La domenica del Corriere

L’Italia che si preoccupa dei frontalieri e l’innovazione tra Zurigo e Milano

Confronto a cinque voci sul DFE – Giorgio Fonio: «Il mercato del lavoro pare dopato» – Amalia Mirante: «Da oltre frontiera non mi stupiscono» – Boris Bignasca: «Non servono lacrime e sangue» - Boas Erez: «Conti, situazione drammatica» - Per Christian Vitta nei prossimi anni servirà una manovra di rientro di 100 milioni
Melide: ospiti trasmissione Teleticino. Nella foto un momento durante la trasmissione con da sinistra, Giorgio Fonio, Boris Bignasca, Amalia Mirante, Christian Vitta e Boas Erez. © Ti-Press / Pablo Gianinazzi
Gianni Righinetti
05.02.2023 20:05

Le finanze, l’economia, il lavoro e l’innovazione. Con quest’ultimo punto che ha dato il via a una fitta discussione sull’asse Milano-Zurigo (con il Ticino nel mezzo). Nel mezzo delle discussioni ormai eterne sui frontalieri. Ma, per una volta, non tanto sul numero e la crescita, ma sull’elemento Lombardia, regione che guarda alla potenzialità di quei lavoratori (nel terziario ma anche nella sanità) che varcano la frontiera.

La puntata tematica de La domenica del Corriere trasmessa ieri sera da Teleticino ha visto i riflettori puntati sulla politica del Dipartimento delle finanze e dell’economia Christian Vitta, che si è confrontato con Amalia Mirante, candidata al Governo sulla lista Avanti con Ticino & Lavoro), Giorgio Fonio (Il Centro), Boris Bignasca (Lega-UDC) e Boas Erez (Ind. PS e Verdi). Le finanze sono state il punto di partenza, in virtù del fatto che averle sane costituisce un po’ la madre di tutte le politiche: «Direi che sono la premessa necessaria» ha affermato Vitta. Per Mirante avere finanze sane significa «uscire un po’ da una logica rimasta ancorata alla visione di tassare meno e spendere di più. Quello che va fatto è tassare il meno possibile e spendere nella maniera più efficiente». Meno tasse la vuole da sempre la Lega di Bignasca: «Il principio delle finanze sane spinge semplicemente al pragmatismo. Il Ticino spende il 2-3% di troppo rispetto a quanto incassa». Dal canto suo Erez ha aggiunto «che se le finanze sono un mezzo, in primo luogo vanno chiariti gli obiettivi senza andare subito su entrate e uscite. A livello di finanze siamo in una situazione abbastanza drammatica, indipendentemente dal decreto Morisoli avremo un problema a rispettare la legge con il bilancio del 2024. Non vanno tagliate le entrate». Fonio ha poi detto che «per uno Stato avere finanze sane significa poter fare fronte a necessità importanti, come aiutare le persone in difficoltà. È ovvio che principalmente non si può generare aggravi sulle spalle delle famiglie, su chi non beneficia di sussidi». «Mi fa piacere che si condivide che le finanze sono un mezzo e non un fine. Poi è chiaro che la politica deve fare delle scelte, si prevede una manovra nell’ordine di 100 milioni di franchi per riportare in equilibrio le finanze» ha aggiunto Vitta. «Non servono manovre lacrime e sangue - ha aggiunto Bignasca - basta frenare la crescita della spese».

Una mano inattesa

Vitta nelle scorse settimane ha rilanciato il dibattito sulla clausola di salvaguardia, già proposta, ma mai digerita da Berna. Sarà la volta buona? «Staremo a vedere, ma quello che stiamo assistendo è che oggi, come mai era accaduto in passato, l’Italia è preoccupata dalla perdita di posti di lavoro e competenza. Ecco, per la prima volta abbiamo una preoccupazione comune. Noi vediamo la pressione sui salari, loro declinano le loro preoccupazioni nella cosiddetta desertificazione del loro tessuto economico». Per Bignasca «la clausola di salvaguardia potrebbe essere una soluzione. Credo che anche in Lombardia la sensibilità politica si sia finalmente accesa. Nutro delle flebili speranze».

Pare incredibile, per anni ci siamo interrogati sui frontalieri e ora a darci una mano ci pensa la Lombardia stessa? «Non sono stupita dalla posizione dell’Italia - ha aggiunto Mirante - quanto del fatto che c’è visione comune delle parti politiche a considerare il mercato del lavoro sofferente, una grande pressione sui salari. Se finalmente tutta la classe politica presente a questa trasmissione preelettorale riconosce che c’è un problema da affrontare abbiamo almeno fatto un passo in avanti». Della nuova dinamica cosa nel dice Fonio, parlamentare e sindacalista? «Noi negli ultimi anni di proposte ne abbiamo presentate tante. L’elemento centrale è che una Lombardia che funziona a torna ad essere il motore economico dell’Italia, contribuisce a dare respiro anche al nostro tessuto. La Lombardia soffre nei confronti del Ticino ciò che noi soffriamo rispetto a Zurigo. Il mercato del lavoro pare dopato». Per Erez «il frontalierato è un’opportunità, quando i numeri crescono diventa un rischio. Non sono sorpreso dall’Italia. Ci servono più infermieri, allora vogliamo fare qualcosa? Si tratta di permessi e dell’accoglienza che siamo disposti a dare a una categoria di lavoratori, il tutto perseguendo l’interesse generale».

L’humus è favorevole

Restiamo sull’asse Milano-Zurigo per parlare di innovazione. E questo perché nei prossimi anni ci sono delle opportunità da cogliere, anche grazie ai due poli economici citati. «L’apertura della galleria di base ha aperto nuove opportunità, abbiamo aderito alla Greater Zurich Area (GZA) e abbiamo l’USI che ha allacciato delle importanti relazioni. C’è un humus favorevole. Credo che il Ticino potrà crescere se saprà mettersi in rete» ha detto Vitta. E l’innovazione è qualcosa in movimento, al punto che Vitta ha annunciato la revisione della legge che sostiene questo importante e promettente comparto. Dal canto suo Mirante ha parlato della «messa in rete tra Zurigo e Milano, con i centri d’eccellenza che abbiamo in Ticino che risultano fondamentali. Ma ci vuole anche un lavoro più locale sul territorio». Investire senza desistere quindi? «È un investimento strutturale. L’idea del parco dell’innovazione non era possibile averla senza USI e SUPSI». Bignasca si è detto «preoccupato se a fare innovazione sono dei funzionari cantonali, io credo che ciò che è innovazione vada fatta fuori dallo Stato per rendere il tutto più vicino alle imprese. È difficile che chi vive in un ufficio a Bellinzona riesca ad essere vicino a ciò che si muove a livello di imprese». Per Fonio «c’è il sogno di un Ticino che vuole cambiare e non sono tanto critico sul lavoro fatto dai funzionari del DFE». Per Erez «lo Stato non farà l’innovazione, ma può spingere. E in Ticino c’è innovazione anche nell’agricoltura. C’è stato qualcuno che ha prodotto della soia da noi. Facciamo in modo che chi è indipendente risulti anche più protetto. Lo Stato può contribuire a tutto questo».