A Como e Varese regna la disaffezione degli elettori

La fotografia più chiara, nitida, si può forse ricavare da una breve considerazione che lo storico Aldo Schiavone ha fatto nel suo ultimo libro (Sinistra!), pubblicato qualche giorno fa da Einaudi: «La democrazia sta perdendo il suo popolo». L’astensionismo e una travolgente disaffezione dei cittadini elettori dal voto sono il dato più evidente della tornata regionale appena conclusa. Qualcosa con cui l’Italia ha a che fare da anni, ma che adesso sta assumendo dimensioni preoccupanti.
Cinque anni fa, le elezioni regionali in Lombardia e nel Lazio coincisero con le politiche. Inevitabilmente, il numero dei votanti era stato elevato: 73,11% in Lombardia e 66,55% nel Lazio. I numeri di quest'oggi raccontano invece uno scenario completamente diverso: in Lombardia, è stato registrato il dato più basso di sempre dell’affluenza alle urne, il 41,67%, ovvero 32 punti sotto il 2018. Nel Lazio ha addirittura votato un terzo degli elettori, il 37,20%. In numeri assoluti, nelle due regioni hanno espresso la preferenza circa 5,1 milioni di persone, 3 milioni in meno rispetto anche alle politiche di sei mesi fa.
Nel panorama desolante della partecipazione, in Lombardia spiccano in negativo i dati delle province di frontiera con la Svizzera, dove l’astensione è stata maggiore della media regionale. Nel Comasco l’affluenza non ha superato la soglia psicologica del 40% e si è fermata al 39,08%, contro il 70,61 di cinque anni fa. Male anche il Varesotto con il 38,49% di votanti a fronte del 71,04% del 2018. Peggio di Como e Varese ha fatto la Valtellina, con il 37,95% di partecipazione (cinque anni fa, in provincia di Sondrio, si recò alle urne il 66,27% degli aventi diritto). La disaffezione ha poi raggiunto numeri elevatissimi in alcuni piccoli comuni di frontiera: Cremenaga (21,21%) e Lavena Ponte Tresa (22,40%) nel Varesotto; Campione (23,82%) e Valsolda (24,34%) nel Comasco.