Il caso

Case spianate, palazzi distrutti: «Israele restringe la Striscia con zone cuscinetto»

L'annuncio fatto giorni fa dall'IDF sull'uccisione di alcuni soldati israeliani ha, collateralmente, fatto trasparire l'avvio di un piano di ampliamento delle zone non edificabili nei pressi del confine – Si moltiplicano le accuse rivolte a Israele: «Demolizione di strutture civili? Crimine di guerra»
©MOHAMMED SABER
Red. Online
25.01.2024 17:15

Sin dai primi giorni della guerra a Gaza, funzionari israeliani avevano ventilato l'idea di creare una zona cuscinetto (la cosiddetta buffer zone) lungo il confine che divide la Striscia dai territori occupati da Israele: una soluzione da applicare, va da sé, nel lato palestinese. La messa in pratica del progetto non era mai stata, sin qui, ufficializzata, anche perché osteggiata dall'alleato numero uno di Israele, Washington, oppostosi a modifiche permanenti al territorio palestinese. Tutto questo fino a un paio di giorni fa, quando un annuncio riguardante l'uccisione di alcuni soldati israeliani ha, collateralmente, fatto trasparire l'avvenuto avvio del piano all'interno della Striscia.

«Ventuno soldati sono rimasti uccisi, ieri, nei combattimenti in corso nel campo profughi di Maghazi, nel centro della Striscia», ha fatto sapere il 23 gennaio un portavoce delle Forze di difesa israeliane (IDF). L'annuncio conteneva una precisazione: i soldati uccisi stavano operando in un'area «che dista circa 600 metri dal confine con Israele, distruggendo strutture e siti di Hamas nell'ambito dei tentativi dell'esercito di stabilire una zona cuscinetto per consentire a tutti i residenti delle zone israeliane a ridosso della Striscia di ritornare alle loro case».

Uomini di Hamas, ha spiegato l'IDF, hanno «lanciato un razzo contro un carro armato che proteggeva i soldati». Il colpo ha fatto detonare l'esplosivo che i militari dell'IDF stavano piazzando nelle strutture: la deflagrazione ha investito «due edifici a due piani. Questi sono crollati, mentre i soldati erano dentro e vicino ad essi», uccidendoli.

Il caso

Prima del 7 ottobre le guardie di frontiera israeliane applicavano una zona cuscinetto di 300 metri lungo i 60 chilometri di barriera che divide i territori. Ai residenti nella Striscia non era consentito insediarsi nella zona, mentre ai contadini era permesso coltivare l'area fino a 100 metri dalla recinzione. Nei decenni precedenti, l'ampiezza della zona cuscinetto era variata più volte, raggiungendo anche la profondità – come accertato da organismi ONU e altre organizzazioni attive nella regione – di oltre un chilometro. Tanto che, al momento di massima estensione, secondo un rapporto delle Nazioni Unite, la buffer zone rappresentava il 14% dell'intero territorio della Striscia e impediva ai palestinesi l'accesso al 30-55% della terra coltivabile totale.

Ora, dicevamo, l'IDF ha annunciato di stare lavorando alla creazione di una buffer zone ampia circa 600 metri («in alcune aree potrebbe essere più ampia, in altre un po' meno»), il doppio di quanto applicato negli ultimi anni. Conseguenza: tutte le strutture costruite nei 300 metri di differenza dovranno essere distrutte. Secondo l'emittente israeliana Channel 12, nella zona cuscinetto prevista sorgevano 2.850 edifici: almeno 1.100 sono già stati distrutti.

L'inchiesta

Al caso, il Washington Post ha dedicato un'inchiesta, i cui risultati confermano la distruzione, da parte dell'esercito israeliano, di numerose strutture palestinesi nella zona. Ma anche oltre. In un video pubblicato online il 12 dicembre e verificato dal quotidiano statunitense, si sentono soldati israeliani gridare e applaudire mentre una scuola nel nord di Gaza viene fatta saltare in aria. La scuola, che l'IDF ha dichiarato essere stata utilizzata come avamposto di Hamas, si trovava a circa un chilometro dalla barriera di confine. Altri video pubblicati e verificati mostrano la distruzione di diversi edifici residenziali ad As Sureij, una zona agricola di Khan Younis. Anche qui, a circa un chilometro dalla recinzione. Altri filmati mostrano 11 strutture venire distrutte contemporaneamente. Contattate dal Washington Post, l'DF non hanno risposto a domande sui video e non hanno spiegato se le demolizioni riprese e pubblicate facessero parte del piano di creazione di una zona cuscinetto.

Crimini di guerra

Una cosa, però, è certa. Come confermato dalla stessa emittente israeliana Channel 12, migliaia di edifici fra il metro 300 e il metro 600 dalla barriera sono stati distrutti. Altre migliaia lo saranno a breve. «Alla fine di questa guerra, non solo Hamas non sarà più a Gaza, ma anche il territorio di Gaza diminuirà», aveva dichiarato il 18 ottobre, alla radio israliana Army Radio, l'allora ministro degli Esteri israeliano Eli Cohen. 

A dicembre, tuttavia, gli Stati Uniti avevano ribadito la propria opposizione, tramite il portavoce di Dipartimento di Stato Matthew Miller: «Gli Stati Uniti hanno sempre affermato che le dimensioni dei territori palestinesi non dovrebbero essere ridotte a seguito dell'attuale conflitto. Se qualsiasi zona cuscinetto proposta fosse all'interno di Gaza, sarebbe una violazione di questo principio e qualcosa a cui ci opponiamo». Per calmare le acque, riporta sempre il Washington Post, che cita un funzionario statunitense anonimo, Israele avrebbe informato gli Stati Uniti che la zona cuscinetto che si sta costruendo all'interno di Gaza è «solo una sistemazione temporanea di sicurezza per eliminare le postazioni di tiro di Hamas vicino al confine». A esulare dalla dimensione del "temporaneo", tuttavia, è la devastazione di tutti gli edifici della zona. Numerosi gruppi per i diritti umani hanno sottolineato come la distruzione di case e fattorie civili possa costituire un crimine di guerra.

I video dei soldati dell'IDF che fanno saltare in aria vaste aree di edifici a Gaza sono stati inclusi nel dossier presentato recentemente dal Sudafrica alla Corte internazionale di giustizia dell'Aia. Il Sudafrica, lo ricordiamo, accusa Israele di aver messo in opera un genocidio all'interno della Striscia di Gaza. E proprio sulla distruzione di queste strutture, definite dall'avvocato sudafricano Tembeka Ngcukaitobi come un «attacco di massa alle case familiari e ai civili», ha costruito parte del proprio caso. Israele si è difeso definendo il processo di demolizione una mossa essenziale per «smantellare le infrastrutture di Hamas». Quelle migliaia di edifici sono dunque tutte legate a Hamas? Il Washington Post riporta la testimonianza di Basel al-Sourani, membro del Centro palestinese per i diritti umani: «Le proprietà civili sono protette dal diritto umanitario internazionale. Queste case sono vuote e non c'è nessuno al loro interno. Perché stanno facendo queste esplosioni se non come parte del loro piano di sfollamento forzato?». Intanto, la fattoria di famiglia dei Soudani ha già pagato un prezzo pesante: «I nostri 10 mila ulivi che si trovavano a due chilometri dal confine? Rasi al suolo, non è rimasto nemmeno un ramo».