Il personaggio

Alla Pugacheva da Israele: «Prego per la pace»

La regina del pop sovietico si è schierata contro la guerra in Ucraina e, soprattutto, difende il marito, il comico di origini ebraiche Maxim Galkin etichettato come «agente straniero» dal Cremlino
Marcello Pelizzari
11.10.2022 09:30

Alla Pugacheva è in Israele. A dirlo, via social, è stata la stessa regina del cosiddetto pop sovietico, 73 anni e una lunga, lunghissima e prosperosa carriera alle spalle. Pugacheva ha lasciato la Russia, come tanti, perché contraria alla guerra in Ucraina. E perché, di riflesso, ha apertamente criticato Vladimir Putin. Il quale, non più tardi di tre settimane fa, aveva dichiarato il marito della cantante un «agente straniero». Ovvero, un nemico del Cremlino.

«Ringrazio il mio esercito di fan per l’amore e il sostegno, per la capacità di distinguere la verità dalle menzogne», si legge nel post pubblicato su Instagram. E ancora: «Dalla Terra Santa, prego per voi e per la pace». I destinatari? 3,4 milioni di follower. Hai detto poco. 

Chi è Alla Pugacheva

Pugacheva, in carriera, ha venduto oltre 250 milioni di dischi. Diventò popolare nell’allora Unione Sovietica, ma la sua fama ha saputo resistere alla dissoluzione del Paese e alla conseguente spinta consumistico-capitalistica che investì la Russia, capace di aprirsi tanto al capitale quanto ai gusti (pure musicali) stranieri. Nel dubbio, se vi interessasse scoprirla potreste partire dalla raccolta Un milione di rose, anno di grazia 1983. 

Tacciata a più riprese in passato di rappresentare la cultura dello Stato e, ancora, di beneficiare di troppo spazio in televisione, Pugacheva in realtà può considerarsi uno spirito libero. Suo marito, Maxim Galkin, presentatore e comico televisivo, fra i volti di Ciao 2020 e Ciao 2021, come detto a settembre è stato inserito nella lista di «agenti stranieri» per le sue posizioni contrarie alla guerra. Contro l’invasione, d’altronde, si era schierato pure Ivan Urgant, che di quelle trasmissioni era la mente eccezionale e il vero motore.

Pugacheva e Galkin, a febbraio, poco dopo lo scoppio del conflitto, avevano lasciato la Federazione Russa. Destinazione Israele. Galkin, 46 anni, avendo origini ebraiche secondo la legge ha diritto alla cittadinanza israeliana. Pugacheva, per contro, aveva fatto rientro in Russia per l’inizio dell’anno scolastico assieme ai due figli. Aveva pure partecipato ai funerali di Mikhail Gorbaciov. 

La presa di posizione

Il mese scorso, dopo l’annuncio in merito al marito, l’artista aveva postato su Instagram una presa di posizione forte, molto forte. Puntando il dito contro il ministero della Giustizia russo. E chiedendogli, con amara ironia, di inserire pure lei nella lista di «agenti stranieri». «Sono solidale con mio marito, una persona onesta ed etica, un vero e incorruttibile patriota russo, che desidera solo prosperità, pace e libertà di espressione nella sua madrepatria». Un uomo, soprattutto, che non voleva più vedere «i nostri ragazzi morire per obiettivi illusori che rendono il nostro Paese un paria e pesano sulla vita dei suoi cittadini». 

Parole che, evidentemente, non sono passate inosservate tant’è che Pugacheva è finita sotto inchiesta per aver screditato l’esercito. Il ritorno in Israele e il ricongiungimento con il marito, insomma, erano inevitabili. 

L’antisemitismo in Russia

Secondo le stime ufficiali, 24 mila russi si sono trasferiti in Israele da febbraio a oggi e altri 35 mila stanno aspettando le pratiche per raggiungere lo Stato ebraico. 

Finora, Israele ha mantenuto un atteggiamento cauto e, diciamo, neutrale nei confronti di Mosca. Complici interessi comuni in Siria. Ma l’Occidente continua a fare pressioni affinché anche il governo israeliano adotti le sanzioni contro la Russia e, sul fronte militare, aiuti l’Ucraina. 

La comunità ebraica in Russia, mesi fa, aveva invece espresso (senza urlare) non poche preoccupazioni circa un possibile ritorno dell’antisemitismo nella Federazione, complice l’uscita di Lavrov sulle origini di Hitler. Di più, a giugno il ministero della Giustizia aveva chiesto la chiusura dell’Agenzia ebraica di Mosca, un organo (quasi) statale nato nel 1929 per favorire l’Aliyah, l’immigrazione nello stato di Israele degli ebrei della diaspora codificata nella Legge del ritorno.  La faccenda non si è ancora risolta, nonostante gli appelli israeliani. Anche perché il riemergere dell’antisemitismo russo, ora più che mai, è legato a doppio filo alla svolta nazionalista di Putin, che a questo punto potrebbe trovare nuovi capri espiatori visto l’andamento del conflitto. 

Vista la situazione, viene alla mente un altro titolo di un album di Pugacheva, sempre del 1983: Ah, che voglia di vivere!. Liberamente, aggiungiamo noi. 

In questo articolo: