Podcast

Lugano-Roma, solo andata: dallo scossone al complotto tra un bicchiere di vino e una carbonara

Una frase pronunciata durante una cena (informale) crea uno scontro tra Quirinale e Palazzo Chigi, poi Meloni incontra Mattarella – Jenny Covelli (eccezionalmente) e Carlo Tecce si confrontano sui temi più caldi della settimana a cavallo del confine
© KEYSTONE (EPA/FABIO FRUSTACI)
Jenny Covelli
Carlo Tecce
22.11.2025 06:00

È stata una settimana interessante a Roma, dallo scontro alla tregua tra Quirinale e Palazzo Chigi.
«Che cosa è successo? Su un giornale di destra, La Verità, è stato pubblicato un retroscena nel quale si dava conto di una dichiarazione non ufficiale, ma durante una cena di Francesco Saverio Garofani che è un consigliere del presidente della Repubblica Mattarella che è anche segretario del Consiglio supremo di difesa. Cosa ha detto Garofani di così tanto grave secondo La Verità? Ha detto che si aspettava uno "scossone" agli equilibri politici perché altrimenti il centrosinistra non avrebbe mai potuto sconfiggere il centrodestra – quindi la Meloni – alle prossime elezioni politiche nel 2029».

Si urla al complotto?
«Complotto secondo La Verità. Un complotto che si è consumato a cena, in un contesto da La Grande Bellezza sulla terrazza Borromini. Piano piano sono venuti fuori tutti i dettagli e pare che la parola "scossone" non sia mai stata utilizzata. Il salto di qualità politico è avvenuto quando il capogruppo di Fratelli d'Italia, Galeazzo Bignami, ha chiesto un commento, una smentita, una presa di posizione ufficiale del Quirinale sul retroscena de La Verità».

E che cosa ha fatto il Quirinale?
«Il Quirinale ha risposto in maniera dura, severissima, piccata e quindi è iniziata la baruffa politica con i comunicati e le dichiarazioni. Finché tutto si è più o meno chiuso con una visita al Quirinale della stessa presidente Meloni. Nel frattempo sono emersi vari dettagli. Uno: questa stessa notizia era stata recapitata via mail attraverso un indirizzo intestato a un certo Mario Rossi, nome neutro per eccellenza in Italia. Altro dettaglio: questa dichiarazione di Garofani è avvenuta durante una cena, un incontro conviviale tra romanisti dopo l'evento di un'associazione dedicata ad Agostino Di Bartolomei, storico capitano della Roma suicidatosi nel 1994. Un evento organizzato dal figlio Luca, una bravissima persona, imprenditore nel campo informatico, anche lui di comprovata fede romanista e con un passato attorno al Partito Democratico».

Perché a Roma si parla di «ferita»?
«Ecco, tutti questi dettagli hanno piano piano sgonfiato il complotto, ma hanno lasciato certamente una ferita nei rapporti di fiducia tra la presidenza del Consiglio e la presidenza della Repubblica. Non tanto per quello che ha detto Garofani a tavola, mangiando a Roma tra romanisti in una serata a piazza Navona. La cicatrice viene lasciata perché la ferita riguarda la fiducia che le due istituzioni cardine del Paese, una verso l'altro, percepiscono e lasciano percepire poi ai cittadini italiani. Anche il Corriere della Sera ha scritto che la cicatrice c'è e resta nei rapporti».

Per una frase detta a cena?
«Sai, Garofani è un ex parlamentare del Partito Democratico, ha avuto una storia di giornalista sempre in quotidiani dei democratici di sinistra, e non ha fatto nessuna dichiarazione ufficiale né nell'esercizio delle sue funzioni. Ha fatto un commento, anche scontato. Durante una tipica situazione romana, in una conversazione, a cena, un bicchiere di vino, una carbonara. Dice "sai, quest'anno la Roma vince lo scudetto e, chissà, magari nel 2029 la Meloni sarà presidente della Repubblica". Quelle cose che non hanno nessun senso, però prese e messe su un giornale, addirittura elevando quella che era una frase detta in un momento conviviale a "complotto" veramente ce ne passa».

Insomma... nessuno si fiderà mai più dei camerieri...
«Nessuno si fiderà più dei camerieri, nessuno si fiderà più dei commensali. Anche se dovrebbero essere tutti di di fede romanista chissà, magari sotto al tavolo c'era qualche laziale. Anche perché ogni giorno vediamo che si smonta un po' la stessa ricostruzione della cena. Non si sa neanche realmente cosa abbia detto Garofani. Pare che neanche abbia pronunciato la parola più temuta, anche più abrasiva per La Verità che è stata "scossone". "Scossone" che è stato tradotto in "complotto". E mancando lo scossone manca anche la grande iperbole del complotto».

Senti, ma a proposito di fede romanista, io resterei sul calcio dicendoti che la Svizzera si regala il Mondiale, il suo 6. consecutivo. E l'Italia?
«Probabilmente si regalerà la terza esclusione consecutiva. Lo dico anche un po' per scaramanzia... L'Irlanda del Nord non vince da tempo immemore in trasferta, quindi l'Italia è favorita. Ma l'Italia, secondo, me non è favorita neanche con il mio Avellino, perché la questione è mentale, non solo tecnica. Dopodiché, superata l'Irlanda del Nord a Bergamo – ed è possibile – l'Italia dovrebbe sfidare in trasferta una tra Bosnia e Galles».

Comunque c'è tristezza...
«Un vero e proprio senso di tristezza. Un tempo non era immaginabile pensare a un Mondiale senza Italia. Oggi siamo qui a fare pronostici e a sperare. Ma che cosa andrebbero a fare gli Azzurri ai Mondiali? A rifare la stessa figuraccia fatta con la Svizzera, con l'Italia che era la Panda e la Svizzera la Ferrari? Meglio ripensare a quando l'Italia ha saputo scrivere pagine epiche».

Insomma, non è più il calcio di una volta.
«La FIFA ragiona con altre logiche, penalizza l'Europa cercando di creare un calcio più globale, che non sia globale dal punto di vista del dello spettacolo ma dal punto di vista dell'efficienza e del ritorno economico. È una manifestazione ormai soppiantata dallo sport dei singoli e dei club. Il Mondiale oggi vale molto meno del Mondiale che l'Italia ha vinto nell'82. È tutto più immediato, è tutto più visibile, è tutto più vicino. Adesso quasi tutte le Nazionali giocano allo stesso modo. Prima c'è la cultura sudamericana, africana, europea dell'Est, del Nord, mediterranea. Adesso è tutto omologato. E tutta una grande catena, come McDonald's o Zara. Lo sport è un po' come il corso di una qualsiasi città medio-grande, con le stesse marche. Ecco io questo non riesco a pensarlo e con questo mi congedo».

In questo articolo: