L’intervista

L’Italia, secondo Alan Friedman, può ancora farcela a riprendersi

Nel suo ultimo libro il giornalista economico USA analizza le recenti svolte politiche avvenute nella Penisola
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Osvaldo Migotto
01.10.2019 06:00

Alan Friedman, per anni una delle più autorevoli firme del Financial Times, dell’International Herald Tribune e del New York Times, è un giornalista esperto di economia che da tempo lavora in Italia come autore, produttore e conduttore televisivo. Ha da poco pubblicato il suo ultimo libro «Questa non è l’Italia», edito da Newton Compton. Ecco come vede la Penisola.

Nel suo ultimo libro lei presenta l’Italia come di un Paese incattivito e intristito. Spesso si sentite dire che sono i discorsi di Salvini ad incattivire gli italiani. Non vi è però una colpa collettiva di una classe politica che nell’ultimo decennio non ha saputo contrastare i crescenti squilibri economici e sociali?

«Assolutamente sì. Nel primo capitolo del mio libro descrivo cosa è accaduto dal crollo della Lehman Brothers e dall’avvio della crisi finanziaria degli ultimi dieci anni, e come il centrosinistra in Italia, Germania, Francia, Stati Uniti e in tutti gli altri Paesi occidentali non abbia capito o abbia ignorato i problemi di diseguaglianza tra i redditi e il disagio sociale. Il centrosinistra non ha capito che c’era ingiustizia e che ciò ha scatenato la rabbia. Questo clima ha spianato la strada al populismo, al nazionalismo, ai cosiddetti uomini forti come Trump, Salvini e ha pure innescato la Brexit».

Nel nuovo Governo italiano vi è chi intende agevolare l’ottenimento della cittadinanza da parte di giovani stranieri ben integrati. Com’è possibile non rendersi conto che per un Paese in grosse difficoltà economiche questo obiettivo non rappresenta una priorità?

«Questo nuovo Governo giallorosso è una miscela composta dai neofiti confusionari dei Cinque Stelle, da veterani come Renzi e anche dalla sinistra radicale. Quindi ci troviamo di fronte un minestrone di centrosinistra, per cui è naturale che si sentano proposte di ogni colore politico. Però secondo me la cosa giusta che questo Esecutivo sta facendo è quella di affrontare la sfida del grosso debito pubblico; lo spazio d’intervento è limitato ma Roma deve mostrare di essere un partner stabile e affidabile in Europa. Questo per me è già un passo avanti, in quanto l’epoca Salvini è stato un periodo buio per l’Italia».

Già oggi, però, vediamo che ci sono opinioni diverse nella maggioranza su come mettere ordine nei conti pubblici. Alla fine si vedrà qualche risultato?

«Le divisioni ci saranno sempre all’interno del Governo. Tuttavia credo che alla fine l’UE concederà all’Italia un po’ di flessibilità, che varrà forse 5 o 6 miliardi di euro di deficit. Mario Draghi ha detto che tutti i Paesi devono usare la spesa pubblica per stimolare l’economia. Il pensiero del presidente uscente della Banca centrale europea è diretto soprattutto alla Germania. Draghi ha poi aggiunto che i Paesi con debito elevato, il riferimento implicito è all’Italia, hanno meno spazio per questi stimoli all’economia. Per cui il Governo italiano può usare una politica economia espansiva, ma il sentiero da seguire è molto stretto».

Negli ultimi anni l’uso dell’insulto e della diffamazione nei confronti dell’avversario politico sta prendendo sempre più piede. Un fenomeno diffuso solo in Italia o anche in altri Paesi occidentali?

«Purtroppo si tratta di una tendenza globale favorita da leader demagogici e populisti dell’estrema destra come Donald Trump, Marine Le Pen in Francia, Viktor Orban in Ungheria o Boris Johnson nel Regno Unito e Salvini in Italia. Tutti questi leader hanno in comune il fatto di predicare l’odio, di usare un linguaggio volgare. Si tratta di politici che usano una retorica incendiaria per accrescere il loro consenso elettorale. E purtroppo questo metodo funzione per accrescere i voti in quanto ci sono tante persone poco istruite che ci cascano».

Il Governo Di Maio-Salvini aveva promesso agli italiani crescita economica e posti di lavoro. Si tratta di promesse non mantenute, eppure molti italiani continuano a sostenere Salvini. Come mai?

«Ricordiamo che l’Italia oggi è un Paese spaccato in due: il 50 per cento della popolazione vuole una politica forte anti-immigrati e un 50 per cento degli italiani dice no a questo giro di vite, in quanto si ritengono cristiani, solidali ed europeisti. Quindi l’Italia è spaccata in due sull’immigrazione, sull’economia, sulla flat tax e su tutto. Questa situazione mi ricorda gli Stati Uniti di Donald Trump; anche questo appare come un Paese diviso in due, con il 50 per cento degli americani che crede a qualunque cosa dica Trump, mentre l’altro 50 per cento ritiene che l’attuale presidente sia un criminale. Quindi l’Italia è spaccata in due, ma nella seconda parte del mio libro vi è una proposta per l’economia, per la crescita e per il lavoro. Una politica che potrebbe riportare l’Italia verso un futuro dignitoso».