«L'ho accoltellato, ma ho sbagliato persona»

All’improvviso ha urlato «ti uccido» e ha sferrato una coltellata con un taglierino mirando al collo dell’uomo che aveva cercate di sedare una lite tra lui e un’altra persona. La vittima è però riuscita a bloccare il fendente con una mano, rimediando cinque punti di sutura alla mano. Per questo un 32.enne ticinese oggi deve rispondere dell’accusa di tentato omicidio intenzionale (subordinatamente tentate lesioni gravi o lesioni semplici qualificate) di fronte alla Corte delle assise criminali presieduta dal giudice Amos Pagnamenta. L’uomo ha problemi psichici ed è pregiudicato: la procuratrice pubblica Valentina Tuoni chiederà che venga ordinato un trattamento stazionario. Al momento il 32.enne si trova in esecuzione anticipata della pena.
L’accoltellamento è avvenuto a Lugano lo scorso 15 maggio all’incrocio fra via Pretorio e Contrada di Verla, il giorno in cui il Football Club Lugano aveva vinto la Coppa Svizzera (ma i due fatti non sono collegati). L’imputato oggi in aula ha affermato di aver bevuto molto quella sera e, di ritorno a in albergo, di essere stato fermato da un gruppo di ragazzi in zona piazza Dante. Ne è sfociato un diverbio per futili motivi e l’imputato e una terza persona sono passate alle vie di fatto. L’accoltellato ha cercato di fare da paciere, ma è stato comunque aggredito dall’imputato. «Ho sbagliato persona – ha detto il 32.enne. – Ho reagito nel modo più sbagliato possibile. Volevo allontanarlo da me, non ucciderlo, né ferirlo mortalmente. Ero ubriaco e alteratissimo, non dormivo da trenta notti. Penso che volevo ferirlo, può essere che gli abbia detto che volevo ammazzarlo. Ma di sicuro non ho mirato la gola o in punti vitali: ho colpito un po’ a caso. Avevo con me il coltello perché sono uno scemo: mi hanno portato solo problemi. Erano una mia passione, fabbricavo anche dal nulla oggetti da taglio». Dopo l’accoltellamento, il 32.enne si è diretto verso Paradiso, dove poi è stato arrestato.
L'uomo, difeso d'ufficio dall'avvocato Nadir Guglielmoni, deve poi rispondere di altri reati, fra cui quello di aver danneggiato e vandalizzato la cappella di Madonna d’Arla a Sonvico a inizio 2022, cercando anche di sottrarre la cassetta delle offerte. Spiccano in particolare quattro istanze di violenza o minaccia contro le autorità e i funzionari. La sera dell’accoltellamento ha dovuto essere fermato con dello spray al pepe. A Madonna d’Arla un agente ha dovuto «estrarre l’arma di servizio in posizione di contatto» per fargli lasciare una spranga d’acciaio che stava brandendo. Qualche giorno dopo, in occasione di ulteriori vandalismi commessi a Cadro, aveva minacciato di «fare una strage». Nel seguente fermo ha poi preso a testate un muro nella sede della Polizia in via Beltramina: toltegli le manette per medicarlo, avrebbe cercato di afferrare l’arma di uno degli agenti. L’imputato contesta di aver minacciato gli agenti dopo l’accoltellamento, mentre riconosce i fatti di Cadro e di Madonna d’Arla. «Ero sempre molto bevuto, non ricordo molte di queste cose, come i vandalismi. Ma la calligrafia è la mia».
Il 32.enne si è detto pronto a intraprendere un percorso per prendere la propria vita in mano, pur condividendo solo in parte la perizia psichiatrica («Non condivido il mio rischio di recidiva medio-alto: non sono un ragazzo violento»). Anche un trattamento stazionario: «Ma non a Villa Argentina, non credo che avrei buoni risultati lì».