Mangiare low cost all'Università? Bello, ma poco redditizio per le mense

I menù sono completi. E variegati. Leggiamo: spätzli, hachis di soia con salsa al formaggio, tabbouleh con hummus e pita, scaloppina di verdure impanata con purè di patate e ceci alla paprica. Il prezzo? Appena 5 franchi. No. Un momento. Non è possibile. Anzi, è proprio impossibile. E invece, come ha rivelato la Tribune de Genève, è tutto vero. Verissimo. È l'offerta low cost per gli studenti, se così vogliamo chiamarla, delle quattro principali caffetterie dell'Università di Ginevra, gestite dalla società di categing SV Group con sede a Zurigo.
Introdotti durante la pandemia per rispondere a un periodo di ristrettezze economiche, questi menù hanno avuto un successo incredibile. Enorme, addirittura. Tant'è che nell'anno scolastico 2021-22 un menù su tre era di questo tipo. Il successo, a oggi, è tale che la redditività economica di queste mense è stata messa a durissima a prova. Di più, sarebbe perfino compromessa. Pur senza rivelare le cifre, la portavoce di SV Group – Salomé Ramseier – ha spiegato che la società di catering non era più in grado di gestire il suo mandato in modo redditizio «con i requisiti attuali».
Durante la pandemia, dicevamo, molti studenti avevano improvvisamente perso il proprio lavoro part-time, grazie al quale potevano mantenersi agli studi. L'Università, a quel punto, aveva introdotto alcune misure di sostegno. Fra cui dei menù a 3 franchi. Parliamo del 2021. Più in là, il sindacato studentesco CUAE aveva occupato per due settimane circa una caffetteria dell'ateneo ginevrino chiedendo che l'offerta a basso costo venisse reintrodotta.
Cosa che, appunto, è stata fatta. Per tutti, indistintamente. Con un leggero aumento: 5 franchi. E il rettorato, è notizia recente, ha fatto sapere di voler proseguire su questa strada anche in futuro. Di qui la decisione di trovare una soluzione amichevole con SV Group. Il contratto di collaborazione era stato risolto il 31 luglio, mentre il 26 gennaio sarà pubblicato un nuovo bando per la gestione delle caffetterie. Marco Cattaneo, portavoce dell'Università, ha spiegato che l'offerta dei menù a 5 franchi «è molto difficile da mantenere» e che, proprio per questo, «dobbiamo cambiare modello di business». E ancora: «Passando da un modello di contratto di locazione a un modello di fornitura di servizi, i costi operativi saranno più bassi perché gli investimenti necessari per le cucine e le sale da pranzo saranno a carico dell'Università».
In epoca Covid, i pasti a 3 franchi erano stati sostenuti da partner privati dell'Università. Alla fine del 2021, invece, lo Stato aveva concesso un credito pari a 975 mila franchi per sostenere i menù a 5 franchi a partire dall'anno accademico 2022. Per il 2023 non è stata concessa alcuna sovvenzione, ma l'Università – come detto – ha spiegato di voler mantenere l'offerta. Accettando, come ha ribadito Cattaneo, «di sostenere gli investimenti necessari. Le economie di scala per l'approvvigionamento non sarebbero paragonabili a quelle di un grande gruppo commerciale».
Cattaneo, fra le altre cose, non ha chiuso definitivamente la porta a SV Group. Anzi, l'oramai gruppo uscente è stato invitato come tutti gli altri a presentare un'offerta. SV Group, dal canto suo, ha precisato che esaminerà il bando e che presenterà un'offerta qualora le condizioni quadro risultassero favorevoli. Il nuovo contratto, leggiamo, avrà una durata di cinque anni. E includerà una clausola di risoluzione anticipata nel caso i servizi di mensa, un domani, dovessero essere gestiti direttamente dall'Università. Un'opzione, questa, che l'ateneo ginevrino sta valutando. Al punto di aver incaricato la Haute École de Gestion di studiarne la fattibilità.