Il caso

Lo «scandalo delle nascite controllate»: cos'è successo tra Groenlandia e Danimarca?

Un gruppo di 143 donne ha fatto causa al governo danese per una serie di interventi avvenuti tra gli anni '60 e '70, quando a molte adolescenti Inuit venne impiantato un dispositivo contraccettivo uterino, senza il loro consenso
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Federica Serrao
03.04.2024 09:30

Tra Groenlandia e Danimarca, ultimamente, non corre buon sangue. E gli avvenimenti recenti non fanno altro che peggiorare le cose. Negli ultimi tempi, infatti, è venuto a galla quello che è stato definito un vero e proprio «scandalo», risalente agli anni '70. Periodo in cui, a diverse ragazzine groenlandesi di etnia inuit è stato impiantato, senza il loro consenso, un dispositivo intrauterino. Il motivo? Frenare la crescita della popolazione nella ex colonia danese. Una crudeltà a cui le stesse vittime non riuscivano a opporsi poiché «quando il governo danese diceva qualcosa, la sua parola era legge e dovevi ascoltarlo». 

I fatti

Ma quando e come iniziò tutto? Proviamo a riavvolgere il nastro. Secondo le testimonianze delle vittime, i fatti risalgono agli anni '60 e '70. In quel periodo, diverse ragazze di giovane età (tendenzialmente attorno ai 14 anni) vennero prelevate da presidi e insegnanti, senza alcun preavviso, mentre stavano facendo lezione, per essere portate da un dottore. La maggior parte delle volte, senza ricevere alcuna spiegazione. Venivano chiamate una alla volta, e visitate da un medico che, senza fornire dettagli sull'operazione, impiantava loro un contraccettivo (come una spirale) nei loro organi riproduttivi. Le ragazzine lasciavano l'ospedale doloranti, senza sapere che cosa fosse successo realmente. Ad accompagnarle, solo traumi e cicatrici, non solo fisiche. 

Questa, in sintesi, la procedura a cui molte giovani groenlandesi vennero sottoposte, all'oscuro delle famiglie e senza mai ricevere una spiegazione. Tuttavia, prima che queste storie venissero alla luce, ci sono voluti anni. Più di 40, per la precisione. Solo nel 2017, Naja Lyberth, una delle donne vittima del «piano» della Danimarca,  scoperchiò il vaso di Pandora. La donna, sei anni fa, trovò il coraggio per denunciare quanto vissuto nel 1974, raccontando tutto in un post condiviso sul profilo Facebook. Fu solo in quel momento che altre donne Inuit si unirono al coro, e cominciarono a parlare e a ricostruire quanto accaduto, portando alla luce lo scandalo sepolto sotto il ghiaccio, per così tanto tempo. Ma in un primo momento, le loro voci vennero solo parzialmente ascoltate. 

Una causa firmata da 143 vittime

Oggi, in totale, le vittime riconosciute, che hanno fatto causa allo Stato, sono 143. In totale, però, si stima che tra il 1966 e il 1970 furono colpite fino a 4.500 ragazze e giovani donne, sottoposte quasi sempre a procedure eseguite senza consenso. Tuttavia, il caso, dopo la confessione di Naja Lyberth, attirò in poco tempo l'attenzione mondiale, soprattutto grazie a un'indagine dell'emittente danese. A ottobre, 67 donne si fecero avanti per chiedere allo Stato danese un risarcimento, pena l'avvio di un procedimento legale, senza ricevere una risposta. Questo scatenò un effetto a catena, che portò diverse donne a ricordare e a unirsi al gruppo delle vittime. E facendo ufficialmente causa al governo danese, il caso è tornato realmente sotto i riflettori. E si colloca, come detto, in un contesto già turbolento, in cui la Groenlandia cerca sempre di più la sua indipendenza dalla Danimarca. 

«È fondamentale che la Danimarca si assuma la responsabilità», ha affermato Aaja Chemnitz, membro groenlandese del parlamento danese per gli Inuit Ataqatigiit. «Un totale rifiuto politico di questi casi sarebbe molto dannoso per le relazioni tra Groenlandia e Danimarca». La ministra della sanità danese, Sophie Løhde, dal canto suo, ha sottolineato la tragicità della questione, evidenziando la necessità di  «andare a fondo di quello che è successo». Motivo per cui, ora, un team di ricercatori sta conducendo «un'indagine indipendente e imparziale». 

Convivere con i traumi

Nel rapporto di 146 pagine le vittime hanno elencato, dettagliatamente, che cosa avvenne tra le mura degli ospedali groenlandesi negli anni '70. E non solo. Alcune di loro, oltre al trauma legato al ricordo di quanto accaduto, si portano ancora oggi addosso il peso delle conseguenze che l'intervento ebbe sul loro corpo. Molte donne, infatti, divennero sterili in maniera permanente, dopo che furono costrette a sottoporsi a isterectomia. Altre soffrirono a lungo di forti dolori, infezioni addominali e addirittura di emorragie interne. 

L'ennesima tensione

Come dicevamo, però, questa è solo l'ennesima tensione tra Nuuk e Copenhagen. La prima, risalente al 2022, vide il governo danese scusarsi e pagare un risarcimento a sei Inuit che furono separati dalle loro famiglie all'inizio degli anni '50, sempre nell'ambito di un esperimento – poi fallito – volto a costruire «un'élite di lingua danese in Groenlandia». Lo stesso anno, 26 persone avevano contestato una legislazione che negava ai figli di madri groenlandesi non sposate il diritto di conoscere o ereditare dai loro padri. Un diritto riconosciuto, invece, ai figli danesi, decenni prima.