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Luci e ombre sugli accordi di Schengen

Più vantaggi o svantaggi per la Confederazione? Ne ha discusso il Consiglio nazionale, ecco cosa è emerso - Carlo Sommaruga: «Ora sappiamo qual è la posta in gioco il 19 maggio» - Quadri: «Solo uno spauracchio»
(foto Reguzzi)
AtseAnna Riva
21.03.2019 20:45

BERNA - Gli accordi di Schengen hanno portato più vantaggi o svantaggi per la Svizzera? Di questa questione ha dibattuto oggi il Consiglio nazionale discutendo un rapporto redatto in seguito all’adozione di un postulato del gruppo socialista.

Il PS considera i risultati del rapporto come una conferma della sua posizione su Schengen. Carlo Sommaruga (PS/GE) ha dichiarato che il bilancio è positivo per la Svizzera. Il documento mostra quale sia la vera posta in gioco nella votazione del 19 maggio sulla trasposizione nel diritto elvetico delle recenti direttive UE sulle armi. Un «no» rischia di portare al ritiro da Schengen, ha sostenuto il ginevrino.

Sulla stessa lunghezza d’onda si sono espressi Kathy Riklin (PPD/ZH) - «Schengen porta grossi vantaggi economici» - e Hans-Peter Portmann (PLR/ZH) - «è uno strumento di sicurezza indispensabile».

Di tutt’altro avviso i parlamentari UDC secondo cui Schengen, e la fine dei controlli sistematici alle frontiere, hanno causato un aumento della criminalità. Non si deve fingere che Schengen sia indispensabile e attaccare coloro che hanno un’opinione diversa, ha sostenuto Roland Büchel (UDC/SG).

Il consigliere federale Ignazio Cassis ha ammesso che c’è la sensazione nella popolazione che la criminalità sia aumentata, anche in Ticino. Tuttavia, se si guardano le cifre nude e crude si constata invece che i crimini sono diminuiti. Il governo, ha proseguito il ministro degli esteri, ritiene che i vantaggi dell’adesione a Schengen e Dublino siano chiaramente superiori agli svantaggi.

Il rapporto afferma che il cosiddetto «visto Schengen» e l’assenza di controlli sistematici alle frontiere sono importanti per l’economia svizzera, in particolare per le regioni di confine e il settore del turismo. Anche dal punto di vista finanziario la partecipazione a Schengen e Dublino è vantaggiosa, in particolare grazie ai risparmi nel settore dell’asilo.

Ciò è dovuto alla possibilità per il nostro Paese di trasferire ad altri Stati Dublino un numero nettamente più elevato di richiedenti l’asilo di quanti non ne debba accogliere. I risparmi sono pari a circa 270 milioni di franchi l’anno.

Senza gli accordi di Dublino, afferma ancora il rapporto, molti richiedenti asilo rimarrebbero più a lungo in Svizzera. Ogni «asilante» la cui domanda è stata respinta in uno Stato Dublino potrebbe inoltre presentare una nuova richiesta in Svizzera. Questa, contrariamente a quando avviene oggi, dovrebbe essere esaminata nell’ambito della procedura ordinaria.

Se la Svizzera non fosse più un membro associato agli accordi di Schengen e Dublino, inoltre, verrebbero introdotti controlli sistematici alle frontiere. Ciò comporterebbe lunghi tempi di attesa ai valichi di frontiera.

L’uscita da Schengen/Dublino provocherebbe così per l’economia svizzera, entro il 2030, una perdita annua di reddito compresa tra i 4,7 e i 10,7 miliardi di franchi, corrispondente a un calo del prodotto interno lordo (PIL) compreso tra l’1,6 e il 3,7%.

La sostanza del documento è «assolutamente opinabile» per il leghista Lorenzo Quadri (membro del gruppo parlamentare UDC) . «Prima di tutto, l’autore di questo studio è Ecoplan, che aveva già fatto un rapporto sui Bilaterali che era già stato contestato tra l’altro. È chiaro che si parla di stime, ma si va da costi in caso di uscita da qui al 2030 da 4,7 a 10,7 miliardi, quindi c’è dentro tutto e il contrario di tutto». Per il deputato si tratta di «e un balletto di cifre; ognuno le presenta come vuole».

Un dato di fatto sicuro per il ticinese è che «questi accordi comportano una perdita importante di sovranità, e questo non ha prezzo. E lo vediamo proprio in questo momento, perché in maggio ci sarà la votazione sul referendum contro l’adeguamento alla direttiva UE sulle armi. E naturalmente proprio in quest’ambito come spauracchio viene evocata la possibile espulsione della Svizzera da Schengen nel caso in cui la Svizzera non dovesse adeguarsi. Prima del 2005 non eravamo associati a Schengen, non ricordo code interminabili alle dogane. Il turismo andava meglio di adesso. I frontalieri c’erano già, meno di adesso ma comunque c’erano. In ogni caso, tutto era assolutamente gestibile anche senza Schengen. Sembra che prima di Schengen la Svizzera fosse vissuta per anni nel Medioevo».

Per quanto riguarda lo scambio di informazioni, « questo non è l’unico sistema, avrà una sua portata ma ci sono delle alternative». Infine, «Dublino è messo in discussione a livello europeo. Perché per ovvi motivi i Paesi di primo arrivo non sono contenti. Visto come sono i rapporti di forza, potrebbe anche capitare che gli accordi Dublino vengano stravolti completamente. E noi ci troveremmo da un lato con “Schengen-frontiere-spalancate”, dall’altra senza più la possibilità Dublino di rinvio».