Il caso

Ancora guai per Shein: «Spinge i clienti a comprare di più con pratiche ingannevoli»

L'Organizzazione europea dei consumatori accusa il gigante cinese del fast fashion di «dark pattern»: pratiche oscure che ingannano i consumatori, portandoli ad acquistare più prodotti
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Red. Online
06.06.2025 13:30

Shein è, di nuovo, nei guai. E questa volta c'entrano le «pratiche commerciali ingannevoli» che la nota azienda cinese è accusata di aver utilizzato per spingere i clienti ad acquistare i suoi prodotti. Ma procediamo con ordine. 

La piattaforma cinese di e-commerce dedicata al fast fashion, negli ultimi tempi, è finita più volte al centro delle polemiche. Soprattutto a causa della presenza di sostanze tossiche all'interno dei suoi vestiti, come antimonio, imetilformammide, piombo, cadmio, ftalati vietati, naftalene e idrocarburi policiclici aromatici. Anche l'UE, a sua volta, aveva aperto delle indagini sulla conformità dei prodotti Shein. Questa volta, però, il focus delle discussioni riguarda le presunte «pratiche oscure» che l'azienda avrebbe compiuto per indurre le persone a comprare «più di quanto potessero permettersi». 

A tal proposito, l'Organizzazione europea dei consumatori (BEUC) – ente che riunisce le associazioni dei consumatori di 32 Paesi – ha presentato alle autorità europee un dossier di 29 pagine in cui cita molteplici esempi di «dark pattern». Vale a dire, le tecniche ingannevoli studiate per incoraggiare i clienti ad acquistare.

Tra queste ci sono i presunti conti alla rovescia: timer che indicano al cliente quando tempo gli rimane per comprare i prodotti beneficiando di eventuali sconti o promozioni, come la consegna gratuita. Ma non solo. Nella lista sono comprese anche le notifiche relative ai presunti «pochi pezzi» di un articolo rimasti in magazzino (quando spesso non è così), o anche la registrazione forzata sul sito e sull'applicazione. Inoltre, secondo il BEUC, Shein ricorrere anche al cosiddetto «confirm shaming»: una sorta di sentimento di «umiliazione» che fa sì che il consumatore si senta in colpa quando non riesce ad acquistare un prodotto. 

Shein, di tutta risposta, ha reagito contattando il BEUC, incolpandola di aver rifiutato le proposte di incontro, offerte dall'azienda negli scorsi mesi, per parlare della questione. «Questa riluttanza a impegnarsi è estremamente deludente, soprattutto alla luce della crescente popolarità di Shein tra i consumatori europei», ha dichiarato. 

Tuttavia, come parte del suo reclamo formale, il gruppo di tutela dei consumatori vuole che l'UE costringa Shein a rivelare i dati alla base delle affermazioni utilizzate nel suo marketing. Non solo. il BEUC accusa Shein di «pratiche commerciali scorrette» che, a suo dire, «portano a gravi conseguenze dannose per i consumatori e per la società in generale», che portano i clienti ad avere armadi pieni di vestiti usati a malapena, realizzati con metodi di produzione che utilizzano sostanze chimiche dannose per l'ambiente e per la salute. A tal proposito, l'Organizzazione ha anche accusato Shein di promuovere abitudini di acquisto che aumentano i problemi ambientali e sociali.  

Nel momento in cui Shein non dovesse essere in grado di fornire i dati su cui si basano avvisi come quello del «conto alla rovescia» o quello relativo alle poche scorte in magazzino sarà costretta a interrompere la diffusione di questi messaggi nell'UE. Dando un taglio ai «dark pattern», almeno in parte.