Pandemia

L’ombra del coronavirus sulla movida milanese

Negli esercizi pubblici lungo il Naviglio c’è nervosismo per il nuovo preannunciato giro di vite del Governo Conte - Controlli a tappeto degli agenti della Polizia locale - La chiusura anticipata alle 24 potrebbe abbattersi come una scure su bar e ristoranti della zona - IL REPORTAGE
Molti controlli nell’ultimo sabato sera prima del nuovo decreto Conte per contenere i contagi del coronavirus. ©CdT/AC
Andrea Colandrea
13.10.2020 07:31

Finita sotto attacco per i suoi protagonisti più indisciplinati, la movida milanese è tornata nel mirino delle istituzioni e dell’opinione pubblica. Ecco cosa abbiamo visto in zona Navigli, una delle piazze più gettonate dal popolo notturno in attesa del varo del nuovo decreto del Governo Conte per contenere i contagi da COVID-19.

Con l’arrivo del buio, quando le luci e le insegne colorate cominciano a riflettersi nelle ferme acque del Naviglio, l’atmosfera del sabato sera lungo Ripa di Porta Ticinese si scalda man mano che il passaggio pedonale davanti a bar, ristoranti e negozi si ripopola e lascia ben sperare soprattutto la categoria degli esercenti, a lungo vessati per il lockdown e una tardiva e faticosa ripartenza. Davanti alla Darsena, dove il flusso dei passanti è più denso, centinaia di persone di ogni età passeggiano su e giù per il corso - mascherine indosso - pronte a trascorrere un nuovo fine settimana in cerca di svago e relax, magari per bere una bibita o consumare una cena «light» nel primo angolo disponibile. Avvenenti ragazze e ragazzotti cercano di attirare nuovi clienti nei numerosi locali allineati sui due lati dell’antico percorso d’acqua. «Ragazzi venite a bere un aperitivo?» riecheggia come un mantra lungo tutto il percorso. È una caccia al cliente che ha da sempre una sua ragion d’essere. Ma oggi ancora più di prima.

«Con il coronavirus abbiamo perso il trenta-quaranta per cento dei clienti. Si lavora per tenere aperto, non certo per guadagnare chissà che cosa», è l’analisi alla spicciolata di una cameriera in forze a un ristorante sotto il secondo ponte di ferro, che ha appena riapparecchiato una tavola. Anche in tarda serata, i locali appaiono bene occupati, sia dentro che fuori, «ma non si può fare un paragone con la situazione di un anno fa», specifica un giovane cameriere in u n altro locale poco più avanti. Dribblando una moltitudine di teenager, ma anche persone di mezza età e perfino qualche giovane famiglia che ha azzardato una passeggiata al buio prima di far rientro a casa (magari con la carrozzina da spingere e i figli in braccio), a ridosso del Naviglio spicca un certo numero di agenti della Polizia locale. Girano in piccoli gruppi. È loro il compito di vigilare sul rispetto dell’ultimo decreto del presidente del Consiglio dei ministri (DPCM) - che settimana scorsa ha introdotto l’obbligo dell’uso della mascherina anche all’aperto - oltre a dover tenere a bada eventuali esagitati che avessero alzato il gomito intenzionati a creare disordine.

Idillio di facciata

Per la verità lungo il fiume tutto sembra tranquillo. Ma la sensazione, soprattutto tra gli addetti ai lavori, è quella di un diffuso nervosismo. Nei bar e ristoranti l’idillio pare essere più di facciata. Quasi si fosse davanti ad una sorta di recita finalizzata ad esorcizzare una paura: quella che da mesi accompagna la psiche di chi lavora per l’arrivo della pandemia. «Del domani non c’è certezza», ironizza l’aiutante di un bar, che si risistema la mascherina prima di sanificare un tavolo e che se la prende con filosofia.

Il nuovo giro di vite del Governo Conte messo a punto ieri sera per limitare i contagi del virus (sul nuovo DPCM c’è stato il confronto con le Regioni), apre la via - appunto - alla chiusura dei locali con servizio al tavolo alle 24, mentre quelli che non hanno questo servizio devono chiudere alle 21. L’obiettivo è «evitare il consumo di cibo in piedi fuori dai locali e in strada» è stato evidenziato a Roma. La movida è sotto tiro. E anche qui a Milano lo si sa.

«Ci andiamo di mezzo sempre noi. Come vuoi che si possa stare se non si sa cosa succede domani? Qui si fanno decreti a getto e non sai mai cosa aspettarti» si lamenta un giovane addetto ad attirare la clientela in uno dei primi ristoranti-pizzeria vicino al porto. E rilancia: «Hanno preso di mira noi, sembra che il virus si concentri nei bar qui davanti. Sono stufo di rispondere sempre alle stesse domande. Non ne possiamo più, vogliamo lavorare e non pensare ad altro».

Nervosismo

Il nervosismo, pochi giorni fa, era venuto a galla ancora una volta nel quadro delle critiche agli assembramenti che sono stati denunciati ancora una volta dal sindaco Giuseppe Sala. A distanza, il governatore della Liguria (sabato stesso) aveva emblematicamente cinguettato: «Sento sempre prendere di mira gli stessi obiettivi: i giovani, gli aperitivi, i ristoranti, i locali, quasi che insieme alla pandemia si volesse anche punire, moralisticamente, chi ha il coraggio di uscire e fare la sua vita». Apriti o cielo. I social, come prevedibile, si sono scatenati.

In questi difficili momenti, la saggezza popolare può - a sorpresa - albergare anche tra i più giovani. Una graziosa ventenne sintetizza: «Conte vuole anticipare le chiusure alle 24? Perderemmo quattro ore di lavoro. Vuol dire che apriremo prima, prepareremo le colazioni. Il Naviglio di mattina è stupendo, anche se è deserto. Non fa nulla, la vita va avanti!»

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