L’insidia delle valanghe da slittamento

CRANS MONTANA - La valanga che martedì pomeriggio ha investito quattro persone su una pista sopra Crans-Montana, in Vallese, ha (ri)aperto una serie di interrogativi non solo sulle cause, ma anche a livello di responsabilità nel caso di drammi come questi. Fatto è che le valanghe da slittamento sono difficilmente controllabili, oltre ad essere un fenomeno piuttosto nuovo. Un esperto dell’SLF di Davos (una sigla che sta per Istituto per lo studio della neve e delle valanghe), in una prima valutazione, era partito dal presupposto che si è trattato di una valanga da slittamento. «Queste sono un’apparizione piuttosto nuova», dichiara Carlo Danioth della Skiarena Andermatt-Sedrun. Danioth dispone di un’esperienza più che ventennale quale capo della pattuglia delle piste. I pattugliatori sono responsabili di una decisione fondamentale nelle zone sciistiche: stabilire quando queste zone possono essere considerate sicure. «Di valanghe da slittamento parliamo soltanto da sei, sette anni», afferma, spiegando come il loro presupposto sia un terreno caldo nella stagione autunnale. Se su questo terreno nevica precocemente, lo strato di coltre bianca perde costantemente umidità. Sul primo strato se ne depositano altri, in certi casi pesanti, e finisce per generarsi una cavità. «Con la temperatura esterna, più calda come quella di questi giorni, questi strati di neve scivolano più rapidamente», prosegue Danioth. Albert Hegner, capo del salvataggio delle piste di Saas-Fee, spiega a titolo di complemento che questo genere di valanghe è più difficilmente controllabile e anche meno semplice da far saltare.
Un evento eccezionale
Per il nivologo Robert Bolognesi si è trattato di un avvenimento eccezionale, tanto più che a questa altitudine l’aumento della temperatura è relativo. «Non penso che il rischio sia stato sottovalutato. Questa valanga si è staccata sopra la quota abituale delle valanghe da reptazione, o da slittamento». Nel suo bollettino di martedì mattina alle 8, l’SLF indicava che con il rialzo termico e l’irradiazione solare diurni erano da aspettarsi in giornata sotto i 2.500 metri «valanghe bagnate e per scivolamento di neve» e che queste ultime potevano «raggiungere dimensioni grandi». Il rischio era tuttavia considerato soltanto «moderato» (livello 2 su una scala di 5). A quanto si è appreso, la società degli impianti di risalita di Crans-Montana aveva previsto di chiudere la pista alle 14.45 quale misura precauzionale, come aveva fatto il giorno prima.
Una responsabilità «enorme»
Sulla persona che prende la decisione della valutazione di una zona grava una «responsabilità enorme», secondo Hegner. Il blocco parziale o integrale di una zona sciistica può infatti provocare le reazioni stizzite dei turisti o della direzione. Hegner e Danioth, da parte loro, sanno gestire la pressione. Più passa il tempo e più diventa però difficile trovare persone che vogliano assumersi questa responsabilità, ha affermato Danioth. E questo anche alla luce di quella parte di rischio che non è possibile eliminare: «Non si possono controllare le forze della natura», così Danioth. Il pericolo di valanghe è nullo solo quando non c’è neve.
Come ricorda la «NZZ», sono due i casi di valanghe sfociati in vicende giuridiche che possono fungere da riferimento per quanto avvenuto in Vallese. Secondo Fritz Anthamatten di Funivie Svizzere, gli sciatori devono fidarsi al 100% del capo delle piste. I gestori devono quindi fare in modo, tramite misure come l’esplosione di pendii pericolosi o il blocco tempestivo delle piste, che ciò possa essere garantito. Le due valanghe citate dal foglio zurighese si sono verificate nella zona del Rothorn, nelle vicinanze di Zermatt, la prima il 18 aprile 1994 e la seconda il 19 gennaio 2008. Entrambi i casi si sono chiusi con una condanna. Nel secondo, un uomo è stato travolto su una pista nel «Rothorn Paradise», ed è in seguito deceduto per le gravi ferite all’ospedale di Visp. L’SLF aveva parlato il giorno prima di un rischio di valanghe «considerevole». La Corte cantonale del Vallese ha condannato il capo delle piste nel 2011 per omicidio colposo e perturbamento colposo della circolazione pubblica ad una pena sospesa di 120 ore di lavori socialmente utili. Alla base del dramma ci sarebbe stata la reazione tardiva del condannato, prosciolto in prima istanza. Il successivo ricorso dell’uomo è stato respinto dall’Alta Corte nel 2012: l’uomo avrebbe valutato in maniera errata la situazione, violando i suoi doveri. Il mattino della valanga si era limitato a consultare il bollettino senza recarsi sul luogo fino al primo pomeriggio (la valanga si era verificata verso le 14.30), precisa ancora la «NZZ».
Chiesta una perizia nivologica
Il Ministero pubblico vallesano ha aperto un’inchiesta e ha chiesto una perizia nivologica. Due ipotesi sono attualmente all’esame: la valanga è stata causata da sciatori oppure è stato un evento spontaneo dovuto alle condizioni meteorologiche. La pista è rimasta chiusa nella giornata di ieri, come pure lo spazio aereo sovrastante: neppure i droni erano permessi. In fin di giornata la polizia ha però revocato il divieto di sorvolo e ha riconsegnato la pista alla società degli impianti di risalita di Crans-Montana. La direzione dell’azienda ha organizzato uno spazio di raccoglimento alla stazione di partenza della funivia. Oggi sarà osservato un giorno di lutto.
Le tragedie più gravi
Nel 2018
Il 31 marzo 2018, nella zona di Obers Tälli presso Fiesch, in Vallese, una valanga colpisce un gruppo di sciescursionisti spagnoli. Due uomini di 37 e 48 anni (tra cui la guida) e una donna di 38 anni ne rimangono vittime.
Nel 2015
Sul Piz Vilan, nei Grigioni, otto membri di un gruppo di sciescursionisti dello Swiss Alpine Club vengono travolti da una valanga. Cinque perdono la vita. È il 31 gennaio 2015.
Nel 2010
Nella Diemtigtal (BE) sette persone muoiono il 3 gennaio 2010 quando, nel luogo in cui era caduta una prima valanga, quindici soccorritori vengono travolti da una seconda slavina.
Nel 2007
Il 12 luglio di dodici anni fa cinque reclute e un brigadiere dell’esercito svizzero muoiono travolti da una valanga sulla Jungfrau, nel canton Berna.
Nel 2001
L’11 febbraio 2001 tre persone perdono la vita sul Pizzo Rotondo, nella Val Bedretto.