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L'incredibile successo (e la storia) di «El Bebito Fiu Fiu»

La canzone, divenuta virale e capace di dominare le classifiche di Spotify prima di incontrare problemi di copyright, è dedicata all'ex presidente del Perù e alla sua presunta amante
Marcello Pelizzari
11.07.2022 06:00

Le vie dello streaming, è risaputo, sono infinite. Non ci credete? D’accordo. Intanto, però, la canzone El Bebito Fiu Fiu è (inaspettatamente) balzata in testa alla speciale classifica Spotify Viral 50 prima che, leggiamo, venisse ritirata per le solite violazioni del diritto d’autore. Normale, verrebbe da dire, soprattutto quando le rivoluzioni partono dal basso.

La canzone, d’altronde, ha fatto presa rapida. Anzi, rapidissima. Si è diffusa tempo zero via social, suscitando curiosità e ilarità. Per dire: Bad Bunny, fenomeno del reggaeton, si è divertito a cantarla in diretta su Instagram; l’account TikTok del Real Madrid campione d’Europa ha usato il brano in un video che presentava i nuovi acquisti; la Marvel, in Spagna, ha sfruttato l’onda per promuovere l’ultima fatica di Thor.

Messaggi bollenti

In pochi, tuttavia, sanno (meglio: sapevano) che El Bebito Fiu Fiu arriva dal Perù e, a tutti gli effetti, è una canzone satirica. Prodotto dal musicista peruviano Tito Silva, il brano prende di mira il linguaggio mieloso utilizzato dall’ex presidente Martin Vizcarra con un’ex candidata al Congresso, Zully Pinchi. La faccenda è legata ad alcuni messaggi di testo sfuggiti alla sfera privata e diventati di dominio pubblico. Gli screenshot dello scambio, intenso, erano stati mostrati al pubblico lo scorso maggio, nel corso della trasmissione Panorama. Creando inevitabilmente uno scandalo mediatico. Sì, perché il «bebito» è sposato dal lontano 1992 e ha quattro figli.

Silva, indubbiamente un volpone, ha costruito il pezzo pescando a piene mani da un vecchio successo di Eminem e Dido, Stan, uscito nel 2000. Di qui i dubbi e le possibili conseguenze in termini di copyright, anche se alcuni esperti sottolineano come l’effetto parodia possa salvare Tito Silva da possibili problemi.

«Ti amo, a dopo»

Ma torniamo all’ex presidente e a Zully Pinchi. Il titolo è ispirato ai messaggi che, a quanto pare, si sarebbero inviati i due dopo essersi incontrati, usando nomi falsi, in un albergo di Cusco. Nello specifico, Pinchi avrebbe risposto «fiuuuu, fiuuu» a una foto presumibilmente inviata da Vizcarra.

In quell’albergo, beh, Vizcarra e Pinchi avrebbero ovviamente intrattenuto una relazione amorosa. «Ti voglio bene e ho bisogno di abbracciarti» ha scritto Pinchi a Vizcarra. «Non sai quanto mi manchi. Sei il mio bambino e il mio re». «Ti amo, a dopo» la risposta dell’ex presidente.

Quindi, il giro di smentite. Pinchi ha negato la relazione di cui sopra, mentre Vizcarra più o meno ha detto: «Non ho mai tradito mia moglie».

Le accuse di corruzione

Silva, in un’intervista alla radio nazionale peruviana, ha ammesso di essersi ispirato alla vicenda. «La canzone è stucchevole, proprio come i testi» dei messaggi. Noto musicista, dicevamo, non è la prima volta che Silva se la prende con i politici. Per par condicio, se vogliamo, ha pure sfottuto l’attuale presidente Pedro Castillo.

Vizcarra, dal canto suo, ha ricoperto il ruolo di presidente dal marzo 2018 al novembre 2020, quando venne estromesso dal Congresso per accuse di corruzione: avrebbe incassato circa 600 mila dollari in tangenti quando governava la regione di Moquegua. La mossa provocò proteste in tutta la nazione.

Quest’ultimo scandalo, per contro, ha danneggiato l’immagine del politico e soprattutto dell’uomo, considerando proprio i trenta e oltre anni di matrimonio con Maribel Diaz Cabello e i quattro figli. Oltre al danno, come si suol dire, potrebbe arrivare anche la beffa. La presunta infedeltà, infatti, rischia di avere risvolti legali: a Vizcarra era stato consentito un permesso speciale per viaggiare per il suo partito dopo che un pubblico ministero aveva imposto restrizioni ai suoi movimenti in merito alle accuse di corruzione. Nel 2021, il Congresso guidato dall’opposizione gli aveva negato altresì qualsiasi carica pubblica per dieci anni.

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