«Assistere alla nascita dei pianeti? Ora è possibile farlo in diretta»

Anna McLeod, originaria del Locarnese, è una giovane astrofisica, professoressa associata all’Università di Durham, nel Regno Unito. Il suo campo di ricerca è la formazione stellare, un tema che la porta a guidare collaborazioni internazionali e a utilizzare telescopi di punta come il Very Large Telescope in Cile, il James Webb Space Telescope (JWST) e Hubble. Con McLeod, fra le relatrici del TEDx in programma a Bellinzona, discutiamo delle più recenti scoperte in campo astronomico.
Grazie al JWST,
recentemente è stata trovata una nuova piccolissima luna di Urano, che sfuggiva
anche a Hubble. Può spiegarci l’importanza di questa scoperta per lo studio
dell’ambiente gravitazionale di Urano e cosa può dirci delle potenzialità
future del telescopio spaziale nell’esplorare il sistema solare?
«Il fatto che
JWST sia riuscito a individuare una luna così minuscola (è la 29. che scopriamo
intorno a Urano e misura solo 10 km di diametro) ci dice che conosciamo ancora
solo in parte il «giardino di casa» che è il nostro Sistema Solare. Neanche la
sonda Voyager 2 durante il suo sorvolo se n’era accorta. Ogni nuova luna che
scopriamo, specialmente quelle che si trovano molto vicine al pianeta come
questa, aggiunge un tassello per capire quale possa essere il loro ruolo nella
formazione degli anelli di Urano. Su scale più grandi, studiando Urano e le sue
lune cerchiamo di capire come si formano i sistemi (eso)planetari e satellitari
in generale. Webb, anche se pensato soprattutto per osservare le galassie
lontane, sta dimostrando di avere un enorme potenziale anche nello studio dei
corpi celesti più vicini a noi».
A proposito di
galassie lontane. MoM-z14, osservata proprio dal JWST, è la più distante finora
rilevata, risalendo a circa 280 milioni di anni dopo il Big Bang. Questa
scoperta sta mettendo in discussione le teorie sulla formazione delle prime
galassie? In che modo? E quali domande restano da chiarire?
«Questa è una
scoperta davvero importante perché ci mostra galassie già “mature” in un’epoca
in cui pensavamo fossero ancora in fase di formazione. Ovvero, secondo il
modello cosmologico standard, una galassia con una ricchezza di elementi
chimici e un grado di formazione stellare così elevato come misurati per
MoM-z14, non dovrebbe apparire fino a molto più tardi nella storia
dell’Universo. Restano quindi molte domande: Come hanno fatto le galassie a
crescere così velocemente? Come si sono formati gli elementi chimici presenti
in MoM-z14 così velocemente? Cosa dobbiamo rivedere nei modelli cosmologici e
nelle teorie della formazione delle galassie accettati? Sono misteri che
stimolano nuove idee e nuove ricerche».
Grazie a una
combinazione di osservazioni del JWST e dell’osservatorio ALMA in Cile, per la
prima volta si è notato un giovane sistema planetario in formazione (HOPS-315),
con anelli di gas e polvere destinati a diventare pianeti. Un sistema di
osservazione particolare, che unisce due sistemi differenti. Questo tipo di
sinergia è la chiave per le future osservazioni? Quali sono i punti di forza
principali?
«Si tratta di una
scoperta molto importante: infatti, siamo in grado di osservare in diretta la
nascita di pianeti. E ci siamo riusciti grazie alla combinazione di due
“occhiali” diversi: JWST osserva l’infrarosso, cioè il calore della polvere e
delle nubi e ci indica la presenza di un disco attorno alla giovane stella,
disco dal quale si formano pianeti. ALMA “sente” le onde radio emesse dal gas e
in questo sistema ci conferma la presenza di molecole associate a
proto-pianeti, così come la presenza di un getto di materia lanciato dai “poli”
della stella. Insieme, JWST e ALMA ci offrono una visione completa e dimostrano
che queste collaborazioni tra osservatori diversi sono fondamentali, perché
nessuno strumento da solo può raccontarci tutta la storia: componenti diverse
del sistema planetario sono visibili a lunghezze d’onda diverse».


Tornando a
concentrarci solo sul JWST, c’è da ricordare la scoperta di una straordinaria
galassia a forma di infinito, dove un buco nero supermassiccio sembrerebbe
essersi formato per collasso diretto al centro di due nuclei galattici. Che
cosa cambia per le teorie sull’origine dei buchi neri supermassicci e per le
dinamiche delle fusioni galattiche?
«Questa
osservazione è affascinante perché ci aiuta a capire come nascono i buchi neri
supermassicci. Per intenderci, questi sono i buchi neri che spesso troviamo al
centro di galassie come la Via Lattea. Sapevamo che esistono già nei primissimi
miliardi di anni di vita dell’Universo, ma non era chiaro come fossero
cresciuti così in fretta. L’idea che possano formarsi direttamente dal collasso
di enormi quantità di gas, senza passare da stelle che collassano a buchi neri
che poi crescono, è una pista molto interessante. Inoltre, questa galassia a
forma di infinito ci mostra che le fusioni galattiche – quando due galassie si
incontrano e si fondono – possono essere i catalizzatori della formazione di
questi buchi neri».
Veniamo a temi
molto più vicini a noi. L’anno prossimo verrà costruito l’osservatorio
dell’Alpe Gorda, progetto promosso dall’associazione Astrocalina. In qualità di
presidente di Astrocalina, ci può descrivere brevemente l’osservatorio? Quali
saranno le sue funzioni principali?
«È un progetto
che ci rende molto orgogliosi. Sorgerà in Valle di Blenio, accanto alla capanna
dell’Alpe Gorda, a circa 2.000 metri di altitudine. L’osservatorio – che sarà
anche operabile da remoto – ospiterà un telescopio principale da 80 cm, uno
strumento potente che permetterà attività di divulgazione di alto livello, così
come attività di ricerca. Inoltre, l’osservatorio ospiterà anche una serie di
telescopi e strumenti di ricerca in visita da vari istituti accademici europei.
Sarà un luogo dove studenti, appassionati e visitatori potranno osservare
direttamente pianeti, stelle e galassie, ma anche dove si potranno condurre
piccoli progetti scientifici. E questo in prossimità della Capanna Gorda, dove
si può pernottare. In un’epoca in cui parliamo tanto di spazio con il James
Webb o altri osservatori terrestri irraggiungibili per molti, avere un
osservatorio in Ticino di tale portata sarà un’occasione unica per “toccare con
mano” l’astronomia nelle nostre bellissime Alp


In Ticino,
infatti, ci sono numerosi appassionati di astronomia, e questo anche grazie al
lavoro di associazioni che propongono attività aperte al pubblico. Insomma, per
chi volesse avvicinarsi a questo affascinante settore le proposte non
mancano...
«Sì, in Ticino
c’è una comunità vivace di appassionati, ma anche professionisti. I diversi
punti di osservazione per i quali la SAT (Società Astronomica Ticinese) fa da
cappello, propongono serate pubbliche, conferenze, corsi di astronomia, e
attività per le scuole. L’astronomia è uno di quei campi che unisce: non serve
essere scienziati per emozionarsi guardando Saturno al telescopio o per
lasciarsi stupire da una Via Lattea limpida in cielo. Credo che offrire
occasioni di incontro sotto le stelle sia un modo bellissimo per avvicinare le
persone alla scienza. Ma non solo: è anche uno strumento per sensibilizzare la
popolazione a problemi quali la perdita dei cieli bui e della diversità delle
specie a causa dell’inquinamento luminoso, e stimolare la riflessione e le
attività per salvaguardare l’ambiente».
Lei ha conosciuto
un percorso professionale particolare. Da infermiera ad astrofisica. Come e
perché è scoppiata questa scintilla?
«Il filo rosso
della mia vita è sempre stata la curiosità. Da ragazza, dopo diversi anni di
volontariato in ambulanza (ai tempi ancora ad Ascona) ho scelto di fare
l’infermiera perché sentivo questo un lavoro utile e vicino alle persone. Ma
sono una persona molto competitiva e ho sempre puntato in alto: dopo aver
guardato per la prima volta attraverso un piccolo telescopio, aver visto gli
anelli di Saturno e quattro delle lune di Giove, e aver realizzato che di
quello che sta lassù non ne sapevo assolutamente nulla, ho accolto la sfida di
soddisfare questa mia curiosità tramite gli studi universitari. Quindi, il
giorno dopo aver finito scuola infermieri, ho seguito quella scintilla e mi
sono rimessa a studiare, intraprendendo un percorso che sembrava folle:
diventare astrofisica. Il primo anno del Bachelor non è stato facile, ma credo
che la vita sia troppo breve per non seguire i propri sogni. Oggi sono felice e
orgogliosa di questo percorso, del coraggio che ho trovato. Sono anche
incredibilmente grata delle esperienze che ho potuto fare grazie a queste due
carriere».