Bufera in Italia per l'uccisione di Bambotto, il cervo «amico dei residenti»

A distanza di pochi mesi, nel Nord Italia si parla, nuovamente, dell'abbattimento degli animali. E non con toni pacati. Lo scorso aprile, la notizia del runner ucciso da un orso in Trentino aveva fatto discutere. Parecchio. Soprattutto, nei giorni successivi alla tragedia, i social network erano esplosi di commenti. La maggior parte dei quali contrari all'uccisione di JJ4, l'esemplare responsabile della morte del giovane. Tant'è che, alla fine, l'orsa è stata risparmiata.
A settembre i media italiani sono ritornati a parlare della questione. Raccontando, però, una storia senza lieto fine: quella dell'orsa Amarena. Brutalmente uccisa da un uomo armato di fucile da caccia, mentre si aggirava indisturbata con i suoi piccoli per un paesino abruzzese, facendosi ammirare da turisti e residenti. Lo stesso triste epilogo della storia di Bambotto, di cui si parla oggi. Conosciuto come «il cervo allevato dai residenti», l'animale è stato ucciso, probabilmente da un cacciatore. Lasciando senza parole centinaia e centina di persone. Anche in questo caso, la storia è finita sotto i riflettori e in pochissimo tempo ha fatto il giro dei social network. Raccogliendo, va da sé, centinaia di commenti negativi, come accaduto con la morte di Amarena.
L'animale domestico di tutta Pecol
Riavvolgiamo il nastro. Ci troviamo a Pecol, un comune nel Bellunese di appena 300 anime. Era qui, in Val di Zoldo, che viveva Bambotto, un cervo di 7 anni conosciuto da tutti i residenti della piccola frazione e amatissimo, soprattutto dai bambini. La madre lo aveva abbandonato sullo zerbino di una casa quando era ancora cucciolo, e da quel momento gli abitanti lo avevano accolto e accudito. Bambotto non aveva paura degli umani, e loro non avevano paura di lui. Mangiava dalle mani degli abitanti e si faceva coccolare fino ad addormentarsi. Era considerato, a tutti gli effetti, la «mascotte di Pecol». A raccontare questi aneddoti è Donatella Zendoli, una delle persone che, in tutti questi anni, si era presa cura del cervo. Nonché la prima ad aver apertamente denunciato quanto accaduto all'animale, con un lungo post pubblicato su Facebook.

«Questo era Bambotto, era nato 7 anni fa a Pecol e da subito la sua mamma Minerva lo aveva portato sullo zerbino di Giorgio, affidandolo a noi abitanti e fidandosi come aveva fatto lei per tutta la sua vita». Già, perché anche la madre di Bambotto era conosciuta e amata da tutto il paesino. «Da allora è diventato il nostro amatissimo cervo. Ho scritto era, perché Bambotto è morto. Ammazzato da un miserabile che crede di aver compiuto un'impresa e invece si è solo marchiato a vita come un poveraccio che ha sparato a un animale che ti mangiava dalle mani e si faceva coccolare fino ad addormentarsi tranquillo». Tra gli abitanti di Pecol e Bambotto, c'era un legame, vero e proprio. Per alcuni era considerato, letteralmente, una mascotte. «Era diventato bellissimo e maestoso – si legge ancora nel post di Donatella – e credo che siano davvero pochi quelli che non lo conoscono. Lo potevi incrociare per strada mentre raggiungeva tutte le frazioni limitrofe e si fermava a mangiare ovunque, da chi lo amava come noi. Spesso mi entrava in casa e poi era un'impresa farlo uscire perché i suoi palchi erano immensi». Bambotto, quindi, era l'animale domestico di tutti gli abitanti. «Ho trascorso anni stupendi e mi teneva tanta compagnia, perché se decideva di restare si addormentava su per le scale o davanti alla porta di ingresso e mi seguiva ovunque docilmente».
Chi ha premuto il grilletto
Nei cuori dei tanti che avevano conosciuto e voluto bene al cervo, oggi, c'è tanto dolore. Ma soprattutto, tanta rabbia. La caccia al responsabile dell'uccisione di Bambotto è partita in men che non si dica. E i primi indizi sul presunto autore non sono tardati ad arrivare.
Secondo quanto scritto dal Corriere della Sera, il primo è giunto dopo poco dal consigliere del Veneto, Andrea Zanoni. Quest'ultimo, in un post online, ha infatti scritto che il cervo è stato ucciso «da un cacciatore di 23 anni, a norma di legge». Norma che, comunque, non giustificherebbe il gesto. «La legge attuale sulla caccia e il calendario venatorio della Regione del Veneto hanno consentito a questo ragazzino di uccidere un animale amico degli abitanti, dei turisti e di tutti i bambini», ha infatti prontamente aggiunto Zanoni. La notizia si è quindi rapidamente diffusa, generando una valanga di commenti negativi. In particolare dai profili dei residenti, che fin dal primo momento hanno sostenuto, a loro volta, che si trattasse di una persona del posto. Al punto da tappezzare i social con commenti minacciosi come: «sappiamo chi sei». Poi, grazie al passaparola, ogni dubbio è stato fugato.
A premere il grilletto contro Bambotto, come ipotizzato fin dai primi istanti, è stato davvero un giovane cacciatore 23 anni. Il quale, a suo dire, lo avrebbe colpito a causa dei suoi «comportamenti aggressivi e potenzialmente pericolosi». Da giorni, dunque, i social sono esplosi di commenti carichi di rabbia e di odio. «Può dirsi civile un Paese abitato da gente che ammazza per divertirsi, e la cui legge lo consente?», scrive un utente su X. Tanti i commenti con toni meno pacati. «Bambotto, chi ti ha fatto questo è semplicemente una bestia senza cuore». La stessa Donatella Zendoli, la prima ad aver contribuito a rendere virale la storia del cervo, scrive: «Nulla di tutto quello che il ragazzo ha detto per giustificarsi è vero. Lui è l'unico essere aggressivo della vicenda, ha compiuto un atto vile e schifoso, ha privato tutta la comunità di una meraviglia che non aveva mai dato alcun problema a nessuno».
Sulla vicenda si è esposta anche la presidente della Lega italiana per la difesa degli animali e dell'ambiente Michela Vittoria Brambilla. Descrivendo quanto accaduto come «semplicemente disgustoso» e rimarcando che un «cacciatore senza cuore di 23 anni» ha ammazzato il cervo «per divertimento».
I continui messaggi di odio e rabbia hanno portato quindi all'intervento della fidanzata del 23.enne. La ragazza, pur ammettendo l'errore del compagno, è corsa in suo soccorso, difendendolo: «Non si può metterlo alla gogna augurandogli il peggio».
Come la tragedia dell'orsa Amarena
La vicenda, va da sé, ha ricordato molto quanto accaduto un mese fa in Abruzzo quando, come detto, un cacciatore ha sparato all'orsa Amarena, che solo pochi giorni prima era stata avvistata a spasso con due cuccioli tra le strade di un paesino in Abruzzo, in tutta tranquillità. In quel caso, il responsabile era stato identificato dai guardiaparco, per essere poi sottoposto ai rilievi a cura dei carabinieri della locale stazione. A loro, l'uomo aveva raccontato di aver colpito per paura. I suoi cuccioli, dopo una corsa disperata per riuscire a salvarli, oggi stanno bene e sono considerati autonomi. A detta dei media italiani, stanno ripercorrendo le orme e gli itinerari mostrati dalla mamma.