L'OCSE vede nero: «Dai dazi un colpo alla crescita globale»

I dazi di Trump portano l'economia mondiale verso la crescita più debole che si sia vista dal Covid, dando un colpo particolarmente forte alle prospettive degli USA, e impattando sulla Cina e sull'Europa: il PIL USA verrebbe dimezzato nella sua crescita all'1,6%.
È l'Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE) a fare i conti dopo il 'Liberation Day' con cui Trump - era il 2 aprile - aveva enumerato la lista dei dazi per ciascun Paese. Nel frattempo sono partiti i negoziati, le ritorsioni e le marce indietro, anche se l'accordo con la Cina traballa fra accuse reciproche e l'UE, ad oggi soggetta a dazi del 10%, il prossimo mese andrebbe al 50% senza un'intesa.
Un clima d'incertezza che indebolisce l'economia globale «praticamente senza eccezioni», avverte l'organizzazione parigina. La crescita globale, nei numeri dell'OCSE, si fermerebbe al 2,9% nel 2025 e 2026 dopo aver superato il 3% durante ciascun anno dopo il 2020.
Gli USA tirano il freno a mano, quasi dimezzando la crescita dal 2,8% dello scorso anno ad appena l'1,6% del 2025: con l'aggravante che l'inflazione esacerbata dalla sovrattassa sull'import impedirebbe alla Fed di tagliare i tassi. La Cina ancora alle prese con la crisi immobiliare e con in più le politiche commerciali USA frenerebbe dal 5% al 4,7% e poi al 4,3% nel 2026.
L'Eurozona segnerebbe quest'anno un'accelerazione dallo 0,8% all'1%, trainata dalla tenuta di economie come la Spagna (2,4%). Ma per le venti economie dell'euro si tratta comunque di un peggioramento rispetto all'1,3% stimato lo scorso dicembre, prima dei dazi: pesano la Germania, che dal -0,2% del 2024 accelererebbe a +0,4%, ma meno del +0,9% indicato pochi mesi fa; dell'Italia, che da 0,7% del 2024 rallenta a 0,6% anziché accelerare a 0,9% come l'OCSE pensava a dicembre, dato poi limato a 0,7% a marzo; e infine della Francia, che da 1,1% del 2024 scende a 0,6%.
È l'effetto delle «barriere consistenti al commercio, condizioni finanziarie più restrittive, minore fiducia ed elevata incertezza», dice l'OCSE: in buona parte un mix creato dalla nuova amministrazione USA . L'imperativo è concludere accordi per abbassare i dazi, e alla svelta: «altrimenti - avverte il capo economista dell'OCSE Alvaro Pereira - l'impatto sulla crescita sarà piuttosto significativo».
Se le opzioni della Federal Reserve americana sono limitate dall'inflazione, per la Banca centrale europea (Bce) l'inflazione oggi frenata a 1,9% per il mese di maggio da 2,2% di aprile spalanca la porta ad un ottavo taglio dei tassi già al Consiglio direttivo questo giovedì: si scenderebbe al 2% e l'OCSE riconosce che «il costo del denaro è atteso in ulteriore discesa, fino all'1,75% nella seconda parte dell'anno». Da lì in poi, è buio pesto su cosa farà la Bce: dipenderà in larga parte dal negoziato di Bruxelles con Trump, anche se per ora i dazi - secondo Francoforte - rafforzando l'euro stanno avendo più impatto al ribasso sulla crescita che al rialzo sull'inflazione.
Lo scenario, peraltro, fa i conti con rischi «sostanziali»: un'ulteriore escalation tariffaria o l'eventualità di decisioni improvvise sui dazi; un atteggiamento più prudente di imprese e consumatori; e il perdurare di un ri-apprezzamento dei rischi sui mercati finanziari«, cenno implicito all'insolita debolezza del dollaro associata a forte rialzo dei rendimenti sul debito USA sui timori per il bilancio federale USA.