Il discorso

«A Gaza situazione inaccettabile»: von der Leyen annuncia sanzioni contro i ministri israeliani

La presidente della Commissione, molto criticata, prova a uscire dall’angolo e rilancia su Israele e Russia: «È giunto il momento di battersi per un’Europa libera e indipendente»
©Pascal Bastien
Gabriele Rosana
10.09.2025 21:00

«È giunto il momento di battersi per un’Europa libera e indipendente». Dall’aula del Parlamento europeo riunito in sessione plenaria a Strasburgo, Ursula von der Leyen ha provato a uscire dall’angolo dove era stata confinata da un’estate dominata dalle incertezze internazionali. Un’estate che, ha affermato la presidente della Commissione europea, «ci ha dimostrato come non ci sia più tempo o spazio per la nostalgia. L’Europa deve lottare per il suo posto in un mondo in cui poteri globali sono ambivalenti o apertamente ostili», dalla Cina della parata militare muscolare di inizio mese alla Russia che continua a bombardare l’Ucraina. L’occasione per delineare il programma di lavoro dei prossimi mesi l’ha offerta il discorso sullo stato dell’Unione (SOTEU), l’appuntamento - modellato sull’intervento annuale del presidente statunitense davanti al Congresso - che segna la ‘‘rentrée politique” delle istituzioni europee. «Ho riflettuto a lungo se aprire con una valutazione tanto netta (sul continente in lotta, ndr). Noi europei, in fondo, non siamo abituati - né ci sentiamo a nostro agio - a parlare così. Perché la nostra Unione è, anzitutto, un progetto di pace. Ma la verità è che il mondo di oggi è spietato», ha ammesso von der Leyen in un intervento durato più di un’ora e dominato dagli esteri. «Abbiamo la tempra per questa battaglia?», s’è chiesta, chiamando all’unità gli alleati della sua conflittuale euro-maggioranza (che non hanno perso occasione per tornare, subito dopo, a lavare in pubblico i panni sporchi).

L’Alaska e Gaza

Di fronte a uno straripante Donald Trump, però, l’UE prova a esserci. Se «le immagini dall’Alaska non sono state facili da digerire», ha affermato von der Leyen riferendosi al bilaterale di Ferragosto fra Trump e Vladimir Putin, allo stesso tempo «ciò che sta succedendo a Gaza ha scosso la coscienza del mondo» ed è «inaccettabile». La numero uno dell’esecutivo UE ha elencato proposte precise anche sul Medio Oriente, in modo inusuale per una leader che (ostaggio delle divisioni dei governi dei 27 Stati membri) finora si è sempre mostrata cauta. Stavolta ha cambiato registro, pressata dalle forze di sinistra, nell’emiciclo vestite di rosso come il “cartellino” mostrato dai manifestanti al governo di Israele. Per la prima volta, von der Leyen ha annunciato sanzioni contro i ministri israeliani estremisti (Itamar Ben-Gvir e Bezalel Smotrich, già “colpiti” da Regno Unito, Australia, Canada, Nuova Zelanda e Norvegia) e, come accaduto in passato, per i coloni violenti della Cisgiordania occupata. Perché le restrizioni siano approvate, tuttavia, serve la (difficile) unanimità dei Paesi UE. Basta, invece, la maggioranza qualificata per validare la sospensione parziale dell’accordo commerciale con Israele, misura che la Spagna aveva invocato a più riprese e che von der Leyen si è infine decisa a mettere sul tavolo, insieme alla creazione di un fondo per la ricostruzione di Gaza con altri partner globali.

Il muro di droni

Venendo all’altro fronte di guerra, Bruxelles sta lavorando al 19. pacchetto di sanzioni contro la Russia - secondo indiscrezioni, potrebbe mettere al bando i visti turistici -, e tiene fede al proposito di utilizzare gli extraprofitti generati dagli asset russi congelati per finanziare la ricostruzione dell’Ucraina. Si tratta di prestiti che Kyiv dovrà sì ripagare all’UE, ma solo quando Mosca «avrà cominciato a sborsare le sue riparazioni di guerra». Appena tornata da un viaggio sul campo per perlustrare tutto il “fianco orientale” dell’Unione più esposto alla Russia, dal Baltico al Mar Nero, von der Leyen ha insistito sulla rapidità nel riarmo, perché «il 2030 è domani». Il Vecchio Continente ha bisogno di «capacità strategiche autonome», come la costruzione di «un muro di droni» e un’alleanza settoriale con l’Ucraina, la cui tecnologia militare è all’avanguardia dopo anni di guerra contro la Mosca. Ma il potere dei simboli è più forte di quello delle parole, e von der Leyen ha chiamato la standing ovation quando ha indicato, tra i banchi, l’11enne ucraino Sasha, rapito dai russi all’inizio dell’invasione e poi riportato a casa dalla nonna Liudmyla, anche lei presente a Strasburgo.

Il resto del discorso ha sviluppato l’agenda politica interna: dall’idea di introdurre limiti all’uso dei social network per i minorenni alla barra dritta sul “Green Deal” («Il futuro dell’auto è elettrico», ma «non possiamo lasciare che la Cina e altri conquistino questo mercato»). Fino alla difesa delle «normative digitali», sempre nel mirino di Trump, ma su cui «decideremo sempre da soli». Non ci sono solo gli USA e, infatti, «dobbiamo concentrarci sul restante 80% delle nostre relazioni commerciali» (qui rientra il ritrovato slancio con la Svizzera, oltre che con India e America Latina). Ma il rapporto con Washington «resta il più importante», ha ribadito difendendo l’accordo sull’introduzione di dazi del 15% complessivo sull’export UE concluso a fine luglio. «Il migliore possibile».

Non la pensano così i cittadini dei più grandi Paesi interpellati da un sondaggio Cluster 17 pubblicato da Le Grand Continent: il 75% di loro ritiene che von der Leyen abbia difeso male gli interessi dell’UE, mentre il 60% ne chiede le dimissioni. Le chiamano a gran voce pure i gruppi parlamentari di destra e sinistra radicale, pronti a presentare due separate mozioni di sfiducia ad appena due mesi dall’ultimo (vano) tentativo.