Russia

Che cosa farà, dunque, Vladimir Putin con il Gruppo Wagner?

Dopo aver detto che Wagner «legalmente non esiste» il leader del Cremlino ha pure auspicato che la Duma consideri la legalizzazione delle milizie private – Il tutto puntando su una presunta spaccatura fra Prigozhin e i suoi uomini
© Sputnik
Marcello Pelizzari
15.07.2023 10:45

Verrebbe quasi da citare il tassista Aldo Baglio in Tu la conosci Claudia?: un conto è chi è Wagner e un conto è dov’è Wagner. Di certo, Vladimir Putin ha mostrato la stessa confusione nel parlare della milizia privata di Yevgeny Prigozhin.

Giovedì, in un’intervista apparsa sul quotidiano economico Kommersant, il leader del Cremlino è tornato sul concitato, e caotico, tentativo di golpe portato avanti dai wagneriani. Arrivando, infine, a dire: «Il Gruppo Wagner non esiste». Aggiungendo che, legalmente, le milizie private non sono previste.

«Servirebbe una legge»

Da un punto di vista formale, Putin non ha detto una castroneria. Anzi: secondo l’articolo 359 del Codice penale russo, l’attività mercenaria è espressamente vietata.

La legge, in particolare, stabilisce che «il reclutamento, l’addestramento, il finanziamento o altro supporto materiale di un mercenario, così come la sua partecipazione a un conflitto armato o a operazioni militari» comportano pesanti sanzioni penali. Putin ha pure aggiunto che la Duma di Stato, il Parlamento, dovrebbe considerare una legislazione ad hoc proprio per legalizzare le cosiddette PMC. Ammettendo, tuttavia, che la questione è piuttosto complicata.

Detto del Codice penale, la domanda di fondo rimane: se il Gruppo Wagner, tecnicamente, per tutto questo tempo è stata un’entità illegale chi ne ha autorizzato l’impiego in Ucraina, per tacere degli altri fronti in cui i mercenari russi hanno agito per conto del Cremlino? Chi, per dirla con la CNN, li ha equipaggiati e addestrati? Chi, ancora, ha sbloccato il loro budget?

Se prima dell’invasione dell’Ucraina Mosca ha sempre negato ogni rapporto con Wagner, le vittorie conquistate dai mercenari di Prigozhin al fronte – nello specifico a Bakhmut – hanno cambiato, e di molto, la narrazione. La televisione di Stato, ad esempio, ha elevato questi combattenti allo status di rockstar.

Non esiste, ma...

Putin, dicevamo, ha mantenuto un atteggiamento quantomeno contraddittorio nei confronti del Gruppo Wagner. Se giovedì, a Kommersant, ha detto che legalmente non esiste, pochi giorni prima lo stesso Putin – riferisce sempre la CNN – ha riconosciuto in un discorso ai funzionari della sicurezza che «il mantenimento dell’intero gruppo Wagner è stato completamente assicurato dallo Stato», con lo stanziamento da parte del governo di oltre 86 miliardi di rubli, pari a circa 1 miliardo di dollari, solo tra il maggio 2022 e il maggio 2023.

Da una parte, il leader del Cremlino ha dato sfoggio una volta di più del suo famoso approccio sprezzante nei confronti dello Stato di diritto. Dall’altro, ha dimostrato di essere un alfiere della post-verità, quella condizione secondo cui, citiamo Wikipedia, in una discussione relativa a un fatto o una notizia la verità viene considerata una questione di secondaria importanza.

Putin, d’altro canto, non è nuovo a simili teatrini. Nel 2014, per dire, il Cremlino negò il coinvolgimento di truppe russe nell’annessione illegale della Crimea. Alcune settimane dopo l’occupazione, il presidente ammise che gli uomini in mimetica non erano unità di difesa locali, ma forze speciali russe. Lo stesso dicasi per il sostegno silenzioso (ma nemmeno troppo) della Russia ai separatisti nella regione del Donbass, sempre a partire dal 2014. Dalla narrazione secondo cui le forze regolari russe non avevano sostenuto le autoproclamate repubbliche separatiste al riconoscimento, ammiccante, da parte di Putin che il governo russo era attivamente coinvolto nella regione.

L'obiettivo di Putin

Certo, anche Prigozhin ha più volte giocato con i fatti e la verità. Negando in un primo momento di aver fondato la Internet Research Agency, la famigerata fabbrica di troll, e che la stessa fosse coinvolta nelle elezioni statunitensi del 2016, salvo poi ammettere ogni possibile coinvolgimento durante l’invasione dell’Ucraina: «Non sono mai stato solo il finanziatore della Internet Research Agency» aveva detto lo scorso febbraio. «L’ho inventata, l’ho creata e l’ho gestita per molto tempo. È stata fondata per proteggere lo spazio informativo russo dalla becera propaganda aggressiva della narrativa anti-russa proveniente dall’Occidente».

Ma qual è, dunque, l’obiettivo di Putin ora? Secondo gli esperti, al di là della volontà di ribadire, sempre e comunque, di essere saldamente al potere, il leader del Cremlino ha volutamente insistito su una presunta spaccatura fra gli alti papaveri del Gruppo Wagner e Prigozhin. A Kommersant, ancora, Putin ha spiegato di aver dato ai mercenari la possibilità di continuare a combattere in Ucraina sotto il loro diretto comandante, un ufficiale noto con il nome di battaglia Sedoy, al secolo Andrey Troshev. Una possibilità, questa, che Prigozhin avrebbe però rifiutato durante l’incontro al Cremlino. «No, i ragazzi non sono d’accordo con questa decisione» avrebbe detto.

La versione di Putin, fra le altre cose, dimostrerebbe in ogni caso che Mosca non ha ancora le idee chiare sullo stesso Prigozhin o, meglio, sul suo destino.

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