L'Europa vola (e inquina) sempre di più: «Il livello delle emissioni è tornato all'epoca pre-COVID»

L'aviazione è tornata. In tutti i sensi o, meglio, emissioni di CO2 comprese. Al riguardo, ha sottolineato l'organizzazione non governativa Transport & Environment (T&E), il settore lo scorso anno ha raggiunto – di fatto – i livelli pre-COVID. Ahia. Nello specifico, il numero di voli e le emissioni, nel 2024, sono state del tutto simili al 2019, l'ultimo anno «normale» prima della pandemia, con livelli al 96% rispettivamente al 98%. Non solo, lo studio di T&E mostra come dieci compagnie, in Europa, siano responsabili del 40% del totale delle emissioni: i principali inquinatori sono la low cost irlandese Ryanair (16 Mt CO2), Lufthansa (10) e British Airways (9).
Il dato, di per sé, è allarmante. Lo scorso anno, dagli aeroporti europei sono decollati oltre 8,4 milioni di voli per un totale di 187,6 Mt di CO2. I livelli di emissioni pre-COVID, rimanendo ai voli intraeuropei, sono stati superati. Così Krisztina Hencz di T&E: «Le emissioni dell'aviazione stanno andando fuori controllo. Come se non bastasse, il settore continua a nascondere i costi reali dell'inquinamento, rendendo così ridicolo l'impegno delle compagnie aeree di tornare a costruire aerei più ecologici dopo l'epoca COVID. Se l'Europa continua su questa strada, l'aviazione verde rimarrà un'illusione. La revisione dei mercati del carbonio dell'UE, prevista per il prossimo anno, è un'occasione per correggere una lacuna nell'attuale legislazione e garantire che le compagnie aeree paghino il vero costo del loro inquinamento».
Lo studio tiene traccia altresì della continua tendenza all'espansione dei vettori low cost nell'industria aeronautica europea. Questo vale anche per il mercato extraeuropeo, solitamente dominato da vettori di bandiera come Lufthansa e Air France. Le rotte a più alta emissione in partenza dall'Europa, nel 2024, sono tutte intercontinentali, con la tratta Londra-New York in cima alla lista. Al momento, tuttavia e come già sottolineato l'anno scorso, queste emissioni non sono valutate nell'ambito dei mercati del carbonio dell'UE, della Svizzera o del Regno Unito. Tradotto: il «pagamento» delle emissioni è legato unicamente ai voli all'interno dell'Europa. Di conseguenza, nessuna compagnia aerea ha dovuto sborsare per le proprie emissioni sulle rotte più inquinanti in partenza dall'Europa. Lo studio di T&E, al riguardo, suggerisce che nel 2024 il 70% delle emissioni di CO2 prodotte dal trasporto aereo non è stato «prezzato».
L'anno prossimo, dicevamo, l'UE riesaminerà il suo sistema per lo scambio di quote emissione di gas a effetto serra (ETS). Tuttavia, la revisione si inserisce in un contesto quantomeno particolare, con l'industria dell'aviazione che sta facendo marcia indietro sul clima: vari amministratori delegati di importanti compagnie aeree, infatti, hanno chiesto all'Unione di indebolire le regole sul prezzo del carbonio. Oltre ai benefici per il clima, per contro, un'estensione dei mercati europei del carbonio potrebbe generare entrate significative. T&E stima che, nel 2024, «prezzando» anche le emissioni extra-europee sarebbero saltati fuori altri 7,5 miliardi di euro. Le compagnie, tramite i loro dirigenti, stanno però virando su un altro sistema di compensazione, denominato CORSIA, di respiro globale, che prevede pagamenti nettamente inferiori (fino a 23 volte) rispetto al sistema ETS. «Affidarsi al sistema CORSIA per coprire le emissioni internazionali del trasporto aereo è una falsa economia» ha chiosato Hencz. «È di gran lunga l'opzione peggiore, sia dal punto di vista ambientale sia dal lato finanziario. Un'estensione del sistema ETS dell'UE, al contrario, produrrebbe il massimo impatto positivo per le economie europee, oltre ad avere i maggiori benefici ambientali».