Intelligenza artificiale

«Ma la comunicazione ha senso se mette in relazione gli uomini»

L’ex pro-rettore dell’USI Lorenzo Cantoni è stato invitato dalla diocesi di Lugano a commentare il «Messaggio» di papa Francesco pubblicato lo scorso gennaio
Lorenzo Canotni, già pro-rettore dell'USI. ©Chiara Zocchetti
Dario Campione
21.05.2024 21:30

L’intelligenza artificiale appare a tutti gli effetti una «meravigliosa invenzione il cui funzionamento», però, «e le cui potenzialità sono indecifrabili per la maggior parte di noi». Essa suscita allora «uno stupore che oscilla tra entusiasmo e disorientamento e ci pone inevitabilmente davanti a domande di fondo: che cosa è dunque l’uomo, qual è la sua specificità e quale sarà il futuro di questa nostra specie chiamata homo sapiens nell’era delle intelligenze artificiali? Come possiamo rimanere pienamente umani e orientare verso il bene il cambiamento culturale in atto?».

Il 24 gennaio scorso, in occasione della 58.esima Giornata mondiale delle comunicazioni sociali, e nella ricorrenza di San Francesco di Sales, patrono dei giornalisti, il Papa ha reso noto il tradizionale «Messaggio», quest’anno intitolato «Intelligenza artificiale e sapienza del cuore: per una comunicazione pienamente umana». Un documento agile ma densissimo, nel quale il pontefice pone undici «interrogativi per l’oggi e il domani» e si chiede «se l’intelligenza artificiale finirà per costruire nuove caste basate sul dominio informativo, generando nuove forme di sfruttamento e di diseguaglianza; oppure se, al contrario, porterà più eguaglianza, promuovendo una corretta informazione e una maggiore consapevolezza del passaggio di epoca che stiamo attraversando, favorendo l’ascolto dei molteplici bisogni delle persone e dei popoli, in un sistema di informazione articolato e pluralista».

A quel documento, e più in generale al rapporto della Chiesa con la comunicazione di massa al tempo dell’intelligenza artificiale, è stato dedicato un incontro-dibattito organizzato dalla diocesi di Lugano con Lorenzo Cantoni, già pro-rettore dell’USI e direttore dell’Istituto di tecnologie digitali per la comunicazione dell’ateneo luganese.

«Il tema non è nuovo per la Chiesa - ha detto Cantoni - l’intelligenza artificiale ricorre già nei documenti di papa Wojtyla 8 volte, una in quelli di Benedetto XVI. Francesco se n’è sicuramente occupato molto di più, evidenziandone diversi aspetti». I rischi, ad esempio: la «perdita della verità delle cose, la potenziale costruzione di un pensiero unico, la polarizzazione dell’opinione pubblica». Ma anche i limiti. «Il Papa - ha spiegato Cantoni - sa bene che la comunicazione ha un senso nel momento in cui mette in relazione persone, soggetti dotati di logos, di pensiero. Se non si entra in contatto con un altro, non c‘è comunicazione. Questo “altro” non può essere la macchina, l’intelligenza artificiale».

Un sistema che «produce frasi simil-umane in modo sintatticamente perfetto o quasi perfetto, dopo aver “digerito” milioni di documenti, può sicuramente stupire. Ma non sostituire l’uomo. Ex abundantia cordis os loquitur», ha rammentato Cantoni citando il Vangelo di Matteo (12,34): dalla pienezza del cuore la bocca parla. Come dire: è il fattore umano a segnare la vera comunicazione. Ciò detto, il problema di fondo rimane. Come porsi di fronte allo sviluppo tumultuoso dell’intelligenza artificiale? «Francesco ha posto 11 domande senza dare risposte - ha detto Cantoni - forse anche per non cadere in un inutile approccio moralistico. È interessante notare, tuttavia, come il Papa parli di “intelligenze” artificiali, al plurale, ben sapendo che quella generativa, di cui molto si discute, è soltanto una delle tante modalità possibili. Certamente, il pontefice vede il rischio di una società algoritmica, nella quale siano creati contenuti funzionali a trattenere le persone il più possibile davanti al computer».

«Dipende da noi - ha scritto il Papa a gennaio - Spetta all’uomo decidere se diventare cibo per gli algoritmi oppure nutrire di libertà il proprio cuore, senza il quale non si cresce nella sapienza».