Addio alla prima classe, come voleranno i ricchi?

Prima classe, ma è uno sballo. Spremute d’arancia in bicchieri di cristallo. Prendiamo in prestito alcuni versi della sigla di Willy, il principe di Bel-Air per introdurre un tema interessante. Quantomeno perché è stato sollevato dal Financial Times, non proprio l’ultimo giornale di questo mondo. La pandemia, spiega il quotidiano britannico, potrebbe spingere le compagnie aeree a rivedere il loro modello di business. O, meglio, la disposizione dei posti e soprattutto la suddivisione in classi per i voli a lungo raggio: first, business ed economy.
Che fine faranno le suite?
Prima della pandemia, i clienti più facoltosi venivano coccolati. Gli A380 della Singapore Airlines, ad esempio, disponevano di vere e proprie suite. Come negli alberghi più lussuosi. Il design era stato affidato a Jean-Jacques Coste, i kit di cortesia portavano la firma di Ferragamo mentre le poltrone in pelle avevano la prestigiosa dicitura Frau. Roba da ricchi, volendo citare il titolo di un film anni Ottanta. Sembrava il non plus ultra del lusso, destinato a durare in eterno. Mica tanto.
La pandemia, ad ogni modo, c’entra ma non del tutto. Specifichiamo: nel 2019, la domanda per la prima classe (escludendo i voli interni in Cina e negli Stati Uniti) era scesa del 45% rispetto al 2010. Nello stesso periodo, il segmento business (più abbordabile) era cresciuto del 42%. Non a caso, ribadisce il Financial Times, vettori come Air New Zealand, KLM e Turkish Airlines – la compagnia che opera in più Paesi al mondo – avevano salutato i posti di prima classe ben prima del coronavirus. Poi, è vero, la crisi sanitaria e le limitazioni cui è confrontato da oltre un anno il settore dell’aviazione hanno ulteriormente favorito questo allontanamento. Allo stato attuale, anche Qatar, Singapore e Qantas non stanno offrendo la prima classe.
In fondo, basta la business
La pandemia c’entra ma non del tutto, dicevamo. Molto, infatti, ha fatto il miglioramento della business class. British Airways, per dire, introdusse le poltrone-letto già nel 2000. Oltre vent’anni fa. Parallelamente, il mondo è cambiato e sta cambiando. E così, aerei giganteschi come il Boeing 747 o il citato A380 – ideali per ospitare la prima classe – hanno già imboccato o stanno imboccando il viale del tramonto. Addio, insomma, a caviale, champagne e perfino maggiordomo (costo del biglietto fra andata e ritorno: 30 mila dollari) per fare spazio a velivoli più contenuti, in termini di spazio e costo del carburante. Citiamo l’A350 o il Boeing 787, il cosiddetto Dreamliner. Modelli che permettono risparmi da sogno, scusate il gioco di parole, in termini di cherosene: fino a 20% in meno per passeggero.
Secondo gli esperti le prime classi reggeranno su compagnie lussuose per definizione, come Emirates, il cui tasso di riempimento non dovrebbe subire cali al netto della pandemia. Altri protagonisti dell’aria, da Lufthansa a British Airways passando per Swiss, che fra l’altro ha appena annunciato una forte riduzione della sua flotta, si stanno già muovendo su velivoli e rotte più flessibili. Banalmente, gli aerei più piccoli sono più facili da riempire. E richiedono meno risorse.
La crescita dei jet
E i ricchi? Come voleranno, adesso? Si accontenteranno della business class? Possono sembrare questioni perfino irrispettose, visti i tempi che stiamo vivendo. Eppure, la domanda è lecita. Forbes cita qualcosa come 2.755 miliardari nella sua lista del 2021, 660 in più rispetto al 2020. Senza contare top manager e affini. Di gente disposta a pagare più del dovuto per andare da A a B, tagliando corto, ce n’è. Arrangiarsi (si fa per dire) con un aereo privato è anche una questione di salute, allargando il discorso. L’austriaca GlobeAir, bravissima sul fronte del marketing, afferma non a caso che i contatti potenzialmente a rischio su un jet sono soltanto 20 rispetto ai 700 di un volo di linea.
Una risposta alle domande di cui sopra si nasconde proprio fra le pieghe, e i dati, dell’aviazione privata. Parliamo dei jet, appunto, divenuti dall’oggi al domani oggetti richiestissimi. Flexjet, una società di aerei privati con sede in Ohio, per venire incontro a una clientela sempre più numerosa ha deciso di offrire nuove rotte: «Molti nostri clienti volavano già privatamente in Europa, mentre per i viaggi intercontinentali sceglievano la prima classe e gli aerei di linea» dice Marine Eugène, direttrice per l’Europa di Flexjet, interrogata dal Financial Times. «Ora, invece, molti di loro hanno usato nostri aerei per attraversare l’Atlantico o per andare alle Maldive». Roba da ricchi, bis.
Un’ultima domanda, legata strettamente alle precedenti: una volta superata la pandemia, questi clienti resteranno «fedeli» all’aviazione privata o torneranno a viaggiare con aerei di linea per le tratte intercontinentali? Di più, detto di Emirates quante altre compagnie saranno pronte o disposte a riattivare le rispettive prime classi? La prospettiva di attese sempre più lunghe negli aeroporti, di sicuro, non è allettante se dovessimo vestire i panni del manager. Molti nuovi clienti di Flexjet, per dire, non vogliono più tornare indietro. È anche una questione psicologica: conosciuto un lusso diverso, rappresentato dall’esclusività e dal risparmio di tempo, chi mai vorrebbe riappropriarsi delle vecchie abitudini?