«Miriamo alla crescita organica ma siamo pronti anche ad acquisti»

Andreas Utermann è dall’aprile scorso presidente del Consiglio di Amministrazione di Vontobel. Cittadino germanico e britannico, classe 1966, Utermann ha lavorato in passato a lungo in Allianz Global Investors Group, di cui è stato CEO dal 2016 al 2019. Gli abbiamo posto alcune domande sullo scenario economico, sulla piazza finanziaria svizzera e sulle strategie di Vontobel.
Nell’attuale quadro economico internazionale sono presenti molti fattori diversi tra loro, alcuni dei quali almeno in parte previsti e alcuni dei quali invece giunti inattesi. Se dovesse identificare i fattori che principalmente caratterizzano ora lo scenario, quali indicherebbe?
«Siamo attualmente di fronte a un ampio cambiamento del quadro economico internazionale complessivo, in cui emergono soprattutto due elementi principali. Il primo è un rallentamento della globalizzazione che negli ultimi decenni aveva largamente caratterizzato lo scenario. Siamo in un meccanismo di deglobalizzazione, non nel senso che la globalizzazione sparirà ma nel senso che ora e nei prossimi anni c’è e ci sarà una sua riduzione. È difficile dire per quanto tempo esattamente, ma per un certo numero di anni a mio parere sarà così. L’altro elemento principale è l’inflazione, che credo resterà più a lungo di quanto si pensi. Non resterà presumibilmente a due cifre, ma penso che rimarrà in molti Paesi sopra il 2% (soglia massima accettabile secondo le maggiori banche centrali, ndr). D’altronde, c’è un collegamento tra la deglobalizzazione e l’inflazione più alta, la globalizzazione economica ha infatti consentito nei passati decenni un contenimento dei prezzi in molti settori, mentre il rallentamento della globalizzazione ora favorisce un certo aumento dei prezzi, che si riuscirà più avanti probabilmente a limitare ma che adesso si fa sentire».
Continua ad esserci dunque nel quadro economico internazionale anche una risalita del protezionismo? E questo rallentamento della globalizzazione economica a suo parere è quindi destinato a durare?
«Certamente la parziale deglobalizzazione in atto si accompagna anche ad una certa risalita del protezionismo. Lo abbiamo visto negli ultimi anni e lo vediamo anche ora. I meccanismi protezionistici innescati dall’ex presidente degli Stati Uniti Donald Trump hanno creato situazioni in cui tutti un po’ perdono e quei meccanismi sono stati poi solo ridotti, non interamente cancellati. A mio avviso anche l’uscita del Regno Unito dall’Unione europea, la Brexit, è a suo modo un tentativo di creare una sorta di nuovo protezionismo, da parte di una quota consistente dei britannici, mossi da ragioni molto diverse tra loro. Ad un altro livello, ben più pesante, ci sono poi le tensioni geopolitiche acute che creano anche ostacoli per gli scambi economici e per le attività delle imprese, basti pensare tra le altre alla guerra in Ucraina causata dall’invasione russa o alla linea della Cina su Taiwan, con il duro confronto di Pechino con gli Stati Uniti e l’Occidente. Resto convinto che un giorno la globalizzazione ricomincerà a rafforzarsi, ma attualmente il quadro è appunto di rallentamento».
In questo scenario che lei delinea, qual è a suo avviso la posizione della Svizzera, quali sono in sostanza la situazione e le prospettive per la Confederazione elvetica?
«La Svizzera ha saputo costruirsi nel tempo una sua realtà particolare. La sua situazione politica è unica, dal punto di vista economico inoltre ha un reddito medio elevato, stabilità monetaria, inflazione sotto controllo. Certo, pure la Svizzera deve tener conto del mondo che cambia, anche la visione di un elemento importante come la neutralità va probabilmente in parte aggiornata, in un quadro in cui ad esempio l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia ha portato due Paesi neutrali come Finlandia e Svezia ad andare verso la NATO. Ritengo comunque che la Svizzera continuerà a fare bene, perché qui gli argomenti economici razionali in genere passano anche a livello politico. Ci sono inoltre stabilità, adattabilità e attività economiche molto diversificate».


Le banche elvetiche in questi ultimi anni hanno affrontato oggettivamente molti e consistenti cambiamenti. Qual è a questo punto la situazione per il settore bancario svizzero considerato nel suo complesso?
«Fiducia e marchio sono elementi sempre molto importanti per il successo, anche in campo finanziario. Il settore bancario svizzero rimane forte su entrambi questi versanti. Personalmente ho deciso di entrare in Vontobel sulla base di una riflessione che riguardava sia il settore bancario elvetico nel suo complesso sia naturalmente e specificamente la banca. Vontobel ha titoli quotati in Borsa ma il controllo è rimasto nelle mani della famiglia, che ha la maggioranza, fattore questo che garantisce stabilità e visioni di lungo periodo. Vontobel è attiva principalmente nel wealth management, e nell’asset management, ed è al tempo stesso ben diversificata e ben organizzata. Posso dirle che se guardo al settore bancario svizzero penso di essere nel posto giusto e che se guardo a Vontobel penso di essere nella banca giusta».
Veniamo quindi alle strategie di Vontobel. Per quel che riguarda lo sviluppo delle vostre attività ora guardate più alla crescita organica, cioè sostanzialmente alla crescita per linee interne, o più a nuove acquisizioni, dopo quelle già fatte?
«Come Vontobel siamo in un certo senso agnostici per quel che riguarda la via da seguire per la crescita delle nostre attività. Vediamo i vantaggi sia della crescita organica sia delle acquisizioni, occorre scegliere adeguatamente di volta in volta. La nostra è una storia di gestori di investimenti ed è fatta soprattutto di crescita organica, a cui però, a seconda delle differenti fasi, si sono affiancate acquisizioni, sia in Svizzera sia all’estero. Queste ultime vengono attuate quando si presentano delle appropriate opportunità da cogliere, che devono essere naturalmente coerenti con la nostra strategia di crescita sostenibile e con il nostro modello di business. Puntiamo dunque sempre principalmente sulla crescita organica, ma restiamo aperti nei confronti di eventuali nuove acquisizioni. Ciò vale per entrambi i nostri rami principali di attività, cioè wealth management e asset management, che vengono gestite nel nostro gruppo in modo non separato, con uno schema che è competitivo a livello globale e che dà vantaggi alla nostra clientela. Abbiamo una posizione forte anche per quel che concerne i mezzi propri e siamo dunque in grado di attuare nel caso altri nuovi acquisti in futuro».
All’interno delle vostre strategie attuali, quali ruoli giocano il mercato svizzero nel suo insieme, il mercato ticinese con le sue specificità, il vicino mercato italiano?
«La Svizzera è il luogo delle radici di Vontobel ed è anche un mercato su cui continuiamo a sviluppare bene le nostre attività, il nostro business. Il mercato elvetico ha e manterrà naturalmente una posizione di rilievo all’interno delle nostre strategie. Il Ticino da un lato è ovviamente parte del mercato svizzero e dall’altro però ha appunto le sue specificità, tra le quali una sua interessante clientela locale e la vicinanza geografica e la condivisione della lingua con l’Italia. Per noi il Ticino è importante, abbiamo una presenza diretta anche in questo cantone italofono e vogliamo continuare a sviluppare le nostre attività anche in questa parte della Svizzera. Per quel che riguarda l’Italia, si tratta di uno dei principali mercati europei, con una posizione rilevante anche per le attività del nostro gruppo. Sul mercato italiano operiamo attraverso la presenza diretta con nostre strutture locali, che abbiamo sviluppato soprattutto a Milano. Il cambio di governo in corso attualmente in Italia non muta il quadro per le nostre attività in Italia, per noi si tratta di business as usual, di continuare cioè a fare affari su un mercato europeo di rilievo, cercando di crescere ulteriormente, di mantenere le posizioni già raggiunte e anche di rafforzarci».