Milioni in piazza negli USA: il movimento «No Kings» contesta il potere di Trump

Ieri, sabato 18 ottobre, milioni di persone in tutti i 50 Stati degli Stati Uniti sono scese in piazza sotto lo slogan «No Kings», manifestando contro ciò che gli organizzatori definiscono un accentramento del potere presidenziale e una deriva autoritaria dell’amministrazione Trump. Le manifestazioni sono state programmate in oltre 2.600 località, dalle grandi città a piccoli centri rurali, assumendo toni generalmente pacifici, festivi e partecipativi.
Secondo gli organizzatori, l’affluenza ha superato i 7 milioni di persone, una cifra che renderebbe questa giornata tra le più partecipate mobilitazioni civiche nella storia degli Stati Uniti.
Gli organizzatori hanno sottolineato che si tratta «di una delle maggiori manifestazioni della storia americana», con quasi sette milioni di presenze — «due milioni in più rispetto alla giornata di giugno» — quando si era già registrata una mobilitazione nazionale contro il presidente.
In città come New York, Chicago, Washington D.C. e San Francisco le strade sono state riempite da cortei imponenti, mentre manifestazioni simboliche si sono svolte anche nei pressi della residenza di Trump a Mar-a-Lago, in Florida.
I manifestanti denunciano l’uso esteso dei poteri esecutivi da parte del presidente, tra cui il dispiegamento della Guardia Nazionale in contesti civili, politiche migratorie più restrittive e il rischio di erosione della separazione dei poteri.
Il movimento «No Kings» — che riunisce circa 300 organizzazioni — afferma: «Il presidente pensa che il suo potere sia assoluto. Ma in America non abbiamo re e non ci tireremo indietro di fronte al caos, alla corruzione e alla crudeltà».
Le rivendicazioni includono la tutela del diritto di protesta, i diritti LGBTQ+, la difesa dei migranti, maggiore trasparenza istituzionale e il rispetto dei limiti costituzionali della presidenza.
Le proteste di ottobre si inseriscono in un clima politico già acceso da mesi. Già a giugno milioni di persone erano scese in piazza contro Trump, accusandolo di autoritarismo dopo che l’amministrazione aveva impiegato forze federali e, in alcuni casi, la Guardia Nazionale per rispondere a disordini e manifestazioni in diverse città. Quegli episodi — insieme alle dichiarazioni in cui Trump rivendicava «pieni poteri esecutivi» — hanno contribuito a rafforzare e ampliare il movimento «No Kings», che contesta l’idea di un presidente percepito come al di sopra dei limiti costituzionali.
La risposta politica è stata divisa. Diversi esponenti democratici hanno espresso sostegno alle manifestazioni, mentre numerosi repubblicani le hanno definite «anti-americane».
Donald Trump, intervistato da Fox News, ha replicato direttamente allo slogan dei manifestanti dichiarando: «Dicono che mi creda un re. Non sono un re». Più dura la reazione del presidente della Camera, Mike Johnson, che ha definito le proteste «un raduno dell’odio per l’America».
In alcune aree, le autorità statali hanno predisposto unità della Guardia Nazionale in forma preventiva, pur senza grandi incidenti.
Il movimento No Kings si è presentato come diffuso, decentralizzato e capace di mobilitare anche comunità periferiche. Resta da capire se questa partecipazione si tradurrà in peso politico: maggiore affluenza alle urne, pressioni legislative o nuove forme di attivismo civico. Gli organizzatori, intanto, parlano di «una tappa, non un punto d’arrivo».