La storia

Attivista prima, soldato poi: Kiev piange Roman Ratushny

Oggi si è tenuto a Kiev il funerale del 24.enne, ucciso la scorsa settimana mentre combatteva a Izyum, a un'ottantina di chilometri da Severodonetsk — Sui social il cordoglio: «Prima combatteva la corruzione, ora i russi»
© Twitter
Giacomo Butti
18.06.2022 14:14

Con meraviglia guardiamo una foto del monastero dorato di San Michele. Sembra un dipinto. Fondata nel medioevo e ampliata a più riprese, la cattedrale posta su una collina di Kiev, nei pressi del fiume Dnepr, fu distrutta nel 1934 su ordine dell'amministrazione sovietica. Nel 1991, dopo aver riacquistato la propria indipendenza, l'Ucraina decise di ricostruire il monastero, che venne aperto al pubblico nel 1999. Solo nel 2006, dopo tante lotte e con parecchia riluttanza, Mosca acconsentì alla restituzione dei 29 mosaici che ornavano originariamente la chiesa. Un edificio religioso, insomma, che rappresenta la storica resistenza ucraina nei confronti delle ingerenze russe. Un simbolo. Come un simbolo era (ed è) Roman Ratushny, il ragazzo i cui funerali si sono tenuti oggi proprio nel sopracitato monastero.

Il monastero dorato di San Michele. © Rbrechko/Wikipedia
Il monastero dorato di San Michele. © Rbrechko/Wikipedia

Una vita d'attivismo

Nato a Kiev il 5 luglio del 1997, Roman Ratushny è stato ucciso lo scorso 9 giugno, a poche settimane dal suo 25. compleanno, nei pressi della città di Izyum (nell'oblast di Charkiv) mentre combatteva contro gli invasori russi. Una fine condivisa con tanti, tantissimi, giovani ucraini. Ma Roman aveva passato tutta la vita a difendere i diritti del proprio Paese. Prima di essere un soldato, infatti, il giovane era conosciuto per essere stato uno dei primi studenti, nel 2013, ad opporsi al governo filorusso e antieuropeista di Viktor Yanukovych. Figlio di un giornalista e attivista, Taras Ratushny, e di una nota scrittrice, Svitlana Povalyaeva, Roman aveva partecipato da adolescente alle proteste pro-democrazia e pro-occidentali (Euromaidan) tenutesi sulla Piazza dell'indipendenza della capitale. A 16 anni aveva vissuto sulla propria pelle cosa volesse dire incrociare la strada delle Berkut, brutali unità antisommossa della polizia. In un resoconto del 2018, citato dal Financial Times, Ratushny aveva scritto che la rivolta di Kiev, l'Euromaidan, fu qualcosa che «scatenò profondi cambiamenti nella società e nella cultura politica ucraina». L'allora 21.enne aveva sottolineato: «Senza l'Euromaidan, senza la dimostrazione di una vera resistenza alle autorità, queste cose non esisterebbero. Ora mi sento completamente libero in questo Paese. E sento che questo Paese è mio».

Negli anni seguenti Ratushny aveva lavorato come giornalista puntando i riflettori su diversi illeciti pubblici. Ma soprattutto era stato leader dell'ONG "Let's Save Protasiv Yar", organizzazione con la quale aveva difeso uno spazio verde nel cuore di Kiev dalle mire della speculazione edilizia. A seguito di diverse manifestazioni e scontri con la polizia, Ratushny aveva convinto anche il sindaco Vitaly Klitschko ad abbracciare la sua causa e dopo tre anni di forte opposizione, proprio a gennaio di quest'anno, il giovane l'aveva spuntata presso la Corte suprema ucraina, che si era pronunciata contro lo sviluppo del progetto edilizio.

Ma poi è arrivata la guerra.

Le battaglie e Twitter

A febbraio di quest'anno, con l'arrivo del conflitto, Ratushny si è unito ai volontari della difesa territoriale in prima linea a Kiev. Trasferitosi nella 93. brigata, ha contribuito alla battaglia per la ripresa di Trostanyets (precedentemente caduta nelle mani dei russi) partecipando in seguito alle operazioni ancora in corso più a est, nel Donbass. Del 7 giugno il suo ultimo post su Twitter, quando si trovava a un'ottantina di chilometri da Severodonetsk.

Attivo sui social, Ratushny si era recentemente espresso duramente: «Più russi uccidiamo ora, meno dovranno ucciderne i nostri figli», aveva scritto su Twitter. Un tweet rimosso dagli amministratori del network dopo essere stato largamente condiviso nelle ore seguenti la morte. 

Alla notizia del suo decesso, annunciato dalla ONG da lui gestita, moltissimi hanno espresso la propria tristezza sui social ricordando quanto avesse fatto per Kiev.

«Molti lo hanno definito nazionalista, ma lui combatteva solo la corruzione», afferma una giornalista di New Voice Ukraine. «Roman lottava contro l'abusivismo edilizio a Kiev e aveva molti nemici tra i funzionari più potenti e corrotti dell'Ucraina. I suoi metodi erano radicali. Ad esempio, è stato accusato di aver scatenato una rissa vicino all'ufficio di Zelensky. Ratushny ha sempre negato di essere stato violento».

«Non l'ho mai conosciuto personalmente, ma sapevo del suo impegno di attivista per proteggere Protasiv Yar. Credeva in un futuro libero e bello per l'Ucraina. Era un uomo di principi e ferocemente coraggioso. La sua morte non sarà vana».

Centinaia di persone si sono quindi radunate oggi per l'ultimo saluto al monastero di Kiev. Quattro soldati hanno portato a spalla la bara del combattente, mentre una manifestazione in Piazza dell'indipendenza è stata organizzata per ricordare le azioni del giovane: attivista e soldato.

La bara di Roman Ratushny.  © AP Photo/Natacha Pisarenko
La bara di Roman Ratushny.  © AP Photo/Natacha Pisarenko
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