Società

Maestro a 100 anni

Ancora attivo nell’insegnamento, Romano Canal illustra i segreti della sua longevità: «Il Signore mi disse di stare attento a dove mettere i piedi»
Romano Canal maestro di pianoforte con un po' di primavere alle spalle. (foto casa anziani al Pagnolo di Sorengo)
Andrea Stern
Andrea Stern
03.03.2024 15:04

Tutti lo chiamano «il maestro», in onore della sua lunga carriera come insegnante di pianoforte ma anche perché ancora oggi, superati i 100 anni, Romano Canal resta a tutti gli effetti un maestro. «Faccio tre lezioni a settimana, a due bravissime allieve, che hanno una grande facilità di apprendimento», racconta colui che da poco più di cinque anni è ospite della casa anziani Al Pagnolo di Sorengo.

«Mi hanno portato qui a seguito di un incidente stradale – spiega Canal -. Mi sono addormentato con il piede sull’acceleratore mentre ero al volante della mia piccola Fiat. Mi sono risvegliato con l’auto cappottata e i pompieri che mi estraevano dal finestrino posteriore».

Nato a Chiasso l’11 settembre 1923, Romano Canal è uno dei sempre più numerosi centenari ticinesi. Suo padre è morto a soli 47 anni, stroncato da un infarto mentre partecipava al Tiro cantonale sul Monte Ceneri. Invece lui è ancora qui, con grande serenità.

«Non sono mai stato malato - dice -, l’unica operazione che ho dovuto fare è la rimozione delle tonsille, poco dopo il matrimonio. Altrimenti non ho mai avuto niente e ancora oggi sto benissimo. Se il Signore vuole lasciarmi qui ancora vent’anni, va bene. Però se vuole richiamarmi già oggi, va anche bene».

Fede, musica e salute

La fede in Dio, sostiene Romano Canal, è uno dei motori che l’hanno aiutato ad arrivare in così tarda età senza quasi neanche accorgersene. Poi c’è senza dubbio la musica, non solo il pianoforte ma anche il violino, il suo strumento preferito, che ha suonato finché l’incidente stradale non gli ha condizionato l’uso della spalla sinistra.

Non da ultimo, Romano Canal è sempre rimasto lontano da ciò che nuoce alla salute. « Ai tempi delle scuole maggiori – ricorda – ci ritrovavamo con i compagni a vedere le proiezioni al cinema Excelsior e ognuno di loro tentava di offrirmi una sigaretta. Ma io ho sempre detto di no. E pensare che mio padre fabbricava proprio sigarette, alla ditta Lario di Chiasso, prima di passare a dirigere una piccola fabbrica di lavorazione del cuoio».

Anche in seguito, Romano Canal ha vissuto all’insegna della moderazione. «Mia moglie metteva in tavola pochissima carne e al massimo un uovo a settimana - spiega -. Anche oggi che lei non c’è più, io sono contento con qualche cucchiaio di verdura».

Non si pensi tuttavia che Romano Canal abbia trascorso una vita noiosa, da asceta. Al contrario, dopo aver dovuto interrompere anzitempo gli studi a seguito dell’improvvisa morte del padre, Ha seguito un percorso eclettico che l’ha visto svolgere molteplici attività, dall’agente immobiliare al missionario, dall’impiegato di banca all’insegnante di musica. Non solo in Svizzera ma anche in Italia, Austria, Canada o Costa d’Avorio, paese natale della figlia Yvonne.

La rivoltella puntata contro

«Sono stato salvato dal Signore innumerevoli volte, ma me ne sono accorto solo in tre occasioni – racconta -. La prima volta è stato in Calabria, quando per una questione di soldi mi condussero in una località deserta ma a un certo punto il Signore mi ordinò di saltare in sella a una moto e così mi salvai. La seconda volta è stato in Canada, quando una persona di cui avevo scoperto dei debiti nascosti mi puntò contro una rivoltella. Pregai il Signore e dopo qualche minuto che mi sembrò un’eternità, lui ripose la pistola nel cassetto. La terza volta è stato sulla strada del San Bernardino, quando un’auto che viaggiava in contromano a folle velocità mi tagliò via il retrovisore sinistro. Per dieci centimetri non mi prese la testa. Grazie Signore».

Il fratello Luciano e gli amici chiassesi

Romano Canal ricorda con impressionante precisione anche l’infanzia trascorsa a Chiasso («divoravo tutte e tre le edizioni quotidiane del Corriere del Ticino»), i giochi spensierati, la complicità con il fratello Luciano, personaggio che in seguito ha acquisito una certa notorietà nel Mendrisiotto anche per essere stato a due riprese deputato in Gran Consiglio e a lungo municipale a Morbio Inferiore. «Avevo un bellissimo rapporto di affetto con mio fratello Luciano – spiega -. Lui era una persona estremamente generosa, pensava sempre al bene degli altri, era troppo buono per la politica. Ricordo per esempio quando a Bellinzona chiese di rendere festivo il Venerdì santo al posto della festività di San Pietro e Paolo. Gli andarono tutti contro, perché i commercianti non volevano saperne di abbassare le serrande in un giorno in cui i turisti svizzero tedeschi arrivavano a frotte. Ma lui era così, era animato da buona volontà, pensava al bene della gente comune»..

Risale al periodo della gioventù anche un altro ricordo, una confessione che finalmente Romano Canal si sente di poter fare. «Da adolescente avevo due amici inseparabili, Elio Bernasconi e Giulio Gianini – racconta -. Insieme avevamo fondato una società di risparmio dove versavamo ogni mese pochi soldi per comprare dei libri. Io abitavo in Corso San Gottardo 99, loro entrambi in via Emilio Bossi. Siccome non c’erano ancora i telefoni, per metterci d’accordo tra di noi avevamo inventato un sistema di comunicazione con dei segnali sui tetti. Io salivo sul tetto della fabbrica di carta vicino a casa mia e inviavo loro dei segnali luminosi, loro facevano altrettanto. Un giorno la polizia scoprì i segnali e li attribuì a spie fasciste. Fecero il giro delle case per scoprire dove si nascondessero queste spie. Io non dissi assolutamente niente, neanche ai miei genitori. Ancora oggi la polizia non sa chi sia stato a fare quei segnali. E la prima volta che lo confesso».

È forse l’unica volta in cui Romano Canal ha rischiato di mettersi nei guai con la giustizia. Per il resto gli è sempre venuto utile un consiglio che il Signore gli ha rivolto quando aveva 9 anni. «Non mi ha detto di non fare questo o di non fare quello, come avrebbe fatto un padre. Mi ha semplicemente detto: ‘stai attento a dove metti i piedi’. In quell’istante ho abbassato gli occhi e mi è parso di vedere che i miei piedi erano in mezzo a una marea di serpentelli. È una visione che mi ha accompagnato tutta la vita. ‘Stai attento a dove metti i piedi’».

O la mamma, o la fidanzata

Romano Canal ha continuato a lasciarsi guidare dal Signore in ogni situazione, anche in quelle più delicate, come quando si trovò a dover scegliere tra la fidanzata e la madre.

«Da ragazzo frequentavo la cappella evangelica di San Simone, frazione di Vacallo, dove mio padre era pianista e organista - racconta -. È lì, seduto in prima fila a osservare mio padre, che ho sviluppato la mia passione per la musica. Ed è anche lì che ho conosciuto colei che sarebbe diventata mia moglie, Margherita».

Margrit, poi italianizzata in Margherita, era giunta da poco in Ticino, arrivava dal canton Berna e lavorava come collaboratrice domestica a Salorino, «in una casa che sembrava un castello». Una domenica andò nella chiesa di San Simone, si sedette in fondo e «sentì una voce che le diceva che quel ragazzo in prima fila sarebbe diventato suo marito».

Andò effettivamente così. Ma non senza difficoltà. «Quando presentai Margherita a mia madre - ricorda Romano Canal -, lei le chiese subito quanti soldi avesse in banca. Mio padre non c’era più, lei faceva fatica a far andare avanti l’attività di lavorazione del cuoio e sperava che trovassi una fidanzata benestante. Margherita le rispose che non aveva nulla e allora mia madre mi vietò di continuare a frequentarla, pena l’espulsione da casa. Me ne andai da solo, il giorno dopo. I genitori di Margherita mi accolsero a braccia aperte».

Fu una coppia felice, affiatata, inseparabile. Alla fine anche la madre di Romano accettò la relazione e in famiglia tornò l’armonia.

Ecco, armonia è forse la parola che più di tutte contraddistingue l’esistenza di Romano Canal. Anche in questa fase. «Da prima di Natale sento una musica nelle mie orecchie - dice -. È una musica che non avevo mai sentito prima, con tanti strumenti e tante voci in piena armonia. È una musica senza più ritmo, perché il ritmo è legato al tempo. Ieri e domani non esistono. È un eterno oggi».

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