è che gli studenti siano interessati al corso e a co-progettare attivamente il programma di studio con me». Risulta perciò chiara la volontà di confrontarsi con gli allievi anche sulla questione Comaroff. «Se il professor John Comaroff o qualsiasi altro studioso è stato coautore dei testi che ho elencato per la lettura, mi è sembrato giusto dare ai miei studenti la possibilità di decidere cosa fare con i materiali in modo informato».

Cosa ne pensano dunque gli studenti?

«Le risposte alla mia e-mail sono state varie. Nel complesso, però, credo che ci sia stato un accordo per non censurare le letture in questione». Il Dr. Sewordor ci racconta che, in generale, alcuni studenti pensano che «qualora le letture fossero state rilevanti per il seminario, le avrebbero lette». Altri ritengono che «eliminare le letture equivarrebbe a un’azione di cancel culture», ovvero alla pratica di ostracizzare una persona per parole o azioni capaci di provocare l'indignazione pubblica. Altri ancora hanno messo in evidenza «la possibilità di trarre una conclusione affrettata su un caso che non è ancora del tutto definito», riferendosi alla causa intentata da tre studentesse di Antropologia contro l'Università di Harvard per la presunta inazione e cattiva gestione delle loro denunce di molestie sessuali.

Dopo aver discusso, la decisione presa dal docente, a cui nessun allievo ha opposto resistenza, è stata di mantenere le pubblicazioni nel programma. Inoltre, «ho deciso di includere una clausola di esclusione della responsabilità in una versione aggiornata del programma di studio, per registrare la mia consapevolezza delle accuse contro il professor John Comaroff e per chiarire la mia scelta di includere le opere di cui è co-autore».

Una questione sociale

Un’altra obiezione, che non sembra però essere stata evocata durante i dibattiti del seminario, sarebbe quella di ritenere che l’utilizzo nelle università di testi co-redatti da chi è stato sospeso, potrebbe accrescere la visibilità dell’autore. Ciò potrebbe risultare negativo per la società, poiché metterebbe in evidenza anche delle azioni reprensibili. «A mio avviso, il professor John Comaroff non ha però bisogno di visibilità come studioso in questa fase della sua lunghissima carriera». Sewordor ci spiega che «sarebbe un mistero incontrare uno studente (di lingua inglese) di Antropologia in qualsiasi parte del mondo che non conosca il lavoro del professore o che non lo abbia mai sentito nominare». Piuttosto, quindi, proporre nelle università pubblicazioni come quelle (co)scritte dal professor John Comaroff potrebbe portare ad un dialogo onesto e fungere da «guida per futuri casi simili».

La questione è sorpassare le aule scolastiche. Sewordor propone una riflessione che coinvolga le istituzioni ai loro vertici e la collettività. «Il caso di Comaroff stabilisce uno spiacevole precedente e questo è molto allarmante non solo per Harvard o per le istituzioni scolastiche degli Stati Uniti, ma anche per le istituzioni di istruzione superiore di tutto il mondo, compresa l'Università di Basilea. Le circostanze devono quindi insegnarci – suggerisce il docente – a essere proattivi, piuttosto che reattivi, nell'affrontare questioni così gravi ma spesso poco denunciate». Quale sarebbe la conseguenza, altrimenti? «Un atteggiamento contrario potrebbe aprire le porte delle università alla predazione sessuale o almeno creerebbe i presupposti perché le molestie contro i membri meno potenti della comunità, in particolare gli studenti, avvengano. Va da sé che, sebbene essi siano più vulnerabili, non dovremmo escludere la possibilità di abusi contro i docenti – precisa Sewordor –, anche se le probabilità sono minori».

Il docente della facoltà di storia dell’Università di Basilea conclude quindi mettendo l’accento sulla credibilità di istituzioni che si basano sulla volontà di formare lo spirito critico di chi le frequenta. «In ultima analisi, la reputazione dell'università come comunità progressista di pensiero aperto e libero sarebbe compromessa, e questo, a mio avviso – termina – è il momento in cui le accuse contro la condotta del professor John Comaroff possono essere ridimensionate come un riflesso negativo che colpisce non solo l'università ma la società in generale».