Fake news

Le tendenze dell’informazione (e della disinformazione) che ci portiamo nel 2023 secondo gli esperti

La fine dell’anno e l’inizio di quello successivo sono spesso un’occasione per riflettere su quanto è stato fatto e su ciò che accadrà nei mesi seguenti, tra buoni propositi e vecchie abitudini
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Facta.News
03.01.2023 18:45

La fine dell’anno e l’inizio di quello successivo sono spesso un’occasione per riflettere su quanto è stato fatto e su ciò che accadrà nei mesi seguenti, tra buoni propositi e vecchie abitudini. Partendo proprio da questa riflessione, i ricercatori del Reuters Institute – importante centro di ricerca sul giornalismo dell’università di Oxford – hanno passato in rassegna i risultati delle loro ricerche sul giornalismo del 2022 che promettono di essere ancora d’attualità nel nuovo anno. 

Oggi, nella rubrica CdtCheck analizziamo insieme alcuni dati. Nell’articolo che pubblicheremo giovedì 5 gennaio 2023 scopriremo, nel dettaglio, che cosa ci dicono le ricerche che riguardano la Svizzera.

Evitare le notizie

Stando al Digital news report 2022, documento stilato dal Reuters Institute e che annualmente monitora qualità e modalità di informazione in diversi Paesi al mondo, durante l’anno appena concluso è diminuito nel pubblico l’interesse per le notizie. 

Il 36 per cento degli intervistati ha dichiarato di evitare, quando possibile, di leggere nuove notizie perché potrebbero avere un effetto negativo sul proprio umore, un fenomeno noto come news avoidance (appunto “evitare le notizie”). Tra i più giovani o meno istruiti è emerso che la scelta di evitare le notizie è dettata anche da una difficoltà nella loro comprensione: in Australia, Stati Uniti e Brasile circa il 15 per cento del pubblico giovane ha dichiarato di trovare le notizie difficili da seguire o per motivi legati alla complessità della lingua o perché manca il contesto di riferimento.

Il 43 per cento degli intervistati ha dichiarato di essersi allontanato dalle notizie perché infastidito dalla ripetitività dei temi (soprattutto per quanto riguarda la politica e la pandemia di Covid-19) o per un’assenza di fiducia nei media (29 per cento).

Degno di nota – e in controtendenza rispetto a quanto finora detto – è il caso dei programmi in radiodiffusione con alle spalle una solida storia informativa. Nell’Europa settentrionale, così come in quella occidentale, in Canada e in Australia, programmi di questo tipo sono ai vertici delle classifiche sulla fiducia del pubblico e si pongono spesso come media di riferimento per temi di interesse pubblico come la pandemia di Covid-19 o la guerra in Ucraina.

Informarsi sui social network

Una sempre maggiore fetta di pubblico si informa sui social network, soprattutto tra i più giovani. Nella fascia di pubblico britannico tra i 18 e i 24 anni, per esempio, la percentuale di individui che nel 2022 ha incontrato una notizia direttamente su un sito o un’applicazione è stata pari al 28 per cento, contro il 53 per cento del 2015. Ciò è direttamente collegato all’utilizzo delle piattaforme social come principale fonte di informazione, in sostituzione ai media fruiti in precedenza.

Da uno studio condotto dal Reuters nel Regno Unito, negli Stati Uniti, in Spagna, Germania e Svezia è emerso come, in generale, il pubblico che meglio padroneggia i diversi media tende ad utilizzare maggiormente i social network come luogo in cui è possibile trovare informazioni aggiuntive sulle notizie, piuttosto che come fonte originaria. In generale, questa fascia di pubblico presta maggiore attenzione all’identità dei profili che pubblicano le notizie, piuttosto che al numero di “mi piace”, condivisioni o commenti.

Per quanto Facebook sia, almeno in Europa, il social network più utilizzato per coloro che dichiarano di informarsi attraverso le piattaforme, la situazione è diversa in altri Paesi. Ad esempio, in Nigeria, Sudafrica e Kenya WhatsApp e Telegram sono i due principali social di informazione; in Giappone, solo il 5 per cento degli intervistati ha dichiarato di informarsi su Facebook, prediligendo Twitter o l’applicazione locale Line. In Corea del Sud, il principale social network per le notizie è YouTube, seguito da due applicazioni locali.

Da non sottovalutare poi la crescita di TikTok: il social network cinese è diventato un’importante strumento di informazione in Africa, Asia e America latina, oltre che nell’Europa orientale. L’utilizzo, che nel 2022 ha per lo più coinvolto un pubblico di under 25, sta velocemente caratterizzando anche altre fasce di età, soprattutto in quei Paesi in cui il social network si è diffuso più in fretta, come il Brasile, l’Indonesia, il Perù, il Sudafrica e il Kenya.

La figura del giornalista

Tra le conseguenze di una crescita dell’informazione sui social network c’è il cambiamento della figura del giornalista: dal Digital news report 2022 emerge come, agli occhi del pubblico, sia aumentata la presenza di giornalisti attivi anche sui social network, per quanto i più conosciuti restino, generalmente, quelli televisivi. 

Pochi, tra gli intervistati, sono stati in grado di nominare corrispondenti dall’estero, mentre gli editorialisti continuano ad essere i più ricordati (e riconoscibili) agli occhi del pubblico, soprattutto in Finlandia, Brasile, Stati Uniti e Francia.

Circa la metà o più degli intervistati nella maggior parte dei Paesi ha dichiarato che i giornalisti dovrebbero limitarsi a riportare le notizie, per quanto una consistente minoranza ritenga debbano anche riportare le proprie opinioni personali sui social network. Brasile e Giappone, stando ai dati raccolti, sono i due Paesi in cui il parere del giornalista è maggiormente richiesto.

La disinformazione

Informazioni false o fuorvianti, comportamenti violenti e le modalità di raccolta dei dati personali sembrano essere, agli occhi del pubblico, i tre principali ostacoli per il successo dell’informazione online. Per gli intervistati provenienti dal Regno Unito e dagli Stati Uniti il social network con più rischi è Facebook, mentre per coloro che hanno partecipato al sondaggio da India e Brasile si tratterebbe di problemi diffusi in modo quasi uguale su tutte le piattaforme online.  

Esaminando il tipo di disinformazione che il pubblico ha dichiarato di aver incontrato, si scopre che la maggior parte dei contenuti hanno riguardato la pandemia di Covid-19 e la campagna di vaccinazione. Fanno eccezione i risultati raccolti in Kenya, Colombia e nelle Filippine, dove è la disinformazione politica ad essere identificata come il principale tema per quanto riguarda notizie false e fuorvianti.

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