Ma il canone per la BBC verrà abolito?

La polemica è servita. E appassiona il Regno Unito. Anche perché, evidentemente, si inserisce in un contesto più ampio. Ci riferiamo alle manovre per salvare la leadership di Boris Johnson, prigioniero dei party clandestini a Downing Street. Per farla breve: il governo conservatore ha appena annunciato il congelamento, per due anni, del canone radiotelevisivo e online, la principale fonte di finanziamento della BBC. La cosiddetta licence fee, leggiamo, sarà ancorata alle attuali 159 sterline mentre l’emittente pubblica aveva chiesto un sensibile ritocco verso l’alto (180).
Il Partito Laburista, irritato, ha parlato di vendetta. Evocando perfino lo spettro di una dittatura. La BBC, agli occhi del governo, sarebbe insomma imparziale. E per questo non meritevole. La battaglia non finisce qui. All’orizzonte, nel 2027, c’è il temuto rinnovo della Royal Charter o, meglio, del contratto di servizio pubblico. L’idea che il canone, un domani, venga abolito del tutto non è affatto fantascienza. Bene, anzi male se consideriamo l’importanza della BBC per il Regno Unito e, allargando il campo, il mondo intero. Per capirne di più ci siamo rivolti a Matthew Hibberd, professore di Media Management, Media Economics and Media and Cultural Industries presso l’Università della Svizzera italiana.


Gli anni Venti sono finiti
La licence fee risale agli anni Venti. Un’epoca in cui, di fatto, possedere una radio e, in seconda battuta, un televisore significava ascoltare e guardare la BBC. Oggi, evidentemente, non è più così. Ma perché l’antipatia verso il canone è cresciuta soltanto adesso? «Il canone risale al 1927 quando la BBC, gestita da John Reith, aveva il monopolio dei servizi radiofonici» chiarisce il nostro interlocutore. «Il suo monopolio radiofonico finì effettivamente più di 50 anni fa mentre la TV commerciale, nel Regno Unito, iniziò le trasmissioni nel 1955. Allora perché solo ora questa insofferenza verso il canone che, tra l’altro, costa 159 sterline all’anno? L’ostilità dei politici, specialmente intorno alle discussioni sulla Brexit, non ha aiutato. Parallelamente, negli ultimi decenni la crescita della TV digitale multicanale e dei servizi di streaming basati sul web ha ridotto la sua fetta. La BBC, come tutte le emittenti di servizio pubblico, ha perso quote di pubblico con la crescita di centinaia di nuovi canali televisivi digitali e servizi di streaming».
Al netto delle battaglie politiche, sul tavolo vi sarebbe anche una possibile soluzione. Al posto del canone, la BBC potrebbe (dovrebbe) puntare su abbonamenti e sottoscrizioni. Come Netflix e Amazon. Ma sarebbe davvero una scelta sostenibile per un monolito come la BBC? Quantomeno, è giusto che i dirigenti vi facciano un pensiero considerando l’orizzonte del 2027? Ancora Hibberd: «Il Comitato Peacock, chiamato a esaminare il futuro della BBC, suggerì un modello basato sugli abbonamenti già negli anni Ottanta. L’allora primo ministro Margaret Thatcher, nonostante non amasse l’intervento statale, rifiutò questa idea. Facendo il gioco della TV satellitare e in particolare di Sky, proprietà di News Corporation, che sviluppò il suo business trasmettendo la Premier League di calcio negli anni Novanta. I servizi in abbonamento di successo, giova ricordarlo, tendono a dare la priorità a generi di programmazione molto limitati. Pensiamo a Netflix». Se la BBC ha resistito alla tentazione dell’abbonamento, per contro, è perché ha una missione più nobile e alta: «L’emittente è incaricata di fornire servizi universali di radio e televisione dal Parlamento britannico. Il mandato della BBC copre tutti i generi di programmazione, dallo sport alle notizie passando per i documentari e la musica. E copre i diversi metodi di distribuzione, fra cui il BBC iPlayer e BBC Sounds, servizi esclusivamente online. Il concetto reithiano di un servizio pubblico universale, che la BBC pratica ancora, non si adatta facilmente ai modelli basati sulle sottoscrizioni». E qui, sottolinea il professore, entra in gioco un concetto importante: «L’universalità dei programmi e del pubblico verrebbe decimata poiché si punterebbe su servizi in abbonamento molto mirati. Cosa accadrebbe alla BBC se smettesse di trasmettere le sue notizie a tutto il pubblico? Le emittenti commerciali potrebbero davvero coprire con profondità, ampiezza e qualità le notizie coperte oggi dalla BBC, raggiungendo allo stesso tempo un’audience ampia? E riuscirebbero a mantenere imparzialità ed equilibrio? Personalmente, non credo».


Dov’è la generazione Z?
Fra le critiche mosse alla BBC attuale c’è quella di essersi persa una larga fetta di pubblico, nello specifico le generazioni Z e Alpha. Abbandonare il canone per abbracciare un servizio più smart, concedeteci il termine, potrebbe permettere all’emittente di recuperare terreno? «La BBC rimarrebbe a prescindere istituzionale» risponde Hibberd. «È di proprietà pubblica, è finanziata pubblicamente ed è strettamente allineata ai quattro Paesi d’origine del Regno Unito: Inghilterra, Scozia, Galles e le sei province dell’Irlanda del Nord. Se è vero che è importante cercare anche il pubblico più giovane, come è importante cercarlo attraverso TV, radio, internet, social media e smartphone, è altrettanto vero che la posizione istituzionale della BBC è sostenuta dalla Royal Charter, un atto parlamentare decennale». Due obiettivi (quasi) agli antipodi, in pratica. Fare audience e rendere un servizio alla popolazione.
L’impatto sarebbe globale
Le polemiche attorno al ruolo della BBC, va da sé, fanno presa anche alle nostre latitudini. La battaglia sul canone radiotelevisivo, in Svizzera, non è mai veramente tramontata mentre a febbraio saremo chiamati a votare un pacchetto di misure a sostegno dei media. Cosa ci insegna il modello britannico e che cosa ci suggeriscono le discussioni che stanno animando il Regno Unito? «I processi e le pratiche democratiche moderne – spiega Hibberd – sono alla base di ciò che significa essere britannici, svizzeri, francesi, tedeschi, spagnoli ed europei nel ventunesimo secolo. La governance democratica dipende da sistemi forti e robusti di comunicazione politica, che permettono ai cittadini di accedere a diverse idee e opinioni politiche e di capire i dibattiti chiave. L’attuale pandemia ha mostrato l’importanza di una comunicazione politica di qualità. Le emittenti del servizio pubblico sono state fondamentali per fornire notizie e informazioni politiche dal 1945, quando gran parte dell’Europa era in rovina. Personalmente, non vedo i servizi pubblici come proprietà della sinistra o della destra politica, ma di coloro che hanno a cuore i modi di vita democratici e la qualità dei dibattiti politici».
L’attacco alla BBC, visto il suo ruolo oramai globale, per certi versi è un attacco al mondo intero. Grazie al BBC World Service, ad esempio, milioni e milioni di persone che vivono all’ombra di regimi oppressivi hanno accesso a informazioni affidabili e neutrali. Che ne sarà di loro se il canone, un domani, verrà abolito? «L’attuale annuncio di sospendere l’aumento del canone della BBC fino al 2027 e, poi, di cercare nuovi modelli di finanziamento alternativi dal 2028 è un tentativo piuttosto ovvio del governo britannico di deviare l’attenzione dalle sue attuali difficoltà politiche» chiosa l’esperto. «Una tattica di diversione. Anche i commentatori di centro-destra come Charles Moore del Telegraph sono d’accordo su questo. La BBC potrebbe avere problemi. Io non sono un sostenitore incondizionato di alcune delle cose che fa, ma ricordiamoci che ha perso il 30% delle sue entrate negli ultimi dieci anni a causa del ripetuto congelamento degli aumenti del canone. L’annuncio attuale si tradurrà in un deficit di finanziamento di 285 milioni di sterline da qui fino al 2027. È chiaro che influirà sulla qualità e avrà un impatto sulla reputazione globale della BBC. E questo è deplorevole a mio avviso».
