L'ora di Kamala Harris, Chicago pronta a fare la storia

È l'ora di Kamala Harris, che potrebbe fare la Storia diventando la prima presidente donna, nonché di colore, degli Stati Uniti.
Dopo il Trump-show alla convention repubblicana, i riflettori sono puntati sul nuovo ticket presidenziale guidato dalla vicepresidente. In una Chicago blindata fra le manifestazioni pro-Gaza e la presenza di molti vip, si apre lunedì la kermesse dei democratici che incoronerà pubblicamente Harris e il suo numero due, il governatore del Minnesota Tim Walz.
All'appuntamento la vicepresidente si presenta con i sondaggi che la indicano testa a testa, se non in lieve vantaggio, su Donald Trump anche negli Stati in bilico, inclusa quella North Carolina che i democratici sognano di strappare ai repubblicani.
Il «Kamalanomenon» ha colto di sorpresa tutti gli osservatori: nell'arco di pochi giorni Harris è riuscita a restituire speranza agli elettori liberal, riaccendendo quell'entusiasmo che non si vedeva dai tempi di Barack Obama. Divenendo il nuovo simbolo della cultura pop, la vicepresidente «rock-star» sta facendo tremare i repubblicani che, di fronte alla sua ascesa, temono ora di perdere non solo la Casa Bianca ma anche il Congresso.
La strada verso la vittoria però non è tutta in discesa per Harris. Nonostante l'entusiasmo e lo svanire dell'ipotesi recessione per gli Stati Uniti, la vicepresidente deve ancora conquistare gli uomini bianchi e quelli afroamericani, le categorie più restie a votare una donna per la presidenza. Ma non essendo più il 2016 - anno della clamorosa sconfitta di Hillary Clinton -, la vicepresidente e i democratici sperano nell'impresa, per la quale la convention democratica è un tassello cruciale.
Alla kermesse sono attesi tutti i grandi nomi del partito. La prima serata vedrà come protagonisti Joe Biden e Hillary Clinton. Martedì invece toccherà a Barack Obama mentre mercoledì, la serata del candidato vicepresidente Tim Walz, sarà la volta di Bill Clinton. Harris sarà incoronata nella serata finale di giovedì, quando terrà il discorso di accettazione di una nomination che ha già incassato con una call virtuale dei delegati per evitare problemi legali nel voto in Ohio.
Sul palco sono attese anche molte star. Mentre in tanti sognano l'arrivo di Taylor Swift e Beyoncé, fra i vip che sicuramente parteciperanno c'è Julia Louis-Dreyfus, la protagonista di Veep, la prima serie con una donna vicepresidente. L'attrice guiderà un panel di sole donne con l'obiettivo di mettere in evidenza i temi che stanno più a cuore all'elettorato femminile, a partire dal diritto di scelta sul proprio corpo.
Per Biden la convention è invece un'occasione per congedarsi dal partito che negli ultimi mesi, è la sua convinzione, gli ha girato le spalle dopo 50 anni di carriera. E nei confronti dei vertici democratici la sua irritazione e rabbia sono palesi. Biden dopo il suo intervento lascerà Chicago senza neanche attendere Obama.
Il presidente ritiene infatti il suo ex capo e l'ex speaker della Camera Nancy Pelosi gli architetti della sua espulsione dalla corsa alla Casa Bianca. Ci sono stati loro - è la tesi del presidente - dietro il pressing che lo ha spinto contro la sua volontà a lasciare la corsa alla Casa Bianca e ad aprire la strada a Harris. Ed è proprio per questo che Biden da settimane non ha rapporti con Pelosi nonostante i decenni di amicizia che li lega.
A spingere l'ex speaker della Camera a intervenire, e potenzialmente cambiare l'esito del voto, sono stati i sondaggi che indicavano Biden in caduta libera dopo il disastroso dibattito con Trump. «Tutti sanno che l'obiettivo di Pelosi è 'come vincere'. Biden ha fatto la cosa giusta, e lei ha fatto la cosa giusta a spingerlo» a ritirarsi, ha detto David Axelrod, l'ex consigliere di Obama. «Di Pelosi si può dire tutto, l'unica cosa che non si può dire è che non sia una vincente», ha aggiunto.
Anche se la corsa è ancora tutta da giocare, l'ex speaker della Camera, scommettendo sulla rimozione di Biden e su Harris, un importante risultato lo ha già raggiunto: ha rilanciato una campagna che sembrava ormai chiusa e messo in difficoltà Trump e il suo staff che, a 80 giorni dal voto, vedono sfuggirsi di mano una vittoria che sembrava a portata di mano. La partita ora invece si è riaperta.