Londra e Parigi pronte a inviare truppe, e Washington non firma la risoluzione ONU contro Mosca

Anche una conferenza stampa che salta fa notizia. Soprattutto se, di fronte ai giornalisti, avrebbero dovuto esserci il presidente di un Paese in guerra e il suo più importante alleato. Così, quando ieri pomeriggio Serhiy Nikiforov, portavoce di Volodymyr Zelensky, ha annunciato che lo stesso Zelensky e l’inviato speciale della Casa Bianca per la crisi ucraina Keith Kellogg non avrebbero risposto alle domande dei cronisti, una ridda di ipotesi ha subito cominciato a rimbalzare sui siti e sui portali d’informazione di tutto il mondo.
Nikiforov non ha fornito altre spiegazioni se non che la cancellazione della conferenza stampa era stata decisa «in conformità con i desideri degli Stati Uniti». E la cosa ha fatto subito scrivere all’Associated Press che «l’incontro era stato soppresso a causa dell’approfondirsi delle tensioni politiche tra i due Paesi su come porre fine al conflitto di quasi tre anni con la Russia».
Al di là di ogni possibile considerazione, è del tutto evidente che la decisione presa ieri a Kiev rimanda a una situazione di autentica tensione tra Stati Uniti e Ucraina, cresciuta di tono nelle ultime ore dopo che Donald Trump ha definito Zelensky «dittatore» e il presidente ucraino ha risposto a tono accusando il capo della Casa Bianca di fare da eco alla propaganda russa.
L’Ucraina, temendo le conseguenze di un allentamento dei legami con Washington, sin qui il suo più grande alleato, aveva fatto trapelare il desiderio di fare in modo che l’incontro servisse a impedire la degenerazione dello scontro verbale in una disputa fuori controllo. «È fondamentale per noi che la nostra cooperazione complessiva con gli USA sia costruttiva», aveva detto Zelensky mercoledì in un discorso trasmesso anche in Tv.
In Ucraina, però, così come ha scritto il New York Times, c’erano molte «preoccupazioni sul fatto che Kellogg, generale in pensione e consigliere di lunga data di Trump in materia di sicurezza, fosse stato escluso dalla squadra negoziale dell’amministrazione, dal momento l’80enne ex generale non fa parte del gruppo» inviato in Arabia Saudita per incontrare i russi e avviare «quelli che la Casa Bianca ha definito colloqui di pace».
In realtà, ancora ieri Kellogg ha detto che gli Stati Uniti stanno conducendo «discussioni separate» su un potenziale accordo di pace con la Russia e con l’Ucraina e che lui sta guidando il percorso USA-Ucraina, mentre Steve Witkoff, inviato di Trump per il Medio Oriente, è responsabile del percorso USA-Russia. Entrambi, ha spiegato ancora Kellogg, torneranno poi a Washington per confrontare le note e determinare i prossimi passi.
Un accordo complicato
Oltre a discutere un possibile percorso per un accordo di pace con Zelensky, ci si aspettava che Kellogg affrontasse la questione dell’accordo chiesto da Washington per l’accesso alle risorse naturali ucraine come compensazione per gli aiuti passati e, possibilmente, come garanzia per l’assistenza futura. Più volte Trump ha insistito sulla necessità che Kiev «risarcisse» agli Stati Uniti quanto speso per la difesa dell’Ucraina. E, nei giorni scorsi, il segretario al Tesoro Scott Bessent ha presentato a Zelensky una bozza d’accordo giudicato però dal presidente ucraino del tutto irricevibile. È questo uno dei motivi di maggiore attrito, e gli americani non lo nascondono. Il consigliere per la sicurezza nazionale USA Mike Waltz, intervistato da Fox News, ha detto ieri che l’Ucraina deve «abbassare i toni» delle sue critiche a Trump e, a proposito della «relazione incrinata» tra i due Paesi, Waltz ha invitato Kiev a «esaminare attentamente la situazione» e a «firmare l’accordo» sui minerali strategici proposto dagli Stati Uniti.
Il piano anglo-francese
Sempre ieri, intanto, il portale del quotidiano londinese Daily Mail ha rivelato alcuni dettagli del piano messo a punto dai Governi di Francia e Gran Bretagna per garantire la sicurezza dell’Ucraina dopo un eventuale cessate il fuoco con la Russia. Londra e Parigi vorrebbero schierare non meno di 30 mila uomini come parte di una forza di peacekeeping, chiedendo agli USA unicamente la copertura aerea.
Il premier britannico Keir Starmer discuterà questo piano a Washington la prossima settimana direttamente con Trump (la Casa Bianca ha confermato l'incontro per giovedì). La «forza di rassicurazione» anglo-francese dovrebbe presidiare i siti infrastrutturali chiave di tutto il Paese. Mentre la presenza di truppe occidentali dovrebbe servire a scoraggiare futuri attacchi russi.
Ma da Mosca l’idea è stata immediatamente respinta, con i soliti toni ultimativi. Il portavoce del Cremlino Dmitry Peskov ha definito la proposta anglo-francese come «inaccettabile» dopo che il ministro degli Esteri russo, Sergei Lavrov, aveva bollato la prospettiva di truppe NATO sul campo in Ucraina come una «minaccia diretta» alla sicurezza russa.
No alla risoluzione ONU
Gli Stati Uniti non firmano la bozza di risoluzione ONU che, a tre anni dall’invasione russa dell’Ucraina, dovrebbe sostenere l’integrità territoriale di Kiev e condanna l’aggressione decisa da Vladimir Putin. La notizia è stata confermata ieri pomeriggio alla Reuters da tre fonti diplomatiche e segna, secondo quanto scrive l’agenzia britannica, «un potenziale, netto, cambiamento da parte del più potente alleato occidentale dell’Ucraina».
La decisione di Washington conferma, una volta di più, la spaccatura sempre più profonda fra Volodymyr Zelensky e Donald Trump, il quale pensa di poter porre rapidamente fine alla guerra senza il coinvolgimento di Kiev.
La bozza di risoluzione da far votare all’Assemblea generale delle Nazioni Unite, visionata da Reuters, condanna l’aggressione russa e riafferma l’impegno «per la sovranità, l’indipendenza, l’unità e l’integrità territoriale dell’Ucraina all’interno dei suoi confini riconosciuti a livello internazionale».
In questi tre anni di guerra, «gli Stati Uniti hanno costantemente condiviso tali risoluzioni a sostegno di una pace giusta in Ucraina», ha detto ieri una delle fonti diplomatiche alla Reuters. La scelta di cambiare orientamento apre una crisi potenzialmente molto grave per Kiev che ha utilizzato decine di miliardi di dollari di aiuti militari USA per resistere all’invasione e ha anche beneficiato del sostegno diplomatico occidentale.
Al momento, non è chiaro se sia stato fissato un termine ultimo per sostenere la bozza di risoluzione e, soprattutto, nessuno sa se Washington cambierà o meno idea.
Il voto ONU, visto come un importante indicatore del sostegno globale all’Ucraina di fronte all’apparente spostamento dell’amministrazione Trump verso la posizione della Russia, potrebbe andare avanti senza il sostegno americano, ma in questo caso avrebbe quasi certamente meno probabilità di ottenere un ampio sostegno.
Una delle fonti diplomatiche citate dalla Reuters ha spiegato che «Per ora, la situazione è chiara: gli Stati Uniti non firmano il documento».