A Gaza la situazione è catastrofica: crescono le pressioni su Netanyahu

È un Benjamin Netanyahu sempre più isolato quello che sta affrontando le ore cruciali di una guerra che va avanti da quasi due anni ormai. Mai come in questo periodo, il premier più longevo della storia d’Israele si sente isolato e all’angolo. Il Paese è tra due fuochi. Da un lato l’esigenza e la voglia, mai nascosta dal premier e dal suo Governo di estrema destra di andare avanti con la guerra a Gaza fino alla totale sconfitta di Hamas e al rilascio degli ostaggi, vivi o morti che siano; dall’altro la pressione da parte della Comunità internazionale, affinché cessino le ostilità e si metta in salvo la popolazione civile della Striscia, ormai allo stremo.
Le tensioni con l’Occidente
Martedì per Netanyahu è giunto un altro duro colpo. Con 17 voti a favore (su 27 totali) il Consiglio degli Affari esteri dell’UE ha deciso di avviare un processo di revisione dell’Articolo 2 dell’Accordo di Associazione UE-Israele, firmato nel 1995 ed entrato in vigore nel 2000, sulle relazioni commerciali tra Bruxelles e Tel Aviv, che garantisce a Israele tariffe preferenziali e accesso facilitato al mercato europeo. L’articolo 2 impone però il rispetto dei diritti umani e dei principi democratici. E non è solo Bruxelles ad andare contro Israele. La Gran Bretagna ha deciso di sospendere gli scambi e anche di applicare, contro i coloni, una serie di sanzioni. E i rapporti con gli Stati Uniti, e con Trump soprattutto, al momento non sono idilliaci. Di facciata, la relazione con il presidente americano è ottima. Per il tycoon, che è un pragmatico, Netanyahu è sacrificabile, se non rientra nel progetto del «grande» Medio Oriente dove, obbligatoriamente, deve entrare l’Arabia Saudita. L’architetto americano degli Accordi di Abramo sa che con la nascita dello Stato palestinese, è più facile l’ingresso saudita. I rapporti sono diventati persino più tesi di recente quando Netanyahu non ha visto di buon occhio il fatto che gli Stati Uniti abbiano negoziato direttamente con Hamas la liberazione dell’ostaggio Edan Alexander come pure non sembra avergli perdonato di aver fatto l’accordo con gli Houthi, con il quale questi hanno accettato di smettere di colpire le navi statunitensi. Una situazione difficile che, però, non sembra smuovere più di tanto i vertici a Gerusalemme. Il Ministero degli Esteri israeliano ha affermato che l’azione dell’UE «riflette una totale incomprensione della complessa realtà che Israele sta affrontando». «Le pressioni esterne non faranno deviare Israele dal suo percorso nella difesa della sua esistenza e sicurezza contro i nemici che ne vogliono la distruzione», ha dichiarato il portavoce del Ministero degli Esteri israeliano, Oren Marmorstein.
La situazione umanitaria
Intanto, la situazione umanitaria a Gaza appare sempre più preoccupante. Papa Leone XIV ha descritto la situazione nella Striscia come «preoccupante e dolorosa» e ha chiesto «l’ingresso di sufficienti aiuti umanitari». Il presidente palestinese Mahmud Abbas ha accolto con favore il rifiuto internazionale del «blocco» e della «fame». Il premier Netanyahu lunedì ha accettato l’ingresso di aiuti a Gaza. «Per completare la vittoria, sconfiggere Hamas e liberare i nostri ostaggi - ha detto il premier israeliano - non dobbiamo raggiungere uno stato di fame». «Ci stiamo rapidamente avvicinando alla linea rossa, una situazione in cui potremmo perdere il controllo e allora tutto crollerebbe», ha aggiunto, motivando così la decisione di iniziare a far entrare gli aiuti. Ieri lo stesso primo ministro ha affermato che Israele è «pronto per un cessate il fuoco temporaneo, se ce ne sarà l’opportunità». Medici Senza Frontiere (MSF) ha risposto che il volume di aiuti che Israele ha iniziato a far entrare a Gaza non sarebbe comunque minimamente sufficiente per la popolazione di 2,4 milioni di persone nella Striscia, descrivendolo come «una cortina fumogena per fingere che l’assedio sia finito». «La situazione a Gaza è catastrofica, gli aiuti che Israele ha autorizzato a entrare a Gaza non sono che una goccia nell’oceano», ha detto il commissario per l’UE Glenn Micallef. «Per più di 80 giorni Israele ha bloccato l’ingresso di aiuti a Gaza. Israele è obbligata ai sensi del diritto internazionale a garantire che gli aiuti raggiungano la popolazione che ne ha bisogno. È chiaro che affrontare la situazione umanitaria a Gaza è la nostra priorità». Il problema è sempre la distribuzione, i pochi camion entrati restano fermi. Il nuovo piano militare prevede che gli aiuti vengano distribuiti solo a Sud, dove devono andare tutti i gazawi. Qui gli aiuti saranno schedati, e contractors americani li distribuiranno singolarmente, per evitare che Hamas se ne appropri. Le Nazioni Unite contestano il piano. E il nervosismo è tangibile anche nell’esercito israeliano.
«Hamas sarà sconfitto»
Ieri, durante una visita ufficiale di 25 diplomatici a Jenin, in Cisgiordania, l’esercito israeliano (Idf) ha sparato in aria in segno di avvertimento. I diplomatici sono scappati via a bordo delle vetture blindate. Tra loro anche il vice console italiano a Gerusalemme. Fortunatamente, nessun ferito e nessun danno. Poco dopo, l’esercito stesso ha fatto sapere, scusandosi, che a una prima indagine risulta che la delegazione si sia allontanata dal percorso previsto e sia quindi giunta in un’area in cui non era autorizzata. Il ministro degli Esteri italiano Tajani ha detto che «le minacce contro i diplomatici sono inaccettabili» e ha chiesto immediate spiegazioni al Governo israeliano, convocando l’ambasciatore a Roma. Parole di condanna anche da parte del ministro degli Esteri belga, Maxime Prevot, che si dice «scioccato nell’apprendere che l’esercito israeliano ha aperto il fuoco su una ventina di diplomatici, tra cui un collega belga. Il Belgio esige da Israele spiegazioni convincenti». «Chiediamo a Israele di indagare e di assegnare la responsabilità di questo incidente», ha commentato l’alta rappresentante UE Kaja Kallas, la quale ha precisato che Israele è firmatario della convenzione di Vienna, che regola la protezione dei diplomatici. Anche il ministro degli Esteri francese Jean-Noel Barrot ha dichiarato che avrebbe convocato l’ambasciatore israeliano per chiedere spiegazioni, definendo l’incidente «inaccettabile». Ma Netanyahu va per la sua strada: «Al termine dell’operazione Carri di Gedeone tutte le aree della Striscia di Gaza saranno sotto il controllo di sicurezza israeliano e Hamas sarà sconfitto».