Militari al WEF, via le mele marce

Il colonnello Franco Piffaretti precisa i contorni dei casi di stupefacenti e dello sparo
Gianni Righinetti
23.01.2016 06:00

DAVOS - Sul caso degli stupefacenti e dello sparo, che ha coinvolto alcuni degli oltre 600 militi impegnati a Davos il Corriere del Ticino ha sentito il capo impiego al WEF, il col Franco Piffaretti: «A scanso di equivici diciamo subito che il comandante di compagnia e quello di battaglione hanno fatto egregiamente il loro dovere. Durante la prima settimana una sezione ha dato un po' nell'occhio e c'erano dei sospetti. I soldati in questione, al ritorno dal congedo, sono stati in modo mirato controllati ed, emerso il problema stupefacenti, espulsi. Non sono più al WEF».

Piffaretti replica così a chi, oltre San Gottardo, ha parlato di «caos» e aggiunge che «sono state tolte dal mazzo alcune mele marce». A Davos ci sono oltre 600 soldati ticinesi, un numero che porta Piffaretti a dire che «quanto emerso, purtroppo, è un po' lo specchio della società civile», mentre su eventuali controlli o selezioni preventive dagli uomini da portare in missioni importanti e delicate come il WEF precisa che «non c'è il diritto di sottomettere preventivamente i militi a controlli che rientrano nella sfera privata».

E la truppa come ha recepito quanto accaduto? «In maniera molto negativa, perché qui ci sono persone che stanno facendo correttamente il loro lavoro. Ho visitato alcuni stazionamenti e posso confermare grande serietà da chi è al fronte. Per tutte queste persone vedere che si è fatto d'ogni erba un fascio non è affatto piaciuto».

Piffaretti poi, come d'altronde già il portavoce dell'esercito, fa trasparenza anche sul colpo di fucile: «Il rischio zero non esiste, può accadere e accade anche in un esercito professionista. Tra l'altro puntualizzo che il colpo è partito in una zona atta allo scarico dell'arma. Sarebbe interessante fare una ricerca, ma sono certo che questo genere di incidenti rispetto a 20 anni fa sono notevolmente calati».