Sanità

Moncucco chiude in pareggio: «Ma è sempre più difficile»

Il Gruppo sanitario ha presentato il rapporto di esercizio 2023, il primo con la Santa Chiara integrata nei conti – Mauro Dell’Ambrogio: «La pressione sul settore è evidente» – Christian Camponovo: «Tra le sfide, anche il personale»
©Gabriele Putzu
Francesco Pellegrinelli
03.05.2024 18:30

È con un occhio al contesto generale, segnato dalle difficoltà economiche riscontrate da molti istituti sanitari svizzeri, che il Gruppo Ospedaliero Moncucco guarda al risultato d’esercizio del 2023 con una certa soddisfazione. «Abbiamo chiuso i conti in pareggio. Con i tempi che corrono, non possiamo lamentarci», ha commentato il presidente del Consiglio di amministrazione, Mauro Dell’Ambrogio. «La pressione sul settore è evidente. Il fatto di presentare un risultato meno eccellente rispetto agli anni passati, è indice di una tendenza generale che deve far riflettere».

Il contesto

Il pareggio dei conti – ha spiegato dal canto suo il direttore Christian Camponovo – è stato ottenuto malgrado il cospicuo aumento dei costi dovuti ai rincari, all’introduzione del nuovo contratto collettivo di lavoro, all’aumento del personale (39 dipendenti) e dei costi di fusione tra la Clinica Moncucco e la Clinica Santa Chiara. «Far quadrare i conti è sempre più difficile», ha sottolineato Camponovo. «I costi della salute aumentano, ma le tariffe rimangono al palo». La difficoltà è comune al pubblico e al privato. «I bisogni sono in crescita, e con essi i costi. Le strutture, però, si trovano a fatturare con le tariffe in vigore da una quindicina di anni. Quest’anno chiudiamo i conti in pareggio, ma sempre più spesso leggiamo notizie di strutture sanitarie in grosse difficoltà economiche con predite milionarie».

L’ultimo caso in ordine di tempo riguarda l’ospedale pubblico di Wetzikon, al quale è stata concessa una moratoria concordataria provvisoria di quattro mesi per evitare il fallimento. Il prestigioso Gruppo Insel, invece, ha chiuso il 2023 con un deficit di oltre 110 milioni di franchi. Eppure, facciamo notare, aumentare i premi di cassa malati non è la soluzione. Che cosa fare, quindi? «Per non collassare, il settore deve trovare un nuovo equilibrio», ammette Camponovo. «L’unica possibilità è riuscire a contenere le prestazioni. La bacchetta magica tuttavia non esiste. Ci vuole una partecipazione attiva da parte della popolazione che deve essere disposta ad autolimitarsi determinati servizi». Anche i medici e le strutture devono fare la loro parte? «Certamente. Noi – prosegue Camponovo – siamo la struttura che in ambito stazionario presenta le tariffe più basse. Siamo il 10% sotto la media nazionale. Un contributo, lo diamo».

Crescono i pazienti

Intanto, però, la popolazione invecchia e il fabbisogno di cure mediche aumenta. «Nel 2023, il Gruppo Moncucco ha registrato una crescita del numero di pazienti ricoverati di circa il 7%. «Oltre 10 mila pazienti sono stati presi a carico all’interno dei reparti di degenza, quasi 30 ricoveri al giorno», ha spiegato Dell’Ambrogio. A crescere in modo marcato è stato anche il numero di pazienti seguiti in regime ambulatoriale (+16%), cioè senza un ricovero.

Una crescita che pone il Gruppo Moncucco come il primo attore cantonale, dopo l’Ente ospedaliero, a livello di attività ospedaliera somatica acuta. «La differenza di crescita tra lo stazionario e l’ambulatoriale deriva dal fatto che sempre più interventi sono spostati dal primo al secondo ambito», ha ricordato Dell’Ambrogio. Una fetta importante di interventi per i quali prima si veniva ricoverati almeno una notte, oggi, per ragioni tecniche, vengono eseguiti in regime ambulatoriale.

Una professione da rivalutare

Guardando al futuro, tra le sfide evocate dal direttore Camponovo figura, accanto alla crescente domanda di prestazioni con costi in aumento e tariffe ferme al palo, anche la carenza di personale: «Trovare figure competenti è sempre più difficile». Una diagnosi che, in realtà, accomuna il Gruppo Moncucco a tutto il settore sanitario, alle prese da tempo con un calo di interesse da parte delle giovani leve: «L’interesse per la formazione di infermiere tra i giovani è in calo». Ogni anno, i posti messi a disposizione per gli stage sono infatti superiori alle richieste, ha spiegato Camponovo. «Se da un lato capisco la lotta politica che è stata fatta per ‘‘le cure infermieristiche forti’’, dall’altro parlare a lungo unicamente dei problemi di questa professione ha generato un calo dell’attrattività». Secondo Camponovo andrebbero messi maggiormente in evidenza gli aspetti positivi, «come il fatto di poter costruire una relazione umana profonda con i pazienti, oppure la possibilità di dare un contributo per un bene collettivo, oltre alla possibilità di crescita e di carriera e di ulteriore specializzazione». Sta di fatto che il contributo quotidiano dei lavoratori frontalieri è decisivo. Un aspetto che deve interrogarci tutti, ha detto ancora Camponovo: «All’interno del Gruppo, abbiamo circa un 30% di personale proveniente dall’Italia. Siamo loro grati per la scelta professionale. Guardando avanti, l’invecchiamento della popolazione comporta una crescente domanda di cure, il che ci spinge a riflettere sulle esigenze a breve e lungo termine. Già oggi, senza la presenza dei lavoratori frontalieri, il settore sanitario non sarebbe in grado di sostenere le nostre strutture sanitarie, compresi gli ospedali, le cliniche, le case per anziani e l’assistenza domiciliare. In futuro, senza i frontalieri, la situazione rischia di aggravarsi ulteriormente».