L’ONU dichiara lo stato di carestia: «A Gaza si sta morendo di fame»

Nowhere to go, no way to survive: nessun posto dove andare, nessun modo per sopravvivere. Comincia così il lungo reportage con cui il quotidiano israeliano Haaretz apriva, questo pomeriggio, il suo sito Internet. Comincia con la disperazione e la rassegnazione degli abitanti di Gaza, i quali - sotto il fuoco dei tank israeliani che radono al suolo la città - non possono più nemmeno fuggire. Haaretz è sicuramente una voce critica con il Governo di Benjamin Netanyahu, ma è anche il più antico e autorevole giornale israeliano. E il racconto dei cronisti del quotidiano di Tel Aviv non lascia indifferenti nemmeno coloro i quali sostengono che è in atto, nel mondo, una campagna antisemita tesa a screditare lo Stato ebraico.
Oltretutto, alla distruzione di Gaza, si è unita anche la carestia. Gli ultimi rapporti degli esperti di sicurezza alimentare che da mesi lanciano l’allarme sulla grave carenza di cibo e sulla malnutrizione nella Striscia hanno spinto l’ONU a dichiarare ufficialmente lo stato di carestia a Gaza, la prima in Medio Oriente.
Già nel mese di luglio, gli analisti dell’Integrated Food Security Phase Classification (IPC, il gruppo di organizzazioni internazionali che raccoglie e analizza i dati sulla sicurezza alimentare nel mondo, ndr) avevano avvertito dell’ormai «incombente carestia in tutta Gaza». Oggi, la stessa IPC ha confermato lo stato di emergenza nel Governatorato palestinese - che comprende Gaza City e l’area circostante - e ha, nel contempo, avvertito che la carestia potrebbe diffondersi al sud e al centro di Gaza entro la fine di settembre.
Il generale druso Ghassan Alian, coordinatore delle Attività governative nei territori (COGAT), l’agenzia israeliana responsabile della gestione dell’ingresso degli aiuti a Gaza, ha subito respinto le conclusioni dell’IPC. «Il rapporto si basa su fonti parziali e inaffidabili, molte delle quali affiliate ad Hamas, e ignora palesemente i fatti e gli ampi sforzi umanitari guidati dallo Stato di Israele e dai suoi partner internazionali», ha detto Alian.
Pesanti accuse
Ma il punto non è soltanto la carestia, quanto piuttosto l’accusa al Governo di Tel Aviv - formulata in un rapporto congiunto di Forensic Architecture (FA) e World Peace Foundation (WPF) - di avere smantellato il collaudato (e sostenuto a livello internazionale) «modello civile di distribuzione degli aiuti, promuovendo i suoi obiettivi militari e, a Gaza, favorendo la fame».
Il rapporto dell’agenzia di ricerca londinese e della fondazione filantropica del Massachussets, nata nel 1910 e oggi diretta dall’antropologo Alex de Waal, ha esaminato due modelli per la distribuzione degli aiuti a Gaza, e ha rivelato come dal 18 marzo 2025 Israele abbia appunto «smantellato il modello civile di distribuzione degli aiuti, sostituendolo con un modello militare che promuove gli obiettivi bellici e politici di Israele a Gaza, mentre affama la regione e la popolazione civile».
FA e WFP hanno verificato almeno 64 episodi avvenuti tra il 18 marzo e il 1. agosto, con civili attaccati dall’IDF mentre cercavano aiuto. Di questi episodi, 25 si sono verificati nei pressi o intorno alle stazioni di razionamento della Gaza Humanitarian Foundation, la discussa organizzazione americana istituita nel febbraio 2025 per distribuire aiuti umanitari nella Striscia.
Il rapporto di FA e WFP si conclude sostenendo che «Israele ha utilizzato gli aiuti per smantellare le strutture sociali e civili esistenti a Gaza, fondate sulle relazioni tra reti familiari, gruppi politici e organizzazioni umanitarie internazionali, per generare dipendenza e, di conseguenza, per stabilire un controllo politico sulla popolazione palestinese».
Secondo Eyal Weizman, direttore di Forensic Architecture, «l’aiuto può essere letale se usato in modo manipolativo. Abbiamo svelato l’architettura della fame imposta da Israele a Gaza. Essa è composta da atti di costruzione e distruzione: la distruzione dell’agricoltura palestinese e della sovranità alimentare, la distruzione della società civile palestinese e la costruzione di trappole mortali».
Le reazioni
Moltissime le reazioni a quanto sta avvenendo nella Striscia.
«Il rifiuto del Governo israeliano di consentire l’ingresso di aiuti sufficienti a Gaza ha causato la catastrofe della carestia, che rappresenta un oltraggio morale», ha detto il ministro britannico degli Esteri David Lammy dopo la pubblicazione del rapporto IPC. Un documento, ha aggiunto Lammy, che «evidenzia chiaramente le conseguenze disastrose, soprattutto per i bimbi».
«Proprio quando sembra non ci siano più parole per descrivere l’inferno a Gaza, se ne aggiunge una nuova: carestia. Non è un mistero, si tratta di un disastro creato dall'uomo e di un fallimento dell’umanità - ha scritto su X il segretario generale dell’ONU António Guterres - La carestia non riguarda solo il cibo, è il collasso deliberato dei sistemi necessari per la sopravvivenza umana. I bambini stanno morendo di fame. E chi ha il dovere di agire sta fallendo. In quanto potenza di occupazione, Israele ha obblighi inequivocabili in base al diritto internazionale, compreso il dovere di garantire forniture di generi alimentari e medicinali alla popolazione. Non possiamo permettere questa situazione vada avanti nell’impunità. Basta scuse. Il momento per agire non è domani, è ora. Servono un cessate il fuoco immediato, il rilascio di tutti gli ostaggi e accesso umanitario completo e senza restrizioni».
La risposta di Netanyahu a Guterres è stata tuttavia di segno diverso. Il primo ministro israeliano ha definito il rapporto dell’IPC «una menzogna totale. Questa non è un’analisi, è una moderna calunnia del sangue, che si diffonde a macchia d’olio attraverso il pregiudizio. La storia giudicherà chi la diffonde. Israele non adotta la politica di affamare. Israele ha una politica di prevenzione della fame. Gli unici ad avere fame sono gli ostaggi israeliani ancora trattenuti nell’enclave palestinese».