Politica

L’ultima tappa in Svizzera per l’accordo fiscale con l’Italia

Il Nazionale è chiamato a ratificare l’intesa sull’imposizione dei frontalieri, poi mancherà solo il sì del Parlamento italiano - Restano però due punti in sospeso: la black list e l’accesso al mercato finanziario - Regazzi: «C’è una certa delusione» - Farinelli: «Ma il risultato per noi è buono»
Paolo Gianinazzi
01.03.2022 06:00

Dopo anni di trattative e discussioni, questa mattina il Consiglio nazionale darà con ogni probabilità luce verde all’ormai «famoso» accordo con l’Italia sulla fiscalità dei frontalieri. Sul tavolo della Camera del popolo c’è la ratifica definitiva dell’intesa da parte svizzera, poiché la Camera dei cantoni ha già dato il suo benestare al testo lo scorso dicembre. Dopodiché, ricordiamo, toccherà alla controparte italiana prendere posizione. E idealmente una decisione è attesa nel corso dell’anno, mentre l’effettiva entrata in vigore dell’accordo è prevista per il 2023.

I nodi da sciogliere
A questo punto, il voto favorevole della Camera bassa appare scontato. La Commissione dell’economia e dei tributi del Nazionale a fine gennaio aveva infatti avallato il testo con ben 23 voti favorevoli e una sola astensione. Tuttavia, va anche detto che le «vertenze» con l’Italia non sono finite qui. In sospeso restano infatti due temi di particolare interesse per il Ticino: la rimozione della Svizzera dalla black list fiscale per le persone fisiche e l’accesso al mercato finanziario italiano per gli istituti svizzeri (oggi possibile solo a condizione di insediare una succursale nella Penisola).

Proprio su questi due temi, a metà febbraio il deputato dell’UDC Piero Marchesi ha presentato una proposta individuale alla Camera bassa, chiedendo di congelare il dossier fino all’uscita della Svizzera dalla black list italia; una proposta simile a quella fatta a fine gennaio dal collega Fabio Regazzi (PPD), membro della Commissione. Quest’ultimo aveva chiesto di sospendere il voto sull’accordo fiscale fino a quando il Consiglio federale non avesse presentato un piano d’azione sulla rimozione della Svizzera dalla black list e sull’accesso al mercato italiano. A quel punto, però, mancando i numeri per formare una maggioranza in commissione, Regazzi aveva ripiegato su un compromesso, accolto poi a larga maggioranza: niente sospensione dell’accordo, ma il Consiglio federale è stato chiamato a informare nel dettaglio la Commissione dell’economia e dei tributi sullo stato dei lavori e a definire un piano su come affrontare i due temi.

Ora, il rapporto del Governo su questi due temi è giunto proprio negli scorsi giorni. Un rapporto nel quale, in estrema sintesi, viene ribadito che: sull’accesso al mercato finanziario italiano al momento «tutto dipende dalla volontà delle autorità italiane di impegnarsi in un dialogo costruttivo»; sulla black list, invece, viene spiegato che «nel corso del 2021 le discussioni sono proseguite in modo positivo» e «la parte italiana ha espresso l’intenzione di trovare una soluzione alla problematica e sono attualmente in corso discussioni interne in Italia»: «L’attuale valutazione della situazione suggerisce che una soluzione soddisfacente sarà presto disponibile».

Un po’ di delusione
Risposte che non soddisfano Regazzi: «Purtroppo non è emerso ciò che mi aspettavo. È una presa di posizione troppo debole, non vincolante e che non dà indicazioni precise su quali sono gli obiettivi da perseguire». Certo, aggiunge il deputato popolare democratico, «c’è una certa speranza che le cose possano sbloccarsi a breve, in particolare per quanto riguarda la black list per le persone fisiche. Ma sul fronte dell’accesso al mercato finanziario italiano si capisce che siamo in alto mare e non si intravede, nemmeno nel medio termine, un possibile sblocco della situazione».

Ad ogni modo, precisa Regazzi, «ora l’accordo sarà ratificato da parte svizzera. Ma non è questo il problema. L’accordo porta con sé aspetti sia positivi, sia negativi. Il problema sta nel fatto che, a causa di un approccio sbagliato, nelle negoziazioni la Svizzera non è riuscita ad ottenere nulla su questi due temi in sospeso».

E adesso? «Ora bisogna essere realisti. Noi le abbiamo già provate tutte. L’unica possibilità che resta è quella di tenere alta la pressione sul Consiglio federale affinché faccia fronte all’impegno di risolvere la questione della black list e dell’accesso al mercato finanziario italiano. Ed è quello che mi propongo di fare».

Non facciamo confusione
Una lettura diversa viene però fornita dal consigliere nazionale Alex Farinelli, il quale invita a non fare confusione sul tema: «La questione della black list (che riguarda unicamente le persone fisiche italiane residenti in Svizzera e che quindi non tocca le nostre imprese) è già stata affrontata e verrà con ogni probabilità risolta a breve. Ma sul fronte dell’accesso al mercato, va precisato che questo punto non è mai stato parte (vincolante) della Road Map tra i due Paesi».

Insomma, «non dobbiamo creare false aspettative, dicendo che l’Italia non ha mantenuto i patti e che la Svizzera ne è uscita ‘‘sconfitta’’ avendo ceduto senza ottenere nulla: in ogni accordo tra due Stati ci sono aspetti che soddisfano una parte e altri che soddisfano l’altra. E l’accordo raggiunto sulla fiscalità dei frontalieri è per noi un buon accordo». E questo perché, aggiunge Farinelli, «tramite l’intesa otterremo due vantaggi: da una parte come Ticino potremo incassare di più e dall’altra i frontalieri saranno tassati in maniera più importante, facendo così meno pressione sul nostro mercato del lavoro».