Il caso

Migranti caricati su un gommone e abbandonati in mare: dalla Grecia il video shock

Un'inchiesta del New York Times porta alla luce la pratica — No comment di Atene — «Hanno finto di lavorare per Medici Senza Frontiere, ci hanno tolto tutto e lasciato in balia delle onde»
© Screen NYT
Giacomo Butti
19.05.2023 15:30

Prelevati da uomini mascherati, spogliati dei propri averi e caricati su un gommone, per poi essere abbandonati in mezzo al mare. È la tragica fine dei migranti respinti dal Governo ellenico. Da tempo, fra chi fugge dal Corno d'Africa percorrendo questa pericolosa via per l'Europa, si sono moltiplicate le accuse di maltrattamenti e respingimenti illegali rivolte alla Grecia. Accuse, queste, sempre rispedite al mittente da Atene. Ora, però, un'inchiesta del New York Times sconfessa il primo ministro Kyriakos Mitsotakis e il suo Governo conservatore, conosciuto negli ultimi anni proprio per il pugno di ferro utilizzato sul tema «immigrazione».

Il video

Partiamo dall'inizio. È l'11 aprile quando Fayad Mulla, operatore umanitario austriaco, gira un video shock a Lesbo. Da due anni e mezzo Mulla lavora sull'isola situata nell'Egeo nordorientale con l'obiettivo di documentare gli abusi contro i migranti. Sembra esserci riuscito. Nei fotogrammi trasmessi dall'attivista al giornale statunitense, si vede un furgone bianco senza contrassegni dirigersi verso una piccola baia con un molo di legno all'estremità meridionale di Lesbo. Arrivati a destinazione, tre uomini mascherati aprono i portelloni posteriori del mezzo e fanno scendere 12 persone, tra le quali diversi bambini e un neonato. Vengono fatti salire su un motoscafo e, rapidamente, si allontanano nelle acque. Dopo pochi minuti il motoscafo è avvicinato dalla nave 617 della Guardia Costiera greca. Uno per uno, i migranti vengono scaricati dal motoscafo e portati a poppa dell'imbarcazione, sotto lo sguardo di altri sei uomini, alcuni dei quali sembrano indossare l'uniforme standard blu scuro. L'imbarcazione vira poi verso est — in direzione della Turchia — e riparte. Qui il filmato si fa sfocato a causa della distanza, ma si distingue un oggetto nero staccarsi dalla poppa della nave della Guardia Costiera e — in balia delle onde — allontanarsi sempre più, lasciato alla deriva.

L'inchiesta

No, non è un filmato montato ad arte. Né si tratta di un malinteso: non è una gita di piacere di una numerosa famiglia. La pratica disumana documentata da Mulla è veramente avvenuta, probabilmente più di una volta.  In un'approfondita inchiesta, il NYT ha potuto verificare la genuinità del video, grazie alla geolocalizzazione dei fatti e al tracciamento dei mezzi acquatici. Ma soprattutto, scovando proprio i migranti vittime di questo caso. Grazie alle analisi dei fotogrammi offerti da Mulla, è stato possibile identificare le persone: non c'è dubbio, sono loro. E a colloquio con i reporter del quotidiano statunitense, indossano — quasi tutti — gli stessi vestiti che avevano nel video.

Sono stati salvati dalla Guardia Costiera turca (salvataggio documentato sul sito web regolarmente aggiornato dalle autorità turche). Ora, i 12 si trovano in un centro di detenzione a Smirne, sulla costa turca. Provengono da Somalia, Eritrea ed Etiopia. E il loro racconto coincide in ogni dettaglio con il filmato dell'attivista austriaco. Nelle interviste rilasciate nella struttura di Smirne, tutti i migranti hanno raccontato di essere stati spinti su una zattera di salvataggio gonfiabile nera e lasciati alla deriva. Una pratica pericolosissima perché queste zattere senza motore sono ingovernabili e soggette, nelle alte onde, al ribaltamento.

«Non ci aspettavamo di sopravvivere quel giorno. Quando ci hanno messo sulla zattera gonfiabile, lo hanno fatto senza alcuna pietà», ha spiegato una giovane madre proveniente dalla Somalia. «Hanno detto di lavorare per Medici Senza Frontiere», ha raccontato un'altra donna, vedova e accompagnata dai figli di età compresa fra i 2 e i 17 anni. «Ci hanno perquisiti e hanno preso tutto quello che avevamo: contanti, telefoni, tutto. Poi ci hanno chiusi in un furgone. Non potevamo vedere nulla all'esterno, non avevamo un posto dove sederci. Eravamo tutti sdraiati».

No comment greco

Dopo aver verificato il filmato e raccolto le testimonianze dei migranti, il New York Times ha cercato di contattare il Governo greco in cerca di risposte. Inutilmente. Da Mitsotakis e compagni un muro: no comment e rifiuto totale di un incontro per un'analisi del video. 

Il giornale americano ha allora mostrato il video a tre alti funzionari della Commissione europea a Bruxelles, descrivendo come era stato verificato. In seguito, in commenti scritti, la Commissione ha dichiarato di essere «preoccupata dal filmato» e che, pur non avendo verificato il materiale in prima persona, avrebbe affrontato la questione con le autorità greche. La Grecia, riporta il NYT, «deve rispettare pienamente gli obblighi previsti dalle norme dell'Unione Europea in materia di asilo e dal diritto internazionale, compreso quello di garantire l'accesso alla procedura di asilo», ha dichiarato Anitta Hipper, portavoce della Commissione europea per la migrazione.

Quale sarà il futuro del gruppo? Intervistato, Ozge Oguz — un avvocato turco che lavora con le persone che si trovano nel centro di Smirne, ha affermato che molti migranti sono costretti a languire lì per mesi, prima che venga presa una decisione sulla loro espulsione. «Quando le persone vengono portate in questa struttura perché sono state lasciate dai greci in barche nel Mar Egeo, sono già vittime». Sulla carta, i richiedenti asilo hanno il diritto di chiedere protezione internazionale in Turchia, ma le possibilità sono scarse. «Fanno domanda, ma vengono respinti».

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