L’analisi

Medio Oriente: la fabbrica delle falsità era attiva da tempo

Un’ondata di disinformazione minaccia di alimentare e di «esportare» oltre i confini mediorientali il conflitto tra Israele e Hamas
© KEYSTONE (AP Photo/Mohammed Dahman)
Dario Campione
19.10.2023 18:30

Un’ondata di disinformazione minaccia di alimentare e di «esportare» oltre i confini mediorientali il conflitto tra Israele e Hamas. Come sempre accade, oltre ai morti tra i civili e i belligeranti, la sicura vittima di ogni guerra è la verità. Ai missili e ai razzi che uccidono nei palazzi e nelle strade, una quantità gigantesca di false notizie online rischia di infiammare ulteriormente gli animi e di intensificare il conflitto in una nebbia elettronica di guerra.

L’unità di fact-checking

Negli ultimi giorni, l'unità di fact-checking della Reuters – composta, tra gli altri, da Stephanie Burnett, Stephen Farrell e Hardik Vyas – ha identificato moltissimi casi di post sui social media che utilizzano immagini e dati totalmente fasulli sul conflitto tra Israele e Hamas: una «disinformazione deliberata», il cui obiettivo, chiaro, sembra essere indirizzato verso l’aumento delle tensioni. Un video in cui il presidente russo Vladimir Putin parlava, lo scorso anno, dell’Ucraina è stato ad esempio condiviso nelle ultime ore con sottotitoli inventati che avvertono gli Stati Uniti di non interferire nel conflitto tra Israele e Hamas. Tra le immagini autentiche che mostrano i cadaveri di coloro che sono stati uccisi da Hamas il 7 ottobre, un altro video (risalente al 2015) del linciaggio di una ragazza di 16 anni in Guatemala è stato messo online come se mostrasse una giovane donna israeliana bruciata da una «folla palestinese». Altro esempio: un account X sotto il nome di Farida Khan, che afferma di essere un giornalista di Al Jazeera a Gaza, ha pubblicato un messaggio dicendo di avere un video di un «missile di Hamas che atterra nell’ospedale» colpito martedì. Al Jazeera ha successivamente avvisato gli utenti dei social media che l’account non aveva legami con il servizio di notizie. E alla Reuters, la televisione qatariota ha confermato di non avere tra i propri cronisti una persona con il nome di Farida Khan. L’account è stato poi rimosso.

Attacco ai social

La propaganda non è certo un’invenzione degli ultimi mesi. È sempre esistita, adeguandosi nel tempo a sfruttare nel modo migliore i mezzi di comunicazione più potenti e diffusivi: dalla voce, la narrazione orale, alla stampa, alla radio, fino ovviamente alla televisione e alla Rete. Gli eserciti di tutto il mondo sono dotati di reparti impegnati in «guerre anomale», combattute a colpi di post sotto la supervisione di algoritmi sempre più complessi. Tutto questo accade mentre le autorità di regolamentazione stanno sostanzialmente a guardare. Il commissario europeo per il Mercato interno e i Servizi, il francese Thierry Breton, ha criticato X, Meta (la società madre di Facebook e Instagram), TikTok e YouTube per non aver fatto abbastanza per frenare la disinformazione a seguito degli attacchi di Hamas a Israele. Ogni azienda ha in realtà dichiarato di aver adottato misure per affrontare i contenuti dannosi, senza tuttavia entrare nel dettaglio né spiegare quali siano state queste misure. Dal 7 ottobre, giorno dell’attacco di Hamas, l’Unità Cyber dell’ufficio del Procuratore di Stato israeliano ha iniziato a lavorare per rimuovere dai social i contenuti che, a suo dire, incitano alla violenza. Lo stesso ufficio ha dichiarato di aver presentato circa 4.450 richieste di rimozione di contenuti, la maggior parte delle quali a Facebook, TikTok e X. Nel contempo, Rafi Mendelsohn, vicepresidente della società israeliana di monitoraggio dei bot Cyabra, ha detto che oltre 40 mila account falsi hanno spinto online narrazioni pro-Hamas: la cosa interessante è che migliaia di questi bot sono stati creati più di un anno fa. «La scala suggerisce che c’erano contenuti e manodopera pre-preparati e pronti a uscire. Non abbiamo mai visto una tale sofisticazione con un gruppo militante», ha detto Mendelsohn alla Reuters.

Le due narrazioni

Non mancano, ovviamente, gli account che, nella diffusione di falsità, prendono di mira i palestinesi e i Paesi del Medio Oriente percepiti come filo-palestinesi. Un video del 2014 in cui il portavoce dell’ala militare di Hamas, Abu Obaidah, riconosceva il sostegno iraniano ai miliziani, è stato ripubblicato online nei giorni scorsi per implicare direttamente Teheran nell’ultimo attacco.

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