Approvvigionamento

Materie prime, manca anche il vetro: è l’effetto Long COVID sulle imprese

La mancanza di bottiglie fa paura soprattutto alle aziende vinicole che devono travasare il prodotto della vendemmia di quest’anno – Scarseggiano pure i cartoni per l’imballaggio, la carta per le etichette, il sughero per i tappi e l’alluminio per le coperture a vite
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Dario Campione
01.12.2021 06:00

Anche stappare una buona bottiglia di vino potrebbe diventare, nei prossimi mesi, un gesto non scontato.

L’effetto coronavirus sulla produzione e sulla distribuzione delle materie prime, capace sin qui di lacerare in profondità il sistema economico a tutti i livelli, non ha risparmiato il vetro. Che scarseggia. E costa sempre di più.

Si è parlato, a proposito della malattia, di Long COVID. Ovvero, delle conseguenze a lungo termine del virus. Oggi si può facilmente affermare che il Long COVID colpisce non soltanto gli esseri umani, ma anche le aziende. L’ingorgo nelle catene globali di approvvigionamento e fornitura, la ripresa dei consumi dopo la crisi pandemica, i ritardi nella produzione e il rincaro dei prezzi delle materie prime (a cominciare dall’energia), sono soltanto alcuni dei fattori che hanno cambiato - in peggio - i mercati internazionali. In tutti i settori.

A causa del SARS-CoV 2, il mondo si era fermato. Quando si è rimesso in moto, non ha saputo reggere alla gigantesca, quasi frenetica richiesta di beni e servizi. Ormai manca praticamente tutto. E il vetro è soltanto l’ultimo di una lunghissima serie di materiali di cui la domanda supera largamente l’offerta.

Botti piene
La settimana scorsa, un’inchiesta del Financial Times ha risollevato il problema. Aggiungendo un ulteriore, curioso particolare sottolineato da Jennifer Bisceglie, amministratrice delegata di Interos, una delle più grandi società americane di consulenza sui rischi delle catene di approvvigionamento: «Il vetro scarseggia anche perché una parte della sua produzione è stata dirottata per realizzare fiale per i vaccini COVID-19».

I più preoccupati sono i produttori di vino. Tra poco bisognerà imbottigliare il ricavato della recente vendemmia. E spaventa il rischio, concreto, di lasciare migliaia e migliaia di litri nelle botti.

In Ticino, la situazione sembra essere - almeno per il momento - sotto controllo. Gli stock di riserva dovrebbero garantire le aziende vinicole fino alla primavera. Ma dopo?

Francesco Tettamanti, enologo e responsabile del comparto produttivo delle Cantine Fumagalli di Balerna, ammette che «il problema, effettivamente, esiste. Noi siamo piccoli, non abbiamo grandi volumi di produzione e ci siamo cautelati in tempo. Proprio in queste ore riceviamo una fornitura con cui copriremo ampiamente i primi mesi dell’anno. Il punto, però, è un altro: l’aumento dei prezzi. Che è inequivocabile».

La sola bottiglia vuota, dice Tettamanti, «può arrivare a costare anche 1,20 franchi. Dipende ovviamente dalla qualità e dal tipo di disegno, ma in media siamo oltre i 50 centesimi». Per capire meglio, la crescita dei costi del vetro - in termini percentuali - si aggira attorno al 20%. Un costo che non è, però, l’unico a incidere sul prodotto finale.

Carlo Tamborini, titolare dell’omonima azienda di Lamone, spiega infatti che nella catena vinicola la pandemia ha colpito duro su tutti i fronti. «Le normali bottiglie di vetro, come detto, costano oggi il 20% più di prima. Ma poi c’è da affrontare la carenza dei cartoni da imballaggio, il cui prezzo è schizzato in alto del 30%, e delle cassette di legno nelle quali sono venduti i vini pregiati, aumentate addirittura del 40%».

Sistemi da rivedere
Maggiori costi e tempi lunghi di consegna. Che obbligano le aziende a rivedere il proprio modo di lavorare. Se prima era possibile ordinare le nuove bottiglie a due o tre settimane, adesso servono mesi. Lo stesso vale per le etichette, condizionate dalla crisi della carta. I tappi, che soffrono ovviamente della mancanza di sughero. «Per non parlare dell’alluminio, con cui si fanno le chiusure a vite», spiega Tettamanti. E ancora, i trasporti e la logistica, cresciuti anch’essi in media del 5%.

«Non sappiamo quando finirà questa situazione - aggiunge Tamborini, il quale non esclude conseguenze per le tasche dei consumatori - Questo Natale manterremo gli stessi prezzi, assorbiremo noi i rialzi. Con il nuovo anno, probabilmente non sarà più possibile». Eventualità temuta anche dal direttore di Ticinowine, Andrea Conconi, secondo cui nel 2022 «ci saranno, quasi sicuramente, aumenti di prezzo» al dettaglio.

Per il settore «non è un momento facile - conferma David Delea, titolare con il fratello Cesare dell’omonima azienda vinicola di Losone - per quanto concerne il vetro, i prodotti più semplici si ottengono nell’arco di un mese ma per gli altri i ritardi si aggirano dai tre ai sei mesi. Ancora recentemente ho chiesto la quotazione di una bottiglia di vetreria, non avrò risposta prima di gennaio». La strada è obbligata. Sostituire il vetro con qualcos’altro è impossibile. «Ne ho viste di tutti i colori - dice Delea - ma non hanno ancora inventato un contenitore alternativo». I produttori ticinesi si salvano comunque grazie alle scorte. Che prima o poi, tuttavia, finiranno.