Brasile e Argentina davvero verso la moneta comune?

Le voci di inizio gennaio trovano qualche conferma. Brasile e Argentina sarebbero sul punto di annunciare l’avvio dei lavori preparatori per la creazione di una moneta comune, secondo un’anticipazione del Financial Times. Nei primi giorni del 2023, il tema era tornato di stretta attualità dopo l’insediamento alla presidenza di Luiz Inacio Lula da Silva, che in piena campagna (nel mese di giugno) aveva ventilato l’ipotesi di una valuta unica per il Sudamerica. Ora, dicevamo, sta per compiersi il primo passo per la realizzazione di questa promessa elettorale. Nel corso della prossima settimana, secondo il quotidiano britannico, le due maggiori economie sudamericane discuteranno il piano in occasione di un vertice che si terrà a Buenos Aires. Da qui lanceranno ufficialmente l’invito ai vicini: «Aderite al progetto».
Un lungo percorso
Il percorso è lungo, ma Brasile e Argentina sembrano davvero decise a concretizzare l’idea. Parlando al quotidiano britannico, il ministro dell’Economia argentino Sergio Massa lo ha voluto sottolineare: «Non voglio creare false aspettative. È il primo passo di un lungo cammino che l'America Latina deve percorrere. La prossima settimana sarà presa una decisione per iniziare a studiare i parametri necessari per una moneta comune: dalle questioni fiscali alle dimensioni dell'economia, passando per il ruolo delle banche centrali. Si tratterebbe di uno studio sui meccanismi di integrazione commerciale».
Ma qual è l’obiettivo? Nell’ottica di Brasile e Argentina, la valuta, che potrebbe essere chiamata “sur” (sud in spagnolo), dovrebbe stimolare il commercio regionale e ridurre la dipendenza dal dollaro statunitense. Se davvero la moneta comune dovesse vedere la luce del sole, stimano gli analisti, l’operazione potrebbe creare il secondo blocco valutario più grande del mondo. Secondo i dati raccolti dal Financial Times, un patto monetario in grado di coprire tutta l'America Latina rappresenterebbe circa il 5% del PIL globale. A titolo di paragone, l'unione valutaria più grande del mondo, l'euro, comprende circa il 14% del PIL globale, misurato in dollari.
Un’operazione in grande stile che, come detto, potrebbe richiedere tanto tempo: «L’Europa ha impiegato 35 anni per creare l’euro», ha evidenziato Massa.
Un brutto affare per il Brasile?
Non è la prima volta che Brasile e Argentina discutono la creazione di una moneta comune. Un esempio? Alla fine degli anni ’80, i due governi avevano proposto l’introduzione del “gaucho”. Il 17 luglio 1987, nella città di Viedma (Río Negro, Argentina), il presidente brasiliano José Sarney e il presidente argentino Raúl Alfonsín firmarono un documento, il “Protocol Number 20”, con il quale annunciavano la volontà di «creare un'unità monetaria comune, denominata "gaucho"», che esprimesse il suo valore «in termini determinati di comune accordo dalle Banche centrali», le quali avrebbero dovuto «emettere e sostenere la nuova con un fondo di riserva». L’idea, insomma, era molto simile a quella oggi presentata dai due presidenti di sinistra, Lula e Alberto Fernández. Nel documento del 1987, infatti, i due Paesi esprimevano preoccupazione per «l'influenza di valute terze il cui grado di disponibilità sfugge alla capacità decisionale di entrambi i Paesi sul livello del commercio bilaterale». Ma, allora, non se ne fece niente.
Se l’Argentina, tramite il suo ministro dell’Economia, non ha paura di parlare dell’affare, dal Brasile giungono però dichiarazioni più caute. Un portavoce del ministero delle Finanze brasiliano ha dichiarato al Financial Times di «non avere informazioni» su un gruppo di lavoro su una moneta comune. Ma ha tuttavia ammesso che l’omologo di Sergio Massa, il brasiliano Fernando Haddad è stato coautore di un articolo l'anno scorso, prima di assumere il suo attuale incarico, in cui proponeva una moneta comune digitale sudamericana.
Perché questa ritrosia nel parlare di moneta comune? Secondo varie indiscrezioni, i progetti passati erano affondati proprio a causa del mancato appoggio della Banca centrale brasiliana. Non stupisce, del resto, che l’idea di creare una nuova valuta per l’America Latina affascini soprattutto l’Argentina, dove l'inflazione annuale si avvicina al 100%. Nei primi tre anni di mandato del presidente Fernández, secondo i dati della Banca centrale argentina, la quantità di denaro in circolazione è quadruplicata. E le continue crisi economiche affrontate nell’ultimo ventennio hanno fatto dell’Argentina un Paese fortemente indebitato. Che a Brasilia non tutti siano così contenti all’idea di legarsi a filo doppio con Buenos Aires?
Il vertice
Al di là di chi, in Brasile, mostra scetticismo, la vera impresa per la moneta comune sarà convincere gli altri Stati dell’America Latina. Il CELAC (Comunità di Stati latinoamericani e dei Caraibi) è composto in totale da 33 Paesi: molti leader saranno presenti al vertice della prossima settimana. Dal presidente colombiano Gustavo Petro al cileno Gabriel Boric, fino al venezuelano Nicolás Maduro (la partecipazione del quale, è già stato annunciato, scatenerà una serie di proteste nella capitale argentina). Persuaderli della bontà del progetto “sur” non sarà evidente. Anche perché la volontà dei leader, nel mezzo di Paesi sempre più guidati da governi di coalizione, conta meno. L’occasione, tuttavia, è ghiotta. E se il progetto dovesse incassare il sostegno di un numero sufficiente di Paesi, il “sur” potrebbe davvero essere, tra qualche tempo, realtà. Con buona pace del defunto “gaucho”.