Antony Blinken, a Kiev, promuove la diplomazia del rock
A volte, per lanciare un messaggio, le parole non sono abbastanza. Meglio, molto meglio imbracciare una chitarra e affidarsi al rock. Quantomeno, è la strategia adottata a Kiev dal segretario di Stato statunitense, Antony Blinken, salendo sul palco di un bar della capitale ucraina e lanciandosi in una versione piuttosto fedele all'originale di Rockin' in the Free World del vecchio Neil Young. «So che sono tempi molto difficili» ha detto il sessantaduenne. «Ma il popolo ucraino deve sapere che gli Stati Uniti e il mondo libero sono al suo fianco». Quindi, Blinken e la band hanno iniziato a suonare il brano del 1989.
La passione del politico americano per il rock'n'roll non è affatto una novità, né tantomeno un segreto. Anzi, non è insolito che Blinken vesta i panni della star consumata e intrattenga i suoi ospiti con una schitarrata. Lo scorso settembre, nell'ambito della Global Music Diplomacy Initiative, eseguì Hoochie Coochie Man di Muddy Waters. Ricevendo i complimenti nientepopodimento che da Dave Grohl, frontman dei Foo Fighters e storico batterista dei Nirvana.
Blinken, venendo alla politica, è arrivato in Ucraina per analizzare la situazione al fronte con i vertici del Paese e per assicurare, una volta di più, il sostegno degli Stati Uniti. Il tutto, beh, riaffermando la necessità di far pagare alla Russia la ricostruzione del Paese. Ciò che Putin ha distrutto, ha spiegato il segretario di Stato, «dovrà essere pagato da Mosca». Parallelamente, il capo della diplomazia americana ha usato la musica per trasmettere un chiaro, chiarissimo messaggio alla controparte. Una vera e propria operazione di soft power. La scelta stessa della canzone, d'altro canto, è significativa: il brano di Neil Young uscì nel 1989, sul finire della Guerra Fredda. Nel febbraio di quell'anno, Young apprese che il tour di concerti previsto nell'allora Unione Sovietica non avrebbe avuto luogo. Il suo chitarrista, Frank Sampedro, a quel punto disse: «Dovremo continuare a fare rock nel mondo libero». Una frase, questa, che fece da assist a Neil Young per scrivere una canzone. Una canzone che, da un lato, prende di mira il governo americano e, dall'altro, il regime iraniano degli Ayatollah. Il fatto che Blinken, ora, l'abbia scelta ed eseguita a Kiev, appunto, è significativo.
Dicevamo del rapporto di Blinken con la musica, considerata «il filo conduttore» della sua vita come ebbe a dire in una vecchia intervista. Galeotto fu l'ascolto, da parte dei suoi genitori, di A Hard Day's Night dei Beatles a casa: il piccolo Antony, semplicemente, venne contagiato da quelle note. All'università, in seguito, si trasformò in un critico musicale, commentando le opere di un certo Zimmerman, alias Bob Dylan, e imparò pure a suonare la chitarra. Questo il suo amaro e ironico commento riguardo al suo talento: «Sarò anche mancino, ma non sono nemmeno Jimi Hendrix». La chitarra e i chitarristi, evidentemente, occupano un posto speciale nel suo indice di gradimento: Blinken ha assistito a qualcosa come 75 concerti di Eric Clapton.
Tra il 2018 e il 2020, quando l'amministrazione Trump era in sella, Blinken non aveva incarichi di governo e, di riflesso, aveva molto più tempo rispetto al presente. Così, colse l'occasione per registrare alcune canzoni rock che aveva scritto lui stesso, prima di pubblicarle su Spotify. Le canzoni si trovano ancora oggi e alcune sono state ascoltate centinaia di migliaia di volte.