L’Ulisse di Locarno e le nozze a tappe

Pochi forse lo sanno, ma l’«Ulisse» di James Joyce prese forma anche a Locarno, dove lo scrittore irlandese si rifugiò durante la Prima guerra mondiale. Non vorremmo esagerare, ma negli abitanti di Dublino al centro del celebre romanzo potrebbe esserci qualche caratteristica interiore e/o esteriore dei cittadini che incontrò sulle rive del lago Maggiore. Come Leopold Bloom, il futuro sindaco della città sopracenerina che succederà il prossimo 14 aprile ad Alain Scherrer (il quale lascia dopo nove anni in qualità di primus inter pares e quasi cinque lustri dedicati alla cosa pubblica) dovrà essere in grado di adattarsi velocemente all’importante incarico e, perché no, tener conto di quel flusso di coscienza contraddistinto dai pensieri a getto continuo, alla stregua di quelli del protagonista dell’opera letteraria. Solo con idee all’apparenza fuori dagli schemi, osando, si può a volte portare un contributo fattivo al bene comune o, quantomeno, dare il là ad iniziative di successo.
Tanto più in questa tornata, dato che in Municipio entreranno almeno tre volti nuovi su sette (non si ripresentano nemmeno il vice Giuseppe Cotti del Centro e «mister Finanze», il liberale radicale Davide Giovannacci). Una compagine, dunque, che avrà sì bisogno di mesi di rodaggio prima di poter vedere «la vera bellezza dell’occhio quando non parla», ma che d’altro canto saprà portare uno spirito diverso che farà bene ad una Locarno che vuole crescere non solo metaforicamente.
Nella legislatura alle porte il tema dell’aggregazione - meglio tardi che mai - sarà infatti in cima alla lista dei dossier a Palazzo Marcacci. Il progetto fra la Città e Lavertezzo (che non fa fare i salti di gioia ad alcuni abitanti del Comune sul Piano e nemmeno al Municipio di Gordola, che non le ha mandate a dire prima di Natale) è da considerare come il primo passo verso altre unioni nel distretto. Dovrà essere giocoforza, stavolta, un quadriennio nel quale andranno gettate le basi per un discorso futuro anche con chi finora si è mostrato particolarmente restio alle nozze. Pensiamo ad esempio a Muralto, Minusio e Losone nonché, se proprio si vogliono fare le cose in grande, persino Ascona (che pure cambierà il timoniere). Peccato, solo, che il matrimonio a due sarà celebrato (se la popolazione lo approverà alle urne, chiaro) senza colui che, più di tutti, ha sempre avuto a cuore il tema delle fusioni. Alain Scherrer è stato un Ulisse al contrario, quello narrato da Omero beninteso, che ha visto i Comuni vicini resistere al canto della sirena Locarno.
Bellinzona insegna. Solo una «nuova» Città potrà davvero diventare un polo di riferimento per tutto il Ticino. Un polo il cui cuore, piazza Grande, sta già cambiando volto - grazie in particolare ai progetti edilizi targati Artisa, l’ex Globus su tutti - ancora prima che prenda forma «La nouvelle belle époque», la rivalorizzazione degli spazi pubblici tra il Debarcadero e la Rotonda di piazza Castello. E visto che abbiamo citato l’agorà per antonomasia, è inevitabile l’associazione con il Film festival. Il 2024 sarà la prima edizione della presidente Maja Hoffmann e del futuro sindaco (Nicola Pini?). L’Esecutivo non ha voluto privare la kermesse del Fevi, struttura danneggiata dalla grandinata record dello scorso agosto e che verrà sistemata in attesa, alfine, di un palazzetto moderno in grado di ospitare pure congressi ed altri eventi. È una questione di immagine, certo, ma anche e soprattutto la conferma del solidissimo rapporto tra il Pardo e Locarno, un amore che da 76 edizioni è coronato dal lieto fine.