Carla Del Ponte: «Israele può ignorare l'ordinanza dell'Aia»

La decisione della Corte internazionale di giustizia dell'Aia continua a far discutere. Da una parte, perché ha riconosciuto che l'accusa di genocidio formulata dal Sudafrica nei confronti di Israele è quantomeno «plausibile». Dall'altra, perché lo Stato Ebraico – stando alle prime dichiarazioni di Benjamin Netanyahu e di altri membri del governo – verosimilmente ignorerà le richieste fatte dalla stessa Corte. Intervistata da Repubblica, la ticinese Carla Del Ponte – procuratrice capo del Tribunale penale internazionale per l'ex-Jugoslavia dal 1999 al 2007 – ha spiegato che «non ci si poteva aspettare un verdetto diverso da quello che è stato emanato». E ancora: «Era chiaro che la Corte, dopo l'istanza del Sudafrica, doveva esprimersi sul genocidio denunciato e sulle attività belliche di Israele nella Striscia di Gaza». Detto ciò, Del Ponte ha chiarito che quella pronunciata ieri è un'ordinanza e non una sentenza. Contiene, cioè, indicazioni non costrittive a detta di Del Ponte.
La Corte, ha proseguito l'ex procuratrice capo, «ha deciso così perché ha ammesso il diritto di Israele di combattere nella Striscia, ma rispettando tutte le misure che sono indicate nell’ordinanza e seguendo le rigide regole della Convenzione sul genocidio». Come avevamo spiegato ieri, in effetti, «Israele dopo questa ordinanza dovrebbe prendere le misure in suo potere per prevenire nei Territori palestinesi la commissione degli atti indicati nell’articolo due della stessa Convenzione. In particolare, com’è scritto nell’ordinanza, “l'uccisione di componenti del gruppo”. E ancora “causare danni fisici o mentali”, nonché addirittura “adottare misure per bloccare le nascite”. Stiamo parlando ovviamente di imposizioni brutali per chi vive in quella zona e da tre mesi è già vittima di una guerra».
Del Ponte ha aggiunto che la Corte non può, tecnicamente, bloccare quanto sta accadendo a Gaza poiché «si occupa preventivamente solo di genocidio». Tramite l'ordinanza, «sta avvisando Israele della necessità di prendere tutte le misure necessarie per evitare che i suoi militari commettano gli atti che configurano questo gravissimo crimine. Insomma, la Corte non sta accusando direttamente Israele di mettere in atto un genocidio. Ma lo richiama all’ordine sull’obbligo di non tenere comportamenti che, di per sé, configurerebbero questo delitto». Riassumendo, la Corte internazionale di giustizia non ha (ancora) celebrato un processo contro Israele con le prove sul tavolo, su richiesta del Sudafrica. Ha, banalmente, verificato se la Convenzione sul genocidio è stata applicata o no.
D'ora in avanti, ha concluso Del Ponte, «Israele viene a trovarsi in una situazione molto delicata. Perché nell’attività bellica sulla Striscia di Gaza dovrebbe rispettare le misure indicate dalla Corte. Poi semmai, quando il conflitto sarà cessato ed eventualmente saranno stati accertati e provati crimini di guerra e crimini contro l’umanità, nonché il genocidio, toccherà al Tribunale internazionale dell’Aia provare che quei reati sono stati effettivamente commessi, individuare i responsabili, portarli in giudizio. Proprio come sta avvenendo in Ucraina».