L’intelligenza può essere una grande fregatura

«Vostro figlio risolve i problemi in modo tutto suo, può diventare una risorsa per la collettività o una mente al servizio del crimine». Così ha detto, col sorriso sulle labbra, una docente alla madre di un bambino ticinese di nostra conoscenza. Un bimbo che ha in seguito scoperto si essere «superdotato» o, meglio, «ad alto potenziale» ovvero di avere una capacità intellettiva eccezionalmente superiore alla media, misurabile da un test riconosciuto a livello internazionale che valuta il quoziente intellettivo (leggi qui per maggiori informazioni). A livello mondiale, spiega la psicologa e docente di sostegno pedagogico Lara Battaglia, la percentuale dei soggetti che mostrano questa «propensione genetica» è statisticamente definita tra il 2,28% e il 5% circa. In Ticino si parla di un allievo per classe, ma molti di loro non vengono identificati. «Non si tratta di geni che riescono in tutto e da soli», sottolinea l’esperta. «Ma di bambini che fin da piccolissimi mostrano modalità di pensiero e comportamenti originali. Non è una scelta e neppure un percorso facilitato, come si sarebbe portati a credere. Anzi, in alcuni casi la plusdotazione si trasforma in un limite, in difficoltà oggettive che si esprimono in vari ambiti, tra cui quello scolastico-lavorativo» (per informazioni vedi il sito www.filodiseta.ch). Lo sa bene Leonardo (nome di fantasia), un adolescente del Sopraceneri con un QI molto alto e tante preoccupazioni.
«L’alto potenziale è una grande fregatura quando rimane solo in potenza, come nel mio caso», osserva il ragazzo. «Dovrei essere super intelligente, riuscire in tutto e senza difficoltà ma in realtà faccio una grande fatica». «Chi non conosce questa condizione – commenta sua mamma – crede sia solo una fortuna. In certi casi non lo è. Questi bambini pagano il “dono” ricevuto in termine di solitudine, noia, inadeguatezza, frustrazione».
La famiglia di Leonardo non si è subito accorta di trovarsi in presenza di un bambino «speciale». «Non sapevamo nemmeno cosa fosse l’alto potenziale ed era difficile interpretare i segnali. Mio figlio è infatti sempre stato un bambino molto sveglio. A 3 anni parlava benissimo, con un vocabolario ricco. Coltivava una miriade di interessi e si era costruito un sapere enciclopedico su una serie di argomenti: dinosauri, Impero romano, Medioevo e cavalieri, ecc. Aveva un modo di giocare tutto suo e creativo. Reinventava i giochi che gli compravamo, improvvisava. Ci stupiva sempre. Sapeva anche tenerci testa nei ragionamenti!». D’altro canto non sembrava per niente in pace col mondo e non riusciva a stare fermo, concentrato. Si fermava solo quando gli si leggevano dei libri».
Durante gli anni della scuola dell’infanzia il bambino ha cominciato a manifestare segnali di disagio: non si lasciava toccare dalle maestre e in alcuni momenti non riusciva a gestire la sua foga. «Non ascoltava e correva a perdifiato», racconta la madre. «Nessuno era in grado di fermarlo». Ma è stato alle Elementari che l’equilibrio rimasto, seppure precario, si è rotto. «Per lui è stato come andare contro ad un muro di delusione. Leonardo aveva grandissime aspettative che si sono infrante in un momento. Pensate alla sorpresa di noi genitori: sapevamo di avere un figlio brillante ma sui banchi si scuola si è appiattito come un soufflé. Ha perso entusiasmo. Come mai? Gli esperti parlano di “effetto sala d’attesa” alludendo alla noia derivata, appunto, dalla sterile attesa. Probabilmente mio figlio si aspettava grandi cose in aula – dalla maestra, dai compagni e da sé stesso – cose che però non sono arrivate. La sua mente velocissima ha quindi cominciato a tediarsi e perdere interesse fino a volersi sconnettere dalla realtà. Magari la sua è stata una scelta, per adeguarsi agli altri. Fatto sta che in quel momento ha chiuso un canale e si è buttato sullo sport. Ha cercato degli sfoghi fisici, anche perché soffriva lo stare fermo, seduto dietro ad un banco».

Il punto debole di Leonardo era e rimane la matematica, afferma la signora. «A livello scolastico il suo “dono” non emergeva ed è così per parecchi ragazzi ad alto potenziale. Spesso hanno grossi problemi in alcuni ambiti. La loro mente svelta non li aiuta: vista la velocità non prendono coscienza dei loro ragionamenti, procedono per intuizione. Ma la scuola chiede di giustificare ogni risultato e loro non sono in grado». L’inquietudine del ragazzo ha quindi cominciato a manifestarsi in maniera evidente. «Le insegnanti mi segnalavano problemi di comportamento: era agitato, sfidava l’autorità, aveva problemi coi compagni. Si era creato un mondo tutto suo, isolato dagli altri di cui rifiutava l’aiuto. Addirittura si era costruito una trincea di libri sul banco». Neppure a casa Leonardo era sereno. Mostrava dei segni di depressione, dice la mamma. «Allora lo portavo nei boschi e al parco giochi, inforcava la bicicletta e via, si sfogava. Scappavamo dal paese in cui abitavamo poiché le altre madri erano ostili. Ritenevano che se mio figlio si comportava in quella maniera era perché non lo educavo adeguatamente. Insomma, è stato un periodo triste per tutti. Io mi colpevolizzavo, mi chiedevo dove avevo sbagliato. Ma non si trattava di un problema di educazione! Ce ne siamo resi conto solo dopo avere fatto il test del QI. Ed è stato come tirare un sospiro di sollievo, anche per Leonardo che probabilmente già intuiva di essere diverso. Pure da parte della scuola c’è stato un cambiamento di visione. Mio figlio non era un esagitato e basta ma un ragazzino con difficoltà derivanti da un diverso funzionamento del pensiero».


Così la famiglia ha scoperto l’alto potenziale e cominciato ad informarsi sul Web. Poi l’incontro con un docente di sostegno sensibile e un operatore di sostegno specializzato. «Fondamentale anche il confronto con altri genitori con bambini plusdotati», sottolinea la nostra interlocutrice. «Situazioni sempre diverse che però hanno tanto in comune. Ne ho incontrate di mamme disperate per la situazione dei figli a scuola... E famiglie che si danno da fare in tutti i modi possibili: chi offre ad un bambino sottostimolato a scuola attività intellettuali casalinghe, chi delle lezioni di recupero in alcune materie, ecc. Penso che per alcuni sia utile andare dallo psicologo. I nostri sono infatti ragazzi ipersensibili e fragili dal punto di vista psicologico. L’elemento essenziale rimane comunque la consapevolezza dell’esistenza di queste situazioni, l’apertura a comprenderle e cercare di aiutarsi vicendevolmente (scuola e famiglia). Senza volersi attribuire delle colpe».
Intanto Leonardo cerca di continuare il suo percorso scolastico, con immensa fatica. «Questo ci crea grossissime preoccupazioni», dichiara la nostra interlocutrice. «Quale sarà il suo futuro? Non voglio che mio figlio diventi uno scienziato o chissà quale altra cosa. Vorrei semplicemente che riuscisse a trovare un posto nella società, nel mondo del lavoro e stesse bene. Non si tratta quindi di far fruttare le sue capacità per conseguire chissà quali risultati in chissà che ambito. Si tratta di dargli la possibilità di portare a termine una formazione. Per alcuni ragazzi ad alto potenziale, purtroppo, questo non è evidente». Secondo la signora potrebbe aiutare la creazione di un decimo anno facoltativo dopo la scuola media, durante il quale lavorare sulle competenze necessarie nella formazione post-obbligatoria.