Ai ballottaggi il centrosinistra riequilibra la geografia

(Aggiornato alle 21.03) In Italia il centrosinistra inverte una tendenza in corso da qualche anno, il centrodestra perde qualche posizione ma rimane, in linea teorica, ancora avanti nella carta geografica dei Comuni. Dopo i ballottaggi cambia la mappa delle amministrazioni dei principali Comuni italiani, che come sempre forniscono preziose indicazioni sulla temperatura politica del Paese.
La mappa cambia soprattutto nel peso specifico: se infatti il numero dei capoluoghi di provincia è in sostanziale equilibrio, quello dei capoluoghi di regione vede il centrosinistra riconquistare Torino e Roma: attualmente sono 12 quelli a guida PD e alleati, otto per il centrodestra e uno per il Movimento 5 Stelle che è la forza che più di ogni altra esce ridimensionata da questa tornata elettorale, almeno in termini di Comuni governati.
Il centrosinistra guida oggi le cinque città italiane più grandi, otto delle dodici città con più di 250 mila abitanti e 17 delle 25 città con più di 150 mila abitanti. Segno evidente anche di una tendenza in atto da alcuni anni (e non solo in Italia) che vede le forze progressiste egemoni nelle grandi città e quelle conservatrici più forti nei piccoli centri: una dinamica sempre più polarizzata che potrebbe essere una delle chiavi per decidere chi vincerà le prossime politiche.
Ma rimanendo all’ultima tornata elettorale che ha visto al voto 19 capoluoghi di provincia il centrosinistra ha vinto in 14 e governava in otto: ne ha strappati due al M5s, tre al centrodestra e si è alleato a un’esperienza civica che già governava a Latina. Il centrodestra difende i cinque Comuni dove già guidava l’amministrazione (fra cui Trieste), ma non fa nuove conquiste, come, invece, era successo in tutte le tornate amministrative degli ultimi anni.
La mappa dell’Italia, quella fatta dalle cento città e dalla provincia che spesso fa fatica ad entrare nel dibattito nazionale si riequilibra: il centrosinistra riconquista un po’ di terreno, ma se il confronto si fa con cinque anni fa il bilancio rimane pesantissimo. Governava infatti 68 capoluoghi contro i 28 del centrodestra: il M5s, che aveva appena conquistato Roma e Torino, si fermava a cinque.
Da lì, per il PD, è cominciata la slavina che nelle amministrative degli anni successivi lo ha portato a perdere posizioni su posizioni, con il centrodestra che ha sfondato anche in aree che sembravano storicamente inaccessibili, conquistando Comuni anche nelle regioni rosse dove la sinistra non aveva mai perso nel dopoguerra, come Siena, Pisa, Pistoia, Forlì e Ferrara.
Il conto, oggi, è sostanzialmente in equilibrio e dipende, nei dettagli, dal perimetro delle coalizioni. Se si considerano in senso classico, centrodestra batte centrosinistra 50 a 46. Ma diventa quasi un pareggio se si rappresenta il M5s (che dalla carta geografica quasi sparisce, mantenendo tre capoluoghi, il principale dei quali Campobasso) come parte integrante della coalizione di cui fa parte il PD.
Completano poi un quadro del quale è difficile definire i contorni esatti un Comune con un’amministrazione di centro, due sotto commissariamento e otto esperienze puramente civiche, nelle quali i principali partiti rappresentati in parlamento sono all’opposizione. Ma che finiscono, poi, spesso per essere bene o male attratte nell’orbita d’influenza delle coalizioni maggiori: come ad esempio è successo a Latina dove il sindaco uscente Damiano Coletta è stato confermato grazie anche al sostegno del PD. O come l’esperienza di Federico Pizzarotti a Parma, nata ormai ben nove anni fa sotto le insegne del Movimento 5 Stelle e oggi ascrivibile a un’area che è indubbiamente più vicina al centrosinistra che non al centrodestra.
Le reazioni
Come un’onda il centrosinistra conquista 8 città al ballottaggio su 10, dicevamo: strappa Roma e Torino a M5s, conquista al centrodestra Savona, Cosenza e Isernia, mantiene Caserta e l’ex feudo leghista di Varese che il Carroccio ha provato fino alla fine a riportare «a casa». Il centrodestra resiste a Trieste con la riconferma, per la quarta volta, di Roberto Dipiazza ma rifiuta la definizione di «débâcle» per analizzare il voto. «Una vittoria trionfale», esulta il leader PD Enrico Letta che corona simbolicamente la vittoria di Roberto Gualtieri a Roma nella storica piazza dell’Ulivo e di Romano Prodi.
Dopo un’elezione con un astensionismo senza precedenti - ha votato il 43,94%, meno di 1 elettore su 2 - e una campagna elettorale sottotono tra i candidati ma molto tesa tra i leader nazionali dopo l’assalto di Forza Nuova alla Cgil, si ridisegna la geografia delle grandi città italiane ora quasi tutte in mano al centrosinistra. Ma i ballottaggi segnano la vittoria dei progressisti anche in alcuni comuni molto simbolici per il centrodestra, come Cosenza città del neopresidente di Regione Roberto Occhiuto, Varese, città di Giorgetti e Maroni, e Latina, dove l’uscente Coletta ha ribaltato l’esito del primo turno e vinto sullo storico ex sindaco Vincenzo Zaccheo.
Il centrodestra rifiuta la lettura di un centrodestra perdente: «Passiamo da 8 a 10: al momento il centrodestra ha più sindaci rispetto a 15 giorni fa», è il primo commento di Matteo Salvini che parla di «sindaci eletti da una minoranza della minoranza» dopo «una campagna elettorale surreale passata a inseguire i fascisti che sono solo sui libri di scuola». Più realista Giorgia Meloni che ammette la sconfitta, ma «non la debacle» e dà la colpa al ritardo nella scelta dei candidati «ma non al profilo dei candidati» di centrodestra. Ma soprattutto, prendendo le redini del centrodestra, la leader Fdi sente Silvio Berlusconi, annuncia che chiamerà Salvini per un vertice che rilanci la coalizione.
Ben altro l’umore di Enrico Letta che liquida come «surreale» l’analisi del voto del leader della Lega e vede il successo come un premio «per lo sforzo dell’allargamento del centrosinistra». Il Pd cinque anni dopo è riuscito a ricompattare nei comuni l’alleanza che va da sinistra ai moderati ma sull’intesa con M5s ha ancora molto da costruire. Certo, la vittoria con il 60,1 di Gualtieri a Roma e con il 59,2 di Lo Russo a Torino, segnala che gli elettori pentastellati, così come a Roma gli elettori di Carlo Calenda, si sono espressi nell’alveo del centrosinistra. E nella capitale seguendo l’esempio del neoleader Giuseppe Conte che aveva dichiarato il suo voto per il suo ex ministro democratico.
Resta fuori dagli schieramenti Benevento che Clemente Mastella riesce a riconquistare dopo aver centrato per un soffio il primo turno. «Ho vinto solo contro tutti, come Mario contro Silla», attacca nella foga l’ex Guardasigilli del governo Prodi che se la prende con l’«Arca di Noè di destra e di sinistra».
Con i ballottaggi si chiudono le amministrative dell’era Covid. Ma gli effetti sul piano nazionale si vedranno nelle prossime settimane. Se Letta dichiara di voler sostenere il governo Draghi fino al 2023, oggi Salvini tace sul tema.
Il premier, che ha votato stamattina nella capitale, resta concentrato sulla legge di bilancio e le riforme del Pnrr, puntando a tenere fuori da Palazzo Chigi le tensioni politiche. Ma nessuno tra le forze di maggioranza si sente di escludere che il rischio che le forze centrifughe e centripede del voto - tra un PD che si sente rafforzato e un centrodestra in cerca di identità - non impatti sulla traiettoria dell’esecutivo. E sulla sempre più vicina partita del Quirinale per il successore di Mattarella.