Dopo l'attacco

7 ottobre: l'intelligence israeliana paga, ma non per tutti

Aharon Haliva, il leader dei servizi segreti militari israeliani, ha rassegnato oggi le dimissioni – Ma nella lettera: «Spero venga istituita una commissione d'inchiesta che possa indagare e scoprire in modo approfondito, completo e preciso tutti i fattori e le circostanze che hanno portato ai difficili eventi»
©Copyright 2023 The Associated Press. All rights reserved.
Red. Online
22.04.2024 13:30

Aharon Haliva, leader dell'unità di intelligence delle Forze di difesa israeliane (IDF), ha rassegnato oggi le dimissioni dopo due anni e mezzo nel ruolo. L'addio, non ha nascosto il generale nel comunicato diffuso in mattinata, è dovuto alla mancata prevenzione dell'attacco compiuto da Hamas il 7 ottobre. «La divisione di intelligence sotto il mio comando non è stata all'altezza del compito che ci era stato affidato», ha dichiarato Haliva. «Fino alla fine del mio mandato, farò di tutto per sconfiggere Hamas e coloro che cercano di danneggiarci e per il ritorno di tutti gli ostaggi e i prigionieri alle loro case e alla loro terra».

C'è chi paga per tutti?

Haliva è il primo generale dello Stato Maggiore dell'esercito a lasciare la sua posizione dopo l'attacco a sorpresa che ha portato alla morte di circa 1.200 persone e dato il via alla guerra a Gaza. Già nella settimana successiva l'attacco, Haliva aveva accettato le proprie colpe, scrivendo: «Non siamo stati all'altezza della nostra missione, mi assumo la piena responsabilità del fallimento».

Il generale, tuttavia, non sembra disposto a pagare per tutti. Nella lettera di dimissioni, il capo dell'intelligence militare ha infatti chiesto ulteriori approfondimenti sulle responsabilità, condivise, dell'attacco. E lo ha fatto domandando l'istituzione di una commissione d'inchiesta statale «che possa indagare e scoprire in modo approfondito, completo e preciso tutti i fattori e le circostanze che hanno portato ai difficili eventi», riporta il quotidiano israeliano Haaretz.

Il governo

L'ipotesi che l'attacco di Hamas sia stato reso possibile, semplicemente, da un fallimento dell'intelligence israeliana rimane tema di dibattito, anche all'interno di Israele. Da noi intervistato il 9 ottobre, il generale dell'Esercito italiano nonché esperto di scienze strategiche e storia militare Paolo Capitini aveva definito una «scorciatoia intellettuale» l'idea che i servizi segreti israeliani potessero essere stati colti così alla sprovvista. «Staremmo parlando di qualcosa di davvero eclatante. Davvero, nei mesi che hanno preceduto questa azione, nessuno si è accorto dell'addestramento dei miliziani? Dell'avvicinarsi di persone che normalmente non vivevano nella Striscia? Del traffico di materiali? Credo sia una scorciatoia intellettuale pensare che i tre servizi segreti israeliani (Mossad, Aman, Shin Bet) non si siano accorti di nulla, pur avendo una rete di controllo nella Striscia così capillare da non avere paragoni al mondo. L'intelligence raccoglie informazioni, granello dopo granello, le valuta in base ad affidabilità, completezza, pericolosità. Poi, questi dati vengono girati ai governi. Dare credito a quanto viene detto e agire di conseguenza non sta né all'intelligence né all'esercito». Insomma, spiega Capitini, «sta in piedi con più facilità l'ipotesi che a eventuali avvertimenti dell'intelligence il governo abbia dato poco credito».

Netanyahu

I sondaggi, del resto, parlano chiaro. Sin dal mese di ottobre 2023, la maggior parte degli israeliani attribuisce soprattutto al governo Netanyahu e al premier stesso la responsabilità delle carenze in materia di sicurezza che hanno portato al 7 ottobre. E il tema "nuove elezioni", in Israele, rimane caldo. Migliaia di persone sono scese in piazza sabato per chiedere un cambio di governo e per sollecitare colloqui più incisivi che portino alla liberazione dei 133 ostaggi ancora trattenuti da Hamas nella Striscia.  

In questo articolo: