Fisco

L’imposizione congiunta non è la risposta giusta»

Il Consiglio nazionale raccomanda di respingere l’iniziativa del Centro per eliminare la discriminazione dei coniugi, confermando la sua preferenza per la tassazione individuale – Quadri: «Questa non è equità ma ideologia» – Farinelli: «Ma a pagare il conto sarà il ceto medio»
©Chiara Zocchetti
Red. Confederazione
18.09.2025 06:00

Qual è il miglior sistema per eliminare la discriminazione fiscale del matrimonio che oggi, a livello federale, implica imposte più alte per i coniugi rispetto ai conviventi? A Berna è in corso una sorta di derby fra due soluzioni: quella approvata in giugno dal Parlamento (e tuttora oggetto di referendum) che prevede il passaggio all’imposizione individuale a livello federale, cantonale e comunale; e quella che invece vuole correggere il sistema attuale (solo a livello federale) mantenendo il principio dell’imposizione congiunta dei coniugi. Questa proposta è contenuta in un’iniziativa popolare del Centro che ieri il Nazionale, come prima Camera, ha respinto con 99 voti (PLR, PS, Verdi e Verdi liberali) contro 92 (UDC e Centro). La proposta di modifica costituzionale - intitolata «Sì a imposte federali eque anche per i coniugi. Basta con la discriminazione del matrimonio!» - stabilisce il principio del cumulo dei redditi dei coniugi nella dichiarazione fiscale ed esclude pertanto il passaggio all’imposizione individuale.

La penalizzazione fiscale del matrimonio era già stata denunciata dal Tribunale federale nel 1984. I Cantoni, chi in un modo chi un altro, avevano poi provveduto ad eliminarla, la Confederazione no. Per Centro e UDC, solo l’iniziativa popolare permette di risolvere il problema delle coppie sposate, senza svantaggiare le altre. La proposta avanza una soluzione semplice ed equa, che crea solo vincitori, ha affermato Benjamin Roduit (Centro/VS). L’iniziativa è «giusta, semplice da applicare e pienamente compatibile con i sistemi fiscali cantonali», ha aggiunto Roger Golay (MCG/GE) alludendo alla contrarietà dei Cantoni alla riforma sull’imposizione individuale. I due schieramenti si sono anche scontrate in relazione alle rispettive visioni della famiglia e della società: «Le famiglie, grazie al matrimonio, sono il pilastro e il futuro del Paese: solo loro possono colmare il deficit demografico», ha dichiarato Roduit. Da parte sua, Lorenzo Quadri (Lega) ha  criticato il passaggio all’imposizione individuale: a suo avviso, così facendo lo Stato «impone un preciso modello familiare, quello in cui entrambi i coniugi lavorano approssimativamente nella stessa misura.  Ma questa non è equità fiscale, è ideologia». L’eliminazione della penalizzazione fiscale del matrimonio è un obiettivo giusto, ma lo si può ottenere attraverso adeguamenti tariffari, senza quindi stravolgere il sistema. Inoltre, l’imposizione individuale sarebbe un «mostro burocratico» perché si dovrebbero esaminare 1,8 milioni di dichiarazioni in più.

Di parere radicalmente opposto PLR, PVL, PS e Verdi, secondo cui l’iniziativa del Centro, oltre ad essere troppo costosa (si stimano dai 670 milioni a 1,4 miliardi di franchi di minori entrate)  andrà a beneficio soprattutto di coloro che hanno alti redditi. A pagarne il conto, secondo Alex Farinelli (PLR), sarebbe il ceto medio. «L’equità promessa, sbandierata, si scioglierebbe come neve al sole. E attenzione, mentre da una parte si dice di voler eliminare la discriminazione delle coppie sposate, dall’altra si crea una nuova disuguaglianza, questa verso le coppie di fatto. Per loro niente doppio calcolo e niente scelta. È un po’ come se a una maratona dessimo le scarpe da corsa solo a chi ha l’anello al dito, mentre gli altri li facciamo correre a piedi nudi. Dov’è questa parità?». Le proposte del Centro comporterebbero inevitabilmente che i contribuenti non sposati paghino più tasse rispetto alle coppie sposate, ha aggiunto la consigliera federale Karin Keller-Sutter. Per il campo progressista e liberale, la soluzione passa dunque per l’imposizione individuale. Secondo Farinelli si tratta di «una riforma coerente, socialmente giusta, fiscalmente sostenibile e con effetti positivi sull’occupazione». Il dossier va ora agli Stati.