Musica

L’impero di Vasco Rossi

I sette concerti di San Siro in questo 2024, che porteranno a 36 le sue presenze totali nello stadio milanese, stanno dimostrando una volta di più che Vasco è l‘unica rockstar italiana in grado di riempire gli stadi ogni anno e di avere un reale impatto economico sull’industria musicale
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Stefano Olivari
18.06.2024 13:36

Vasco Rossi come Taylor Swift, in proporzione, anche se magari a lui il paragone non farà piacere e lei nemmeno sa dell’esistenza di lui. I sette concerti di San Siro in questo 2024, che porteranno a 36 le sue presenze totali nello stadio milanese, stanno dimostrando una volta di più che Vasco è l‘unica rockstar italiana in grado di riempire gli stadi ogni anno e di avere un reale impatto economico sull’industria musicale. Senza trucco e senza inganno, diversamente da altri improbabili riempitori di stadi, grazie a migliaia di biglietti regalati ed altri escamotage penosi.

I numeri di Vasco

Partiamo dall’attualità e dal Tour 2024, articolato in 12 date: Bibione, le sette a San Siro (7, 8, 11, 12, 15, 19 e 20 giugno), le quattro a Bari. Esauriti assicurati, nel caso di Milano da 60.000 persone alla volta, con prezzi che vanno dai 46 molto teorici (vanno aggiunte le commissioni) euro per il terzo anello da cui Vasco si vede con il binocolo ai 97,75 del prato. Insomma, con 5 milioni di incasso a botta ogni concerto di Vasco Rossi vale quanto una partita di Champions League di Inter o Milan ed il paragone ha un suo fondamento, visto l’ormai settantaduenne Vasco più che fan ha tifosi. Ricordando le 6 volte del 2019 e quindi i 36 concerti totali, si può dire che soltanto a Milano Vasco Rossi abbia avuto 2 milioni e mezzo di spettatori paganti. Nel 2022 il Vasco Live, 11 date in totale, fatturò 46 milioni di euro e creò un indotto stimato dal Sole 24 Ore in 165 milioni. Significa che come biglietti venduti lui da solo vale il 10% del totale dei concerti di musica leggera in Italia, quindi comprendendo nel calcolo anche le grandi stelle straniere. Ma nessuno crea l’indotto di Vasco, quindi è realistico pensare che in realtà il peso di Vasco sul totale della musica live in Italia sia vicino al 30%.

Rinascita live

I concerti di Vasco sono successi assicurati da oltre 40 anni, non si può certo dire che lui sia una moda passeggera. Ma adesso si sono inseriti nel clamoroso boom della musica dal vivo nel post Covid. Una voglia di uscire di casa e di partecipare a riti collettivi che si è saldata alla crisi della discografia tradizionale nell’era dello streaming, che ha reso quasi superfluo scrivere canzoni nuove. Chi ha un pubblico ed un repertorio consolidati oggi gode di un vantaggio competitivo enorme, mentre nessun giovane degli anni Ottanta sarebbe andato a vedere un concerto di Nilla Pizzi o Domenico Modugno. Che poi Vasco Rossi proponga anche canzoni recenti è un altro discorso, ma la scaletta di questi ultimi concerti di San Siro dimostra una volta di più che i concerti sono ormai messe cantate: impossibile che ce ne sia uno senza Bollicine, Sally, Vita spericolata, C’è chi dice no, Siamo solo noi, Rewind, Gli spari sopra e senza la superclassica chiusura con Albachiara, cioè la canzone che lo ha messo sulla mappa. I dati SIAE del 2023 sono ancora frammentari (…) ma quelli del 2022 dicono di 31.000 concerti per un totale di circa 21 milioni di spettatori. Significa meno di 700 persone di media a concerto, quando Vasco potrebbe averne 60.000 ogni sera per 365 giorni all’anno. Il boom della musica live va quindi contestualizzato, perché stiamo parlando di un mercato in cui la maggior parte degli artisti fatica a mettere insieme il pranzo con la cena. Certo di pura discografia non vive più nessuno.

Funflation

Il boom della musica dal vivo, più ancora di quello di Vasco Rossi, ha fatto coniare un neologismo per una volta azzeccato, ‘funflation’, cioè inflazione da divertimento. In pratica la gente dopo la pandemia tende a spendere per spettacoli e divertimenti vari più di prima: per questo il record dei sette San Siro in pochi giorni di Vasco stupisce ma non fa gridare al miracolo, anzi se oltre ai residenti non si fosse messo in mezzo il Comune di Milano i concerti sotto l’ombrello della multinazionale Live Nation sarebbero stati come minimo dieci. Il pubblico però comincia a dare qualche segno di stanchezza, perché non sempre il concerto è spinto dall’hype dell’Eras Tour di Taylor Swift o del Renaissance Tour di Beyoncé. Un po’ perché tutto (tranne Vasco) stanca, un po’ per politiche di vendita vessatorie nei confronti degli utenti, al di là dell’aumento dei prezzi: la rivista musicale Pollstar ha calcolato che il prezzo medio di un concerto top è passato dai 91 dollari a 120, in 4 anni, nettamente più dell’inflazione. L’era del dynamic pricing, cioè dei prezzi che cambiano in funzione della richiesta (con i rialzi ‘casualmente’ più reattivi dei ribassi), in Europa mai davvero iniziata, sembra stia volgendo al termine. Almeno per i concerti.

Scaletta

Quanto è cambiato Vasco Rossi da quel 10 luglio 1990, sua prima volta San Siro con il tour ‘Fronte del palco’? Un tour iniziato quattro giorni prima a Locarno, in quello allora conosciuto come Palazzetto Fevi (l’odierno PalaExpo). A parte la scaletta delle canzoni, per metà rimasta doverosamente uguale, è cambiato tanto. Quel concerto segnò il passaggio di Vasco Rossi da rocker maledetto, fra droga, alcol e altro, a personaggio mainstream: non esattamente un padre di famiglia, anche se due dei suoi tre figli erano già nati, ma uno conosciuto da tutti. Senza perdere, questo il suo vero miracolo, quella credibilità che perdono tutti gli artisti che ce l’hanno fatta. Quel concerto, basato molto su C’è chi dice no e Liberi liberi, sdoganò Vasco presso generazioni diverse da quelle degli adolescenti anni Ottanta. Merito in un certo senso del calcio, sport che peraltro lui segue poco (è tiepidissimo tifoso dell’Inter), visto che per la prima volta un artista italiano si esibiva nello stadio più famoso d’Italia. Quasi una patente di serietà presso il pubblico generalista, un po’ come quel Sanremo che Vasco lo ha sempre respinto (nel 1983 con Vita spericolata arrivò venticinquesimo) prima di essere respinto da Vasco. È cambiato anche il patrimonio di Vasco, all’epoca quasi azzerato da spese folli e situazioni sbagliate, oggi stimato da molti in circa 200 milioni di euro. E non ci sono più tante persone, compreso quell’Andrea Giacobazzi scomparso a febbraio e che aveva ispirato Colpa d’Alfredo ed uno dei versi più famosi di tutta la produzione di Vasco “È uscita con il negro, la troia”. Canzone che raramente è in scaletta, nemmeno a questo giro lo è, e che ancora più raramente viene eseguita. Certo solo Vasco potrebbe infischiarsene del politicamente corretto, al di là del significato della canzone (il razzismo c’entra zero), ed in questo è superiore anche a Taylor Swift.